Psychodream Review Rubrica diretta da Viviana Vacca e Francesco Panizzo
Ferme tes yeux de chair :
a proposito di Romeo Castellucci e Sul concetto di Volto del figlio di Dio
“Questo spettacolo è una riflessione sul decadimento della bellezza, sul mistero della fine. Gli escrementi di cui si sporca il vecchio padre incontinente non sono altro che la metafora del martirio umano come condizione ultima e reale. Non c’è niente di provocatorio, ma tutto quello che si vede, si sente e si prova arriva dall’osservazione diretta della realtà. Per questo ho scelto il dipinto di Antonello: a causa dello sguardo di Gesù che è in grado di fissare direttamente negli occhi ciascuno spettatore con una dolcezza indicibile. Lo spettatore guarda lo svolgersi della scena ma è a sua volta continuamente guardato dal volto. Il Figlio dell’uomo, messo a nudo dagli uomini, mette a nudo noi, ora.” Romeo Castellucci |
Nel gennaio del 2012 le parole di Romeo Castellucci - autore, attore, regista della compagnia d’arte e di vita Societas Raffaello Sanzio - sono silloge al controverso e osteggiato “Sul concetto di volto del figlio di Dio”, coprodotto insieme al Theatre de la Ville a Parigi. Le accuse di sacrilegio e di cristiano-fobia hanno contraddistinto il viaggio della performance della Societas in Italia e in Europa.
Se ogni spettacolo deve portare con sé un’idea, una spina dorsale che sottende la messa in scena dell’azione drammatica, questo nodo nevralgico è l’immagine. L’immagine si offre nel movimento: movimento in azione che si fa nascita, movimento di liberazione.
Per chi guarda, spettatore d’un impossibile spettacolo della bellezza, l’occhio dipinge, la visione è visione di parola, doppia assunzione del corpo e dello spirito. Uno spirito tratteggiato dal pittore Friedrich nel suo Journal «Ferme tes yeux de chair pour contempler d’abord ton image avec l’œil de l’esprit; puis fais monter vers la lumière ce que tu as vu ainsi dans les ténèbres afin que cette image agisse en retour sur ceux qui la regardent, de l’extérieur vers l’intérieur.» Per Romeo Castellucci è il teatro lo spazio vacatario di una battaglia, di un affronto in cui la posta in gioco è il dramma della storia dell’umanità. Dramma dell’invisibile che diventa visibile e palpabile.
Se ogni spettacolo deve portare con sé un’idea, una spina dorsale che sottende la messa in scena dell’azione drammatica, questo nodo nevralgico è l’immagine. L’immagine si offre nel movimento: movimento in azione che si fa nascita, movimento di liberazione.
Per chi guarda, spettatore d’un impossibile spettacolo della bellezza, l’occhio dipinge, la visione è visione di parola, doppia assunzione del corpo e dello spirito. Uno spirito tratteggiato dal pittore Friedrich nel suo Journal «Ferme tes yeux de chair pour contempler d’abord ton image avec l’œil de l’esprit; puis fais monter vers la lumière ce que tu as vu ainsi dans les ténèbres afin que cette image agisse en retour sur ceux qui la regardent, de l’extérieur vers l’intérieur.» Per Romeo Castellucci è il teatro lo spazio vacatario di una battaglia, di un affronto in cui la posta in gioco è il dramma della storia dell’umanità. Dramma dell’invisibile che diventa visibile e palpabile.
Dalla furia iconoclasta alla nascita della super-icona, Romeo Castellucci gioca a scacco matto con la pienezza di attributi divini e carnali, del pensiero e del pneuma, in un’apparizione folgorante che valica i limiti della rappresentazione.
