Revue Cinema rubrica diretta da Daniel Montigiani
Reality
Un film di Matteo Garrone
Un film di Matteo Garrone
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“Ossessione per caso” avrebbe forse potuto funzionare come titolo alternativo (seppur assai meno efficace dal punto di vista commerciale) a Reality, o, al massimo, avrebbe potuto rappresentare un sottotitolo messo fra parentesi, fra l’ironia e la disperazione. Luciano (il protagonista, appunto), infatti, subisce una vera e propria ossessione, sì, ma per caso, così, con improvvisa e sempre più rumorosa progressione, senza – purtroppo per lui – nemmeno accorgersene.
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Ma a volte, del resto, le “migliori ossessioni” sembrano comparire e svolgere il loro lavoro di trivellazione mentale soprattutto nei confronti di vite umane inizialmente così normali, ordinarie, insospettabili.
Come quella di Luciano, appunto, un uomo – più o meno – della vita di tutti i giorni, volontariamente e allo stesso tempo involontariamente armato di assoluta normalità, una normalità che conduce a Napoli con i figli, con la propria famiglia. Ma ecco che, così, per caso, i figli del prota. gonista, mentre si trovano con altri membri della famiglia in un centro commerciale dove si stanno svolgendo alcuni provini per la prossima edizione del Grande Fratello, telefonano all’uomo e, insistendo, gli chiedono di partecipare. L’uomo, così, per caso, fa contenti i figli (ma allo stesso tempo sicuramente se stesso) e, dopo averli raggiunti e dopo qualche ostacolo incontrato con gli organizzatori del famoso reality, si “esibisce” in questo rapidissimo provino su un palchetto per poi farsi fare qualche fotografia.
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Giorni dopo si reca a Cinecittà per il provino vero e proprio, con tanto di domande di psicologi. Convinto di essere piaciuto all’equipe di esperti, attende con grande fiducia l’invito a diventare uno dei concorrenti della Casa. Ma la risposta non arriva, i “fortunati” concorrenti sono stati scelti e il programma è iniziato.
Tuttavia l’uomo è praticamente convinto che, in qualche modo, possa venire ripreso dal programma. Addirittura, Luciano comincia a pensare con forza che, al fine di un suo eventuale ripescaggio, i responsabili del Grande Fratello gli stiano mandando di nascosto alcune persone in incognito per “analizzare” più da vicino il suo comportamento di tutti i giorni. Di conseguenza, il protagonista, con follia involontaria e ormai non cosciente, cerca di comportarsi (grottescamente) in modo fin troppo perfetto con queste persone (che, va da sé, in realtà non sono affatto “emissari” di nessun responsabile del Grande Fratello). Quella di Luciano, insomma, è una progressiva discesa verso l’annullamento della propria razionalità, abbagliata dalle pacchiane luci della speranzosa possibilità di far parte del Grande Fratello: analizzato sinteticamente da un punto di vista clinico, infatti, il protagonista inizia con un’ossessione (il forte, eccessivo desiderio di partecipare al programma), per poi passare a una nevrosi (la tristezza frustrata e inibente per non essere riuscito a far parte del cast), in seguito una sorta di psicosi (ovvero la totale perdita di contatto con la realtà, credendo che i responsabili del Grande Fratello, attraverso sconosciuti, lo stiano testando per decidere se ripescarlo o meno) per poi sfociare, infine, in quella che può essere considerata una probabile allucinazione (l’ultima sequenza del film). Dal punto di vista stilistico e del contenuto delle inquadrature la mescolanza fra ossessione e psicosi del protagonista viene ben rappresentata in un momento ormai avanzato del film:
