È difficile trattare artisti di grande talento come Jacopo Cardillo, in arte Jago, artisti come lui, una volta lanciati nell’apogeo dei grandi talenti, vedono ogni critica tuffarvici sopra con tutti i risvolti del caso, dunque ampliare il raggio di contemplazione di alcuni fenomeni straordinari del mondo dell’arte può diventare impervio. E questo, soprattutto quando le opere in questione sono dei veri e propri capolavori come quelli creati da Jago, definito ormai da anni, il miglior scultore vivente al mondo. Così recita dall’intestazione del suo sito internet: “La mia vita è fatta di fallimenti, per scolpire qualcosa bisogna prima romperla”.
Nel recensire le sue opere, in effetti, c’è già chi rischia di rompere il suo capolavoro, di tradurlo/tradirlo fallacemente, ma poco importa, le opere e l’intento artistico di Jago si rivolgono con tutta la loro intensità all’occhio dello spettatore che difficilmente non rimane completamente coinvolto con le sue opere: capolavoro intesi tanto l’opera quanto il suo autore. Fare opera d’arte di sé, diceva il poeta, e Jago arriva a spingersi oltre, in quest’epoca sempre più improntata sulle capacità d’imprenditoria individuale e di pregnanza mediatica di successo fondamentale. Dal suo sito internet, di altrettanto pregiata fattura appunto, trova spazio un sunto celebrativo dell’autore quanto della persona/artista. Ogni sua pagina, nella sua minimale proposta, invita a fruire il fenomeno Jago da più punti di vista. D’altronde, come ogni opera d’arte che si rispetti è dal vivo, con la minor esposizione a filtri interpretativi altrui o tecnologici, che le sue opere danno sfoggio della loro maestria estetica, ai quei contrasti luminosi utili a dar movimento a un marmo, a un sasso o a della ceramica che tutto appaiono, tranne che statici e rigidi, plasmati come sono dalla creatività lucidissima di un artista iper oggettivo e allo stesso tempo visionario, suggestivo. Questo ce lo conferma con una sua virata dai legami storici più conducibili alla sua produzione, grazie all’opera Apparato Circolatorio del 2017. Qui la sequenza del battito cardiaco rappresentato da più cuori scolpiti e allineati, sposta il livello della staticità della ceramica verso un altrove metafisico, dove la materia diventa deformabile, e questo, non solamente quella materica, contingente del soggetto modellato, ma anche quella esistenziale del fruitore, attraverso un tentativo di scombinare la sua percezione dello spazio e del tempo. Jago modifica a un tempo la materia, a un tempo la percezione che l’osservatore esperisce in relazione con questa. La materia ritorna quella shopenhauerianamente intesa quale: “azione pura”. La scultura totale è pronta.
S’interroga, inoltre, l’occhio del fruitore, perorando quale visione dell’artista abbia concepito Habemus Hominem del 2013, quel Benedetto XVI a mezzo busto nudo, una pregevole provocazione che lega quest’opera a stratificazioni sociali da scalfire, come si scalfisce una lucida rappresentazione marmorea, dal “cattolico decoro” (per dirla alla Ferretti), di vaticano umore vestita. In breve, l’opera Habemus Papam del 2009, commissionata dal Vaticano e poi da questo rifiutata poiché ritenuta mancante di rispetto nei confronti di alcuni canoni ecclesiastici precedentemente concordati con l’artista, viene finalmente spogliata dell’abito Il Papa è nudo, grazie a un’opportuna intuizione dell’artista, il quale sveste la carica che permeava il nuovo Papa dimissionario dal 2013 e lo riporta alla terra.. Così, dove la Chiesa rifiuta l’opera, la Biennale di Venezia la richiede. “Il Re è nudo”, ora Abbiamo un uomo e non più una sua rappresentazione e, soprattutto, abbiamo anche un grande artista direi, con una sua esperienza oggettivamente condivisibile, l’empatia auto-enunciata, la messa a terra e a nudo degli effetti del potere sull’umano, di ogni gerarchia costituita. Sembra essere la chiusa e la rivincita della storica disputa sulle volontà dell’artista intralciate e comprate dalle committenze ecclesiastiche prima, durante e dopo tutta la Secolarizzazione. Il risarcimento da un sopruso verso una libertà meritata e fisiologica quale dev’essere quella dell’artista.