L’immenso volto del Cristo di Antonello da Messina è dolce, pieno. È il volto la messa in scena, scena dei corpi per la Societas Raffaello Sanzio. È il volto che interroga il nostro modo di guardare il mondo. La scena è dominata da un appartamento solo apparentemente lussuoso: un letto, un salone, un tavolo marcano l’espletazione di funzioni biologiche elementari. Del vecchio e di suo figlio in un progressivo processo di liquefazione. È il tempo a liquefarsi, a colare sulla scena. |
“Kenosis” è svuotamento, perdita di sé, perdita di sostanza, liquefazione dell’essere ricondotto alla propria fecalità ma anche la divinità uscita dalla propria dimensione “divina” per incarnarsi nella sofferenza della carne, della vita sulla terra, il dio che si mostra all’uomo con un volto del tutto umano, illuminando dall’interno la divinità presente in lui, dentro l’uomo stesso, in questo infinito di reincarnazione, di discesa nella condizione terrestre, miserabile come il suo passaggio obbligato sulla via sacrificale. “Kenosis”, dunque, il corpo svuotato dell’uomo e, insieme, il corpo di attraversamento del Cristo. Deriva progressiva fino a far emergere il caos, la collera, il pianto dell’uno, la reazione paradossale, disperata, disperante dell’altro. Sotto lo sguardo impassibile di Cristo, i gesti del figlio sono dono sovrannaturale dell’amore, una umanissima via crucis. Il volto che crea lo spettacolo diviene schermo riflettente dello svuotamento del corpo in atto, della liquescenza della carne che a sua volta ritorna alla figura del Cristo come lacerazione dell’immagine, strappo sulla tela, colata di nero che cancella quello stesso volto.
Un uomo è solo di fronte a un volto immenso, dalle proporzioni, smisurate, questo volto d’una purezza inavvicinabile che lo sovrasta e tuttavia non riesce a riconoscere, a raggiungere restando per lui estraneo, fuori della portata umana, sussurrando parole nel vuoto contro la sua bocca, contro una parete rifrangente di suoni appena mormorati, senza ritorno, volgendo le spalle a chi guarda. Sulla scena vuota preda della dispersione, del caos, delle scorie lasciate dal disfacimento precedente, il “Volto” resta immerso nell’oscurità d’uno spazio senza fondo ormai disertato d’ogni presenza umana. |
La sua potenza d’una purezza folgorante sembra, tuttavia, non poter rispondere all’appello, al grido disperante dell’individuo. La superficie tenue della tela, la membrana sottile che ancora la separa e la preserva nel suo essere figurale appare a poco a poco tendersi, assottigliarsi, attraversata da una miriade di micro-forze, zone d’ombra, macchie di nero che cominciano a espandersi, impossessarsi di parti del volto, avanzare in un oscuramento progressivo del medesimo, creare zone insondabili che poi divengono colate di colore a fiotti, liquido sull’epidermidetela, colare, colore, far colare il nero, liquefare come lacrime o sangue, liquidare letteralmente il volto.
Il nero scivola a fiotti, rigature, rigagnoli di vernice, in colature di sangue o acqua lasciando trasparire tramature lunghe, informi e oleose. L’immagine è progressivamente soggetta a un processo di rigatura, di cancellazione definitiva, graffiata, coperta, fatta scomparire a poco a poco nella lacerazione della tela che comincia in brandelli ai margini della scena sul fondo di sonorità infernali.
Il nero scivola a fiotti, rigature, rigagnoli di vernice, in colature di sangue o acqua lasciando trasparire tramature lunghe, informi e oleose. L’immagine è progressivamente soggetta a un processo di rigatura, di cancellazione definitiva, graffiata, coperta, fatta scomparire a poco a poco nella lacerazione della tela che comincia in brandelli ai margini della scena sul fondo di sonorità infernali.
Viviana Vacca
Date di eventi unici:
Presentazione del progetto Psychodream Theater -
ROMA -
15 Novembre 2012, h. 19.00 - presso lo spazio TRAleVOLTE di Night Italia - Piazza di porta San Giovanni,
10 - ROMA
Per Info:
E-mail: [email protected]
Presentazione del progetto Psychodream Theater,
Una Gertrude di meno
– a cura di – Francesco L. Panizzo
– in collaborazione con – Martina Lo Conte
MILANO -
11 Novembre 2012, h. 10.30 - presso la Biblioteca comunale – Punto Pero, Via Sempione, 70 - Pero - (MI)
Per Info:
E-mail: [email protected]
Presentazione del libro Quel Me Smedesimo,
– a cura di – Francesco L. Panizzo
– in collaborazione con – Martina Lo Conte
FIRENZE -
8 Novembre 2012, h. 15.45 - presso il Caffè letterario di Firenze – Le Murate, Piazza delle Murate, - Firenze
Per info:
E-mail: [email protected]
Presentazione deel progetto Sottrazioni: l’impossibile rappresentazione
– a cura di – Edizioni Psychodream e l'Associazione culturale Quinto Alto,
Coordinatore: Ubaldo Fadini
Intervengono:
Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Fernando Dimichele,
Francesco Panizzo, Martina Lo Conte
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