Tuttavia l’uomo è praticamente convinto che, in qualche modo, possa venire ripreso dal programma. Addirittura, Luciano comincia a pensare con forza che, al fine di un suo eventuale ripescaggio, i responsabili del Grande Fratello gli stiano mandando di nascosto alcune persone in incognito per “analizzare” più da vicino il suo comportamento di tutti i giorni. Di conseguenza, il protagonista, con follia involontaria e ormai non cosciente, cerca di comportarsi (grottescamente) in modo fin troppo perfetto con queste persone (che, va da sé, in realtà non sono affatto “emissari” di nessun responsabile del Grande Fratello). Quella di Luciano, insomma, è una progressiva discesa verso l’annullamento della propria razionalità, abbagliata dalle pacchiane luci della speranzosa possibilità di far parte del Grande Fratello: analizzato sinteticamente da un punto di vista clinico, infatti, il protagonista inizia con un’ossessione (il forte, eccessivo desiderio di partecipare al programma), per poi passare a una nevrosi (la tristezza frustrata e inibente per non essere riuscito a far parte del cast), in seguito una sorta di psicosi (ovvero la totale perdita di contatto con la realtà, credendo che i responsabili del Grande Fratello, attraverso sconosciuti, lo stiano testando per decidere se ripescarlo o meno) per poi sfociare, infine, in quella che può essere considerata una probabile allucinazione (l’ultima sequenza del film). Dal punto di vista stilistico e del contenuto delle inquadrature la mescolanza fra ossessione e psicosi del protagonista viene ben rappresentata in un momento ormai avanzato del film:
vediamo Luciano quasi al centro dell’inquadratura, disteso a letto quasi al buio, unicamente e fiocamente illuminato da una luce fuori campo, mentre con un sorriso quasi ebete guarda verso qualcosa che sta al di fuori dell’immagine. Allo stesso tempo, fuori campo, si odono delle voci femminili che sembrano trovarsi nello stesso posto del protagonista, lì vicino a lui.
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Nell’inquadratura successiva, nella stessa stanza, viene mostrato un televisore acceso che trasmette immagini notturne in diretta di due ragazze concorrenti del Grande Fratello che stanno scherzando fra di loro all’interno della Casa.
L’inganno è dunque svelato con questa seconda inquadratura: non c’è nessuno in quel momento nella stanza con Luciano, nessuna frivola ragazza in carne e ossa che Luciano sta osservando e alla quale sta sorridendo inebetito a pochi passi da lui. Sono “solo”, appunto, voci femminili di due concorrenti del Grande Fratello provenienti dal televisore. Tuttavia, proprio da un punto di vista stilistico (in questo caso dal punto di vista del sonoro e dell’ambiguo rapporto fra le inquadrature) il fatto che nell’inquadratura di Luciano disteso sul letto si abbia l’impressione che le voci provengano da persone davvero presenti (e non dal televisore sintonizzato sul Grande Fratello) sembra evidenziare l’invasività di tale programma nei confronti della mente di Luciano (e, allo stesso tempo, nella mente di molti telespettatori), il suo essere fagocitato da questo.
Lo stile, a livello più generale, risulta notevole anche nei momenti in cui non traduce con specifici movimenti di macchina la condizione sbilanciata del protagonista: si noti, ad esempio, come le prime due significative scene che aprono il film siano costituite non solo da ampi movimenti, da gru e panoramiche ma, soprattutto, costituiscano due arditi piani-sequenza.
Tuttavia, in questo Reality c’è spazio non solo per l’ossessione-nevrosi-psicosi del protagonista ma, allo stesso tempo, c’è modo e tempo di mostrare anche gli “adepti” del Grande Fratello, i quali assumono comportamenti che partono da un kitsch esasperato che passa rapidamente a indossare la letale T di Trash (sia da un punto di vista fisico che intellettivo), persone normalissime nella loro squallida e stereotipata eccentricità (come del resto molti dei concorrenti del famoso programma) che adorano i prodotti di questo Grande Fratello, dunque degli ammiratori e cultori di un Nulla con la N rumorosamente maiuscola, un Nulla denso, lungo, spazioso.