Ne sono la prova le centinaia di migliaia di visualizzazioni che danno fortunatamente visibilità all’artista attraverso i suoi video, definito già nel titolo del docufilm a lui dedicato “Jago. The Rock Star”, prodotto da ITsART, diretto da Giovanni Troilo e scritto da Filippo Nicosia e Marco Pisoni, sulla prima grande mostra dedicata all’artista, “Jago. The Exhibition”, ospitata a Palazzo Bonaparte a Roma, dal 12 marzo al 28 agosto 2022, facendoci credere che non abbia spogliato solo il potere delle “committenze con la pastorale in mano”, ma anche quello di galleristi avventori, di influencers in rete senza senso e con troppo narcisismo e anche una spoliazione dell’assenza d’interesse da parte dei fruitori nei confronti di una critica intelligente. Insomma, un intreneur moderno e di garantito valore che comprende in sé molti aspetti di un possibile genio dell’arte. Viene di fatti da chiedersi se non sia stato Sgarbi in realtà, suo sostenitore fin dalla prim’ora, a guadagnarci in immagine personale, più di quanto il “critico/critico” non ne abbia effettivamente data all’artista. La sua comunicativa è chiara, immediata, semplice quanto acuta. Una interattività con il pubblico che riesce a preservare quell’intimità innocente e bambina che tutti abbiamo fin dalla nascita, ma che non tutti riescono a far sopravvivere all’adultità. Ci dice in Jago. The Rock Star: “La creatività nasce da questi due ingredienti che sono la curiosità e l’entusiasmo, ingredienti che hanno i bambini e che noi siamo bravissimi a perdere nel tempo. Io non voglio perderli. Se voglio continuare a fare cose buone, a livelli diversi, devo continuare a coltivare questi due ingredienti”. E se nell’ambito della qualità dei suoi interventi e ricerche, l’autore presenta le sue gemme intellettuali in modo essenziale, ci pone altresì lo stesso approccio quando ci prospetta la riflessione sulla forma delle sue proposte artistiche: “Non è importante che l’opera sia di 5 metri o di pochi centimetri, non è quello che conta, ma quanto è pesante il risultato che produce in termini di valore, di capacità di generare valore per gli altri.” Sempre in Jago. The Rock Star, l’artista attacca con acume e semplicità anche dal versante estetico, dove s’intenda la relazione tra essenza e sostanza o significato e significante. Lo fa senza troppo scomodare i René Guenon o gli Umberto Eco da comodino: “Quando si dice che fare una scultura è un togliere il superfluo per arrivare all’essenza.. è una cazzata! Perché tu arrivi sempre a una superficie. Quella roba lì (il risultato che ottieni) può essere qualsiasi cosa, tu arrivi a una nuova superficie e non hai fatto niente in realtà!” (l’assunto michelangelesco viene ribaltato dall’autore quando parla invece di se stessi - mantiene in ciò una visione antropologica che oscilla fra umanesimo e rinascimento, più affina alla possibilità che l’uomo possa ricercare e trovare un’essenza profonda interiore a sé una volta sbarazzatosi del superfluo, peculirità che invece non considera per la materia, sempre e solo propositiva di superfici una sotto l’altra, a cipolla direbbe il barthesiano o a rizoma il deleuziano, ma senza possibilità di scovarvi essenza alcuna. Già, ma quel niente lo devi saper fare, una tela in stile Fontana la sanno tagliare forse tutti, ma solo uno si è chiamato Lucio Fontana e non fu certo il primo a parlare dell’uovo di Colombo.. Si può anche vendere l’aria fritta ma la si deve pur sempre saper friggere quell’aria e Jago, in linea di successione diretta con le antiche tecniche degli scultori delle botteghe di michelangelesca memoria, in connubio privilegiato con le tecniche e le tecnologie di attuale utilizzo, dribbla tanto i conservatori dello stile (in realtà sempre più in limine all’artigianato che all’arte), quanto il paradossale eccitamento di quei “nuovi artisti”, invero più appassionati del nome in cartellone, (dove la passione è celata dall’auto e altrui persuasione che il loro operato favorisca davvero degli apporti alla cultura, mentre digitano arrocchi puerili last minute sui pulsanti start delle moderne stampanti in 3D che un qualche alienante capitale è riuscito a fornirgli). A entrambi questi deludenti poli dell’arte, il dire di Jago suffraga attraverso l’opera La pietà, rispondendo come segue alla fraudolenza di quel malsano rapporto fra spettatore e artista che oggi dilaga sempre più canceroso nel settore e restaurando o risvelando il valore della catarsi antica secondo modalità attuali e per l’attuale: “[…] sono immagini di guerra, sai poi il bambino torna a casa a pranzo in un bel momento di nutrizione, stai lì che mangi e provi piacere, però guardi il telegiornale e vedi bambini no.., scene di morte e quindi c’è questa perversione delle associazioni di roba disgustosa che comunque dovrebbe essere lontana da certi occhi!” - (Sulla scultura La pietà). L’opera di Jago nella sua totalità è la capacità di generare valore per gli altri, come dice lui. Impossibile non perdere qualche secondo per contemplare, oltre che le sue sculture, anche la sua provocazione esistenziale alla civiltà tutta e proprio per il tipo di valore che genera la sua esistenza. Una generazione che d’altro canto arricchisce anche l’artista stesso. Il produttore è il prodotto, prodotto dalla sua epoca o, come ho spesso detto: “L’albero dipende dal frutto”. Così mi pare giusto riflettere sul fatto che qualcosa di buono, attraverso artisti come Jago, lo abbiamo fatto anche noi fruitori. Francesco Panizzo
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo |
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Aldo Pardi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Marco Maurizi, Gianluca De Fazio, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Nicola Candreva, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Maurizio Oliviero, Francis Kay, Bruna Monaco, Caterina Perrone, Francesco Panizzo.
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Aldo Pardi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Marco Maurizi, Gianluca De Fazio, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Nicola Candreva, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Maurizio Oliviero, Francis Kay, Bruna Monaco, Caterina Perrone, Francesco Panizzo.
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