Esiste un nesso imprescindibile tra una formazione dal sapore accademico, lei è stata docente presso l’Accademia di Chisinau, dove si è laureata, in Moldavia, e una certa rilevante istintualità, quel percorso interiore che esprime, attraverso l’arte, un vissuto quotidiano, di certo non privo di sofferenze e di difficoltà, ma di sicuro ricco di speranze e di condivisione umana: parliamo della produzione di Aliona Cotorobai, oggi vive e lavora dal 2007 in Italia e prosegue tramite la sua poetica a offrirci rappresentazioni uniche e originali.
Consideriamo l’unicità di un’autrice quel dato incontrovertibile grazie a cui la mano della stessa artista diventa riconoscibile nelle varie opere eseguite: la riconoscibilità in Aliona Cotorobai è data esclusivamente a un figurativo che, spesso, diventa quasi accenno di un lato intimo che si presenta e si propone in un’aurea diafana quanto impalpabile, in una cornice contestuale evanescente, sembra quasi una dimensione onirica, un sogno che è memoria, una memoria individuale vissuta in una concezione collettiva. In questo percorso narrativo pittorico di Aliona non può di certo mancare un dato che è quello della sapienza tecnica e della conoscenza approfondita di una storia dell’arte, apprendendo dalla letteratura artistica quegli elementi vivi che denotano e descrivono in modo incontrovertibile uno stile personale, seppure giustificato a livello concettuale ed estetico compositivo: l’espressionismo figurativo si pone e si contamina con la visione astratta di una dimensione intima che diventa testimonianza assoluta del proprio tempo e della propria epoca vissuti dall’autrice. I ritratti presenti nella produzione di Aliona Cotorobai sono anche autoritratti, leggendo nell’altro una proiezione del se e indicandola in un disegno, primario e di base, e in una dimensione pittorica composta di vari sostrati, tali da rendere plastico, volumetrico e materico il figurativo, in un’astrazione dell’espressione del sentimento, il soggetto risulta essere decontestualizzato dal contorno ambientale in cui si inserisce, contesto immaginifico quanto irreale. Le figure si affacciano sulla tela e non interagiscono con lo spettatore ma, bensì, si presentano statuarie iconografie imperturbabili, libri narrativi pittorici di un magma interiore non scalfibile, non contaminabile e, pertanto, imperturbabile. La sapienza dell’autrice si evidenzia in tutta la propria portata nell’utilizzo dei colori e delle cromie, spesso convergenti, altre volte contrastanti, volutamente e consapevolmente rese contrastanti per meglio rappresentare il lato conflittuale dell’interiorità. In una concezione quasi appartenente a un espressionismo figurativo, in cui il lato soggettivo dell’autrice avanza in uno spirito estetico compositivo puramente di avanguardia, si apprezza la totale mancanza di una prospettiva di sfondo, incidendo, così, sulla visione centrale della figura che si presenta allo spettatore come soggetto manovrato da qualcuno, come personaggio stereotipato che si innalza a inno visivo della sofferenza, della disperazione o del nichilistico abbandono, divenendo, così, metafora antropomorfa del sentimento che l’artista vuole trasmettere. Il colore, si affermava, prevale dando alla dimensione estetica una valenza etica, caratteristica, questa, precipua di quel linguaggio, espressionista, in cui la razionalità e l’oggettività terza viene sostituita dal punto di vista narrativo del narrante, ossia quello dell’artista stessa. Esiste una dimensione forte e accentuata delle cromie, delineate tramite pennellate che definiscono strati compositivi tali da rendere la cornice contestuale immateriale quanto indefinibile, aspaziale e atemporale, pretesto compositivo voluto per accentuare quella dimensione circostante in cui il soggetto risulta immerso, forte sintonia espressiva tra figura e paesaggio, quest’ultimo pervadente la tela nella sua portata universale. I personaggi, i soggetti, l’ambiente e la natura si trovano, così, uniti e fusi in un vortice interiore e funzionale a concederci quello sguardo non influenzabile e imperturbabile che si presenta nella propria sincera e univoca natura e che ci rende, quale spettatore, soggetto di indagine, inducendo quest’ultimo a formulare domande e questioni. Il lato psicologico e il lato visivo reale contestuale si incontrano e si confrontano conducendoci in sovrapposizioni squisitamente cromatiche e utili a concepire un insieme di stati d’animo tali da rilevare il soggetto figurativo come parte integrante della dimensione ambientale naturale e paesaggistica in cui è inserito. Lo stile di Aliona Cotorobai mantiene un certo distacco rispetto l’espressionismo classico e di genere procedendo in una dimensione paesaggistica pura seppure astratta e concettuale nel suo presentarsi come atemporale, aspaziale, quindi, appartenente a qualsiasi occhio osservante, narrante nell’interiorità, quasi evocazione di un magma interiore che si esprime attraverso la varietà di colori e di cromie. Aliona Cotorobai adotta una tecnica mista, assortimento strumentale utile a donarci e a concederci alfabeti e sintassi di una poetica umana e interiore, lei che ha vissuto la guerra civile nella Repubblica Moldova, dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, lei che diventa espressione della propria epoca, attraverso segni, simboli e figure che sono patrimonio emotivo comune e universale. Il colore concede l’apprezzamento espressivo evidenziatosi nella definizione di forme e di linee che si confondono nella dimensione contestuale. La poetica diventa espressività di un dolore e di un sentimento conturbante che sono elementi di un’esistenza composita e contrastante, in cui la visione individuale e psicologica si fonde con un reale e un oggettivo sovrastrutturale, così come si presenta il rapporto tra soggetto individuale figurativo, la maschera indefessa, e la natura paesaggistica che tutto avvolge. Alessandro Rizzo
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