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La fotografia può diventare impres-sionista, quasi in un livello pittorico?
Gli impressionisti, si sa, nascevano dal fatto di voler oltrepassare la finzione che era la creazione di una certa scenografia, creata in ambiente chiuso,
che faceva da sfondo ai tanti ritratti che venivano realizzati. Gli autori di questo proficuo periodo artistico dipinge- vano en plein air, all’aperto, facendo diventare il soggetto parte integrante e interagente con il contesto: la stessa figura umana con pennellate decise e marcate assumeva la stessa connotazione degli oggetti e degli elementi inseriti nel panorama in cui si trovava. Tutto questo, seppure in modo indiretto e con un parallelo molto ampio, può dirsi essere centrante per parlare anche di come la fotografia possa assumere una connotazione estetica e sostanziale non dissimile da quella pittorica: un connubio di tecniche e di ispirazioni che rendono un fotografo anche un pittore, individuando, così, la costituzione di una vera e propria corrente culturale compositiva: quella della fotografia pittorica impressionista.
Eva Polak si inserisce a piene mani in questo solco, assumendo un’autonomia sua propria che la rende esterna, e non complice di un’omologante tendenza estetica imperante. Ed è nella fotografia che l’autrice neozelandese ha potuto dare rilevanza a quel gioco di im- pressioni, emozioni, stati d’animo che diversamente non potrebbero essere mai espressi.
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L’immagine
fotografata garantisce non solo una connotazione eterna al soggetto
ripreso ma, bensì, anche evocatrici, sug- gestive di nuove frontiere
dello stato d’animo. L’istintualità è la mano direttrice di un artista senza regole e senza limiti che riesce a ricavare dal reale quell’espressione unica, che può solamente comunicare i moti della psiche che dal tangibile ci porta verso una dimensione che supera i limiti finiti, giungendo in luoghi che si esplicano nelle pieghe intime del nostro essere. Eva quando fotografa si lascia trasportare dalle sue emozioni: lo ha fatto fin dall’inizio dando un ruolo secondario al perseguimento di una tecnica da applicare in modo canonico e pedissequo per giungere a una libera iniziativa creativa che sapesse suggerirle il momento giusto e adatto per rilevare quella “magia” che l’oggetto stesso sa esprimere ed esplicare nella sua rappresentazione.
Nell’autrice
non ci sono lavorazioni particolari che diano estetiche fittizie e non
credibili: non esiste una post produzione che cerchi di affinare le
linee compositive, così come non esiste una visione accurata della
ricerca fine a sé stessa del bello effimero, quasi falsificato. In Polak
sussiste la capacità di rendere l’elemento afferrabile e penetrabile,
tanto da esserne allegoria delle nostre sensazioni e delle nostre
emozioni, partendo da quelle della stessa autrice.
Stupore ed emozione sono le sensazioni che vengono prodotte dalla fotografia di Eva Polak, così come lei stessa sottolinea. La stessa realtà può essere visitata e rivisitata sotto ottiche differenti, come il mare che rispecchia l’andamento torrenziale del cielo e le dinamiche delle luci e delle ombre naturali, qui sta l’impressionismo fotografico di Eva Polak, che danno rappresen- tazioni allegoricamente incisive per una realtà che è fatta di contraddizioni e che non può essere la stessa più di una volta. La bellezza sta proprio nel saper liberamente, con un senso di emancipazione unica da parte dell’autrice, immortalare oggetti e soggetti di un contesto universale a livello ambientale a paesaggistico: non esiste una ricerca del bello fine a sé stessa ma, bensì, una ricerca di quella verità che nella sua crudezza e nella sua naturalezza ci porta ad assaporare i lati estetici comunicativi e sostanziali di contenuti psicologici e suggestivi che ci danno metafore esistenziali dai contorni interessanti.
Stupore ed emozione sono le sensazioni che vengono prodotte dalla fotografia di Eva Polak, così come lei stessa sottolinea. La stessa realtà può essere visitata e rivisitata sotto ottiche differenti, come il mare che rispecchia l’andamento torrenziale del cielo e le dinamiche delle luci e delle ombre naturali, qui sta l’impressionismo fotografico di Eva Polak, che danno rappresen- tazioni allegoricamente incisive per una realtà che è fatta di contraddizioni e che non può essere la stessa più di una volta. La bellezza sta proprio nel saper liberamente, con un senso di emancipazione unica da parte dell’autrice, immortalare oggetti e soggetti di un contesto universale a livello ambientale a paesaggistico: non esiste una ricerca del bello fine a sé stessa ma, bensì, una ricerca di quella verità che nella sua crudezza e nella sua naturalezza ci porta ad assaporare i lati estetici comunicativi e sostanziali di contenuti psicologici e suggestivi che ci danno metafore esistenziali dai contorni interessanti.
Non esistono cose brutte, lo scriveva, ricorda l’autrice, anche il pittore inglese John Constable che asseriva come il dato quando è ciò che esso è, in un gioco di luci e ombre ben calibrato e veritiero, esprime tutta la propria bellezza estetica. La bel- lezza, quindi, di un oggetto o di un soggetto, ritratto nel contesto ambientale e panoramico in cui è incluso, diventa poliedrica, multiforme perché è riposta nelle varie dimensioni su cui si struttura la complessità dello stesso. |
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L’attenzione ai particolari
in Eva Polak, infine, garantiscono quella macro definizione tale da
rendere ancora interpretabile l’oggetto immortalato, ripreso e
riproposto sotto una dimensione sensazionale molto efficace. Sul sito
ufficiale dell’autrice, http://evapolak.com, sono visionabili le sue produzioni in cui il file rouge unificante, sia dal punto di vista dell’impatto visivo sia di quello della
definizione di una prospettiva che rende dimensionabili le realtà
comprese nello spazio, è proprio la capacità di tradurle in emozioni in
un’attenta connessione di luci e di ombre. Polak afferma che “le fotografie sono piccoli pezzi di tempo”, dando rilevanza all’istinto come ispi- razione di un’autrice attenta a rilevare e carpire, inventare appunto, l’aspetto sostanziale del messaggio espresso dall’oggetto stesso.
Non ama fare progetti ma esprimere lavori che siano “stimolanti e interessanti”, rilevando ogni momento le infinite combinazioni estetico com- positive derivanti dalla ripresa di un elemento, destrutturando la limitativa e limitante per- cezione e consapevolezza dell’esistente. Che cosa meglio se non le stesse parole attraverso cui l’autrice esprime la sua esperienza nell’im-mortalare un paesaggio, fotografare è niente altro che un’esperienza vitale sostiene, possono darci la conoscenza della poetica che attraversa la produzione di Eva Polak: “Ho sperimentato la freschezza del mattino, l’atmosfera
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pesante e raggi abbaglianti del sole di mezzogiorno,
l’orizzonte ardente del tramonto e la calma della notte con il suo
morbido, chiaro di luna argentea”. Ed è nella molteplicità delle
possibilità di fotografare un oggetto o un soggetto che ci porta a
trovare quella “sfida” alla bellezza e della bellezza del dato tangibile e
presente.
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Alessandro Rizzo
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