Psychodream Review
Sezione diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo |
Ieri sera al Moving Bodies Festival di Torino, al Teatro Espace è andato in scena Imaginary landscapes: tale on invisible cities. In sé non solo uno spettacolo ma un progetto vero e proprio. Conosco da vicino il percorso di Enrico Pastore da molti anni, lo reputo un lavoratore maniacale oltre che un grande creativo. Nonostante con Enrico io abbia riconosciuto delle divergenze per quanto riguarda alcune scelte di regia teatrale riconosco, assieme a chiunque conosca il suo lavoro, da quello sul palcoscenico a quello per le pagine della nostra rivista, che Pastore si è sempre messo in discussione in riferimento alle nuove proposte del mondo delle Live Arts provenendo da una filosofia teatrale che spazia dalla metrica classica del testo fino alla destrutturazione dello stesso, passando per la pulizia del gesto nel lavoro con l’attore ed esplorando le interrogazioni sulle valenze di ogni tipo di ricerca sui generis. Anche lo studio sulla scenografia, quella mentale e quella manifesta sulla scena delle sue opere è sempre sorprendente. Per questo motivo, chi conosce la sua opera non può farsi scappare la sua nuova creazione, soprattutto perché trovo che Calvino sia l’autore perfetto per le sue scenografie e Imaginary landscapes: tale on invisible cities il risultato di un fruttuoso incontro fra creativi. Ecco un dialogo con l’autore:
FP: Come e quando è nato il progetto Imaginary landscapes: tale on invisible cities? EP: Imaginary landscapes è un’idea che mi è venuta ormai due anni fa a partire da alcune immagini e suggestioni da Le città invisibili di Calvino. Ma non solo. Il progetto nasce da alcune mie esigenze come autore. Dopo qualche anno di silenzio in cui non trovavo stimolo a tornare sulla scena ho risentito una spinta a ritornare al lavoro attivo. Volevo riproporre, dopo anni di severa meditazione, alcune intuizioni che avevo colto lavorando a Venezia con la Compagnia DAF. Imaginary landscapes interviene su diversi livelli di linguaggio: da una parte l’interazione di diversi linguaggi artistici che creano le loro parti in totale indipendenza nonostante ci sia un tema comune: dare voce allo spazio urbano. Conseguenza di questo interagire è la simultaneità dell’agire di questi linguaggi nello spazio/tempo dello spettacolo. Questa simultaneità dell’accadere fa si che il pubblico sia libero di operare il proprio montaggio della visione. Non potendo materialmente vedere tutto, deve scegliere, montare, smontare la sua visione. Nessuno del pubblico vedrà la stessa performance. Da ultimo volevo andare un po’ controcorrente rispetto alla norma che vede in scena solo una o due persone. Volevo lavorare su grandi spazi e con un numero di artisti alto rispetto all’uso. Gli artisti coinvolti sono dieci: Olga Canavesio e Gabriel Beddoes per la danza, Nicola Candreva e Marco Ferraro per la performance, Mattia Campo e Francesca Cola per la videodanza, Paolo Agrati e Arsenio Bravuomo per la poesia, Andrea Pierini per la grafica e io alla regia. FP: Hai parlato di spazio urbano: è questo l’argomento dello spettacolo? EP: Sì. La realtà urbana è lo spazio umano in cui le contraddizioni si fanno più forti. Immigrazione, convivenza, povertà, crisi economica, nella città esplodono in tutta la loro virulenza. Io abito a Torino a San Salvario, un quartiere multietnico. Ogni giorno che scendo in strada sento parlare lingue diverse, cammino per le strade del mio quartiere e vedo la sinagoga ebraica, la chiesa valdese, quella cristiana, la comunità mussulmana. Ma vedo anche la povertà, la prostituzione, lo spaccio di droga, il divertimento insensato e vuoto fatto di alcol e sballo. E poi la grande attività creatrice delle persone, la voglia di convivere insieme evitando gli odi e le incomprensioni, l’attività degli artisti che nonostante la latitanza della politica continuano a fare il loro mestiere. C’è amore, morte, conflitto, pace, ogni forma di contraddizione possibile. È questo che volevo indagare, e a questo che volevo dare una forma. Credo che dare uno sguardo a ciò che ci circonda ogni giorno ci possa dare un’immagine del mondo che abitiamo e scegliere se questo ci piace o meno, decidere se vogliamo cambiare le cose o mantenerle come stanno. FP: Come è stato composto Imaginary landscapes? EP: Il processo creativo è stato molto complesso. Innanzitutto l’immagine generale è composta come una pala d’altare dove il racconto è costituito dalla somma dei racconti dipinti nelle singole edicole. Non un racconto univoco, ma un insieme di racconti la cui somma garantisce una molteplicità di messaggi e di significati. La scena centrale racconta un’allegoria ma è racchiusa da altre immagini laterali e superiori che raccontano storie affini ma la cui contiguità e compresenza arricchisce la storia moltiplicandone i sensi. Una sorta di scacchiera dove il mondo si ricombina in infinite varianti quante le possibili partite che si possono giocare. Un centro che è l’occhio che guarda e l’orecchio che ascolta, un mondo circostante in perenne variazione e aperto a infinite interpretazioni. Il reale e l’immaginario che si incontrano nella prossimità della scena, la scacchiera dove si svolge il gioco del mondo. Per ottenere questo ogni artista ha creato le singole parti. Io e i due danzatori abbiamo creato la storia centrale, una rielaborazione del rapporto