Quasi paradossalmente (e, viene da pensare, forse volontariamente), di conseguenza, a dispetto del titolo del film, si nota come il “Reality” Grande Fratello vero e proprio (il programma televisivo, la sua “iconografia”, gli studi, la presentatrice, i suoi protagonisti-concorrenti) sia invece poco presente all’interno di questa pellicola. Sembra che in questo Reality vengano maggiormente mostrate le conseguenze, i riflessi (i comportamenti del protagonista, l’euforia cieca, infantile e volgare degli ammiratori del programma) che non la Causa Madre di ciò che accade (il Grande Fratello, appunto).
L’inganno è dunque svelato con questa seconda inquadratura: non c’è nessuno in quel momento nella stanza con Luciano, nessuna frivola ragazza in carne e ossa che Luciano sta osservando e alla quale sta sorridendo inebetito a pochi passi da lui. Sono “solo”, appunto, voci femminili di due concorrenti del Grande Fratello provenienti dal televisore. Tuttavia, proprio da un punto di vista stilistico (in questo caso dal punto di vista del sonoro e dell’ambiguo rapporto fra le inquadrature) il fatto che nell’inquadratura di Luciano disteso sul letto si abbia l’impressione che le voci provengano da persone davvero presenti (e non dal televisore sintonizzato sul Grande Fratello) sembra evidenziare l’invasività di tale programma nei confronti della mente di Luciano (e, allo stesso tempo, nella mente di molti telespettatori), il suo essere fagocitato da questo.
Lo stile, a livello più generale, risulta notevole anche nei momenti in cui non traduce con specifici movimenti di macchina la condizione sbilanciata del protagonista: si noti, ad esempio, come le prime due significative scene che aprono il film siano costituite non solo da ampi movimenti, da gru e panoramiche ma, soprattutto, costituiscano due arditi piani-sequenza.
Tuttavia, in questo Reality c’è spazio non solo per l’ossessione-nevrosi-psicosi del protagonista ma, allo stesso tempo, c’è modo e tempo di mostrare anche gli “adepti” del Grande Fratello, i quali assumono comportamenti che partono da un kitsch esasperato che passa rapidamente a indossare la letale T di Trash (sia da un punto di vista fisico che intellettivo), persone normalissime nella loro squallida e stereotipata eccentricità (come del resto molti dei concorrenti del famoso programma) che adorano i prodotti di questo Grande Fratello, dunque degli ammiratori e cultori di un Nulla con la N rumorosamente maiuscola, un Nulla denso, lungo, spazioso.
Quasi paradossalmente (e, viene da pensare, forse volontariamente), di conseguenza, a dispetto del titolo del film, si nota come il “Reality” Grande Fratello vero e proprio (il programma televisivo, la sua “iconografia”, gli studi, la presentatrice, i suoi protagonisti-concorrenti) sia invece poco presente all’interno di questa pellicola. Sembra che in questo Reality vengano maggiormente mostrate le conseguenze, i riflessi (i comportamenti del protagonista, l’euforia cieca, infantile e volgare degli ammiratori del programma) che non la Causa Madre di ciò che accade (il Grande Fratello, appunto).
Da questo punto di vista, infatti, il titolo del film – Reality, appunto – potrebbe riferirsi non tanto e non solo allo show vero e proprio, ma alla realtà: da una parte alla realtà vera e propria (ovvero che Luciano non è stato chiamato a partecipare come concorrente al Grande Fratello e, soprattutto, non sarà mai chiamato), e dall’altra, parallelamente, alla distorsione di realtà da parte del protagonista che dopo la psicosi sembra gettarsi in quella che può essere considerata un’allucinazione.
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Un film che, anche se forse non sempre all’altezza di opere precedenti come L’imbalsamatore e Primo amore, per certi aspetti, soprattutto dal punto di vista narrativo, sembra ricordare Ferreri (come Luciano, infatti, i protagonisti di Break Up e di I love you si vedono deteriorare le loro vite perché intrappolati per caso, all’improvviso, in bizzarre ossessioni), ma, per la sua mescolanza di ironia, grottesco e tragedia, anche lontane atmosfere à la Germi e à la Risi.
Un reali…tilt, insomma.
Un reali…tilt, insomma.
Daniel Montigiani
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