Si sottolinea un dato incontrovertibile nella produzione di Dino Fracchia, ossia una serie di fotografie che appartengono al genere del reportage giornalistico puro, quell’esigenza incisiva di saper dare risalto al lato informativo e di cronaca. Dino Fracchia nasce nel popolare quartiere di Porta Ticinese a Milano nel 1950, si iscrive a ingegneria aeronautica ma si ferma al primo anno di studi, tanto da dover andare al servizio militare, iniziando, poi, a coltivare una passione che lo caratterizzerà nella propria personalità e nella propria inclinazione artistica: la fotografia.
Dino Fracchia procede in un percorso di professionalizzazione della propria attività, tanto da vederlo dal 1974 in poi collaborare con diverse testate giornalistiche e compiere importanti viaggi internazionali, alimentato da una finalità: immortalare luoghi e fatti che segneranno la storia dell’umanità, vivendo appieno il proprio tempo e la propria epoca e dando risalto alla narrazione oggettiva e testuale degli avvenimenti. Nella proposta fotografica di Dino Fracchia sussiste la centralità dell’accadimento come circostanza attorno a cui si costruisce l’impeto incisivo e suggestivo dell’immagine, immergendo pienamente lo spettatore nel contesto ripreso, donando all’immagine la semplice capacità di raccontare l’istante, senza alcun orpello altro e ultraneo, senza nessun artificio estetico distorsivo e distogliente, senza nessun tipo di intervento nella post produzione. Il lato estetico coincide con la capacità dell’autore di riportare l’avvenimento e il luogo nella propria trasparenza e nella propria definizione storica e fattuale. L’Oggettivismo si assapora nella successione di fotografie che donano una visione complessiva e continuativa di una progressione dell’accaduto, rendendo questo ultimo elemento, passato, presente vivo nelle coscienze e nelle visioni di coloro che apprezzano e contemplano la fotografia dell’autore. Dino Fracchia si forma come fotografo professionista in quegli anni 70, periodo di fervore creativo, di grande proposta artistica e di forte movimento politico, periodo in cui anche chi operava come fotogiornalista si interessava talmente tanto dei movimenti in modo da diventare un vero e proprio attivista: un attivismo che si palesa in Dino Fracchia tramite la capacità dello scatto, tramite la sapienza descrittiva della narrazione riportata, tramite la possibilità di dare rilievo a una definizione tecnica utile a garantire l’immediatezza e la prontezza nel cogliere l’essenza del fatto, la portata contenutistica e significativa dell’avvenimento. Dino Fracchia ha girato il mondo, ha fatto servizi documentando gli ambienti e i paesaggi dell’Africa, del Medio Oriente, dell’America e dell’Europa, spesso muovendosi con mezzi di fortuna, i più assurdi, spesso tramite la forza delle proprie gambe e a piedi, munito del proprio obiettivo e della propria macchina fotografica, sempre pronto ad analizzare il contesto e a saper dare risalto al momento oggettivo. Nell’anticipazione dello scatto si ravvisa quel momento utile a coniugare la tecnica, la ricerca delle luci, l’adeguata apertura del diaframma e il tempo di esposizione, con la comunicativa informativa dell’opera, quella fotografia funzionale a informare giornalisticamente e a dare una centralità all’azione in una cornice di dinamica e di incisione visiva nell’ottica dello spettatore. Un’unica esperienza di lavoratore dipendente vede Dino Fracchia nel 1974 collaborare per alcuni mesi con L’Unitá per, poi, diventare indipendente e costituire dapprima una cooperativa con altri fotografi e, infine, muoversi in modo autonomo: in questa ultima fase professionale Dino Fracchia fotograferà attraverso veri e propri servizi giornalistici il disastro del tragico terremoto in