che c’è ne Le città invisibili tra Marco Polo e Kublay Khan. I due performer hanno creato una serie di piccole azioni da uno a cinque minuti di durata a tema urbano, cose che si possono vedere ogni giorno camminando per la propria città. I video sono stati concepiti in luoghi particolari di Torino da Mattia Campo e Francesca Cola. Arsenio Bravuomo ha invece composto un paesaggio poetico che ha la voce di Paolo Agrati. Quando tutte le parti sono state completate è cominciato un lavoro di composizione dell’insieme, una sorta di costruzione musicale come nelle cantate di Bach. Un’orchestra di immagini formata con una partitura musicale grafica in cui spazi e tempi di visione erano composti secondo diversi gradi di densità dell’apparire. Quindi da ultimo il lavoro di sincronizzazione delle azioni. FP: Come si è inserita la parola in un lavoro che si costruisce principalmente in un racconto per immagini? EP: La parola nel racconto non può mancare. Ma non deve essere possessiva, non deve reclamare diritti di possesso nei confronti degli altri linguaggi. Deve essere indipendente, libera. Così il poeta racconta la città, con il suo stile e il suo linguaggio. Un voice off che costituisce un altro racconto che si sovrappone agli altri, un intricato labirinto di racconti, un caleidoscopio di punti di vista. E così il racconto poetico racconta da una parte la città nella sua immensa complessità, la città tentacolare, opprimente eppur ricca di vita e opportunità che ogni giorno attrae e respinge milioni di uomini, e dall’altra canta il racconto della realtà, quel canto che descrive, immagina, modula, ricrea il mondo. Il racconto e la città. FP: Un lavoro complesso, come siete riusciti a realizzarlo? Le istituzioni vi hanno appoggiato per trovare luoghi di prova, finanziamenti per gli artisti? EP: Nota dolente. No. Per ora a parte il Museo Ettore Fico che ci ospiterà a gennaio 2017 e la Venice International Performance Art Week che ci ha appoggiato dall’inizio, nessuna istituzione ci ha aiutato. Il lavoro è stato completato grazie all’impegno e alla volontà di tutti gli artisti partecipanti che hanno creduto nella bontà del progetto. E poi grazie a una serie di artisti che ci hanno aiutato fornendo materiali e luoghi per le prove. Vorrei ricordarli tutti: da Manuel Bruttomesso e Monica Secco che ci hanno ospitati per le prove, a Davide Fasolo che ci ha prestato materiali per i video, Andrea Macchia che ha fatto le foto di scena, Maks Maltoni che ci ha supportato per la compilazione dei bandi. Senza il loro aiuto e supporto non saremmo riusciti a realizzare un lavoro di tale complessità. Francesco Panizzo
Percorso artistico di Enrico Pastore:
Enrico Pastore lives and works in Turin. He is director, critic, and producer of cultural event. He is gradueted with Honor (110/110 magna cum laude) in History and critics of arts with a thesis about John Cage's musical and theatrical performances at Ca' Foscari University of Venice (2001). He studied also with Fernando da Costa (ES) François Tanguy-Theatre du Radeau (F) and Jakob Shokking (DK). He worked in Venice as director in DAF Theatrical Company from 1998 to 2005. During this period he focused his reaserch on Theatrical/musical performance and new operas in cooperation with University of Venice, Gran Teatro La Fenice, Amici della lirica di Padova, Teatro fondamenta Nove, Teatro Groggia, Laboratorio Novamusica. He directed The Kaiser von Atlantis by Viktor Ullmann (Gran Teatro la Fenice -1999), Mavra by Igor Stravinsky (Gran Teatro la Fenice . 2000), Words and Music by Samuel Beckett and Morton Feldmann in italian premiere (Teatro Fondamenta Nove – 2001), La Giraffa by Luis Bunuel and Giovanni Mancuso an original new opera (Teatro Groggia – 2001), Theatre Piece by John Cage (Teatro Groggia – 2002), Le Nove Porte, original new creation (Teatro Groggia – 2003), and The Fall of Costantinople (Stresa – 2004). After this period he moved to Turin and started to cooperate with Teatro de la Caduta making several works as director: Noir Varieté (2006), The Fall of Costantinople (2011) and nomerous performances. As producer of cultural event he cooperated with important institution like Biennale di Venezia (As assistent and line producer of Pippo Delbono Her Bijit – 1999), for Teatro Groggia in Venice he organized several meetings about new operas, theatrical/musical performance and theatre of mixed means (2000-2002), Le Settimane Musicali di Stresa (line producer . 2005), Incontri Cinematografici di Stresa (maniging director from 2006 to 2011). Since 2012 he write critical essays and rewievs of theatre and dance performances on Passparnous, web revue of arts, following several international festivals of theatre and dance as Biennale di Venezia, Festival de la Batie (CH), Uovo Festival, Performa Festival (CH), Venice International Performance Art Week, Bologna Live Arts Week, Interplay, La Piattaforma, Insoliti Festival, Electro Camp Festival Venice. Scrivono in PASSPARnous:
Aldo Pardi, Claudia Landolfi, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Marco Maurizi, Gianluca De Fazio, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Francesco Panizzo. |
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Claudio Ascoli nella Libera Repubblica delle Arti di S. Salvi - Firenze di Francesco Panizzo Incontri verticali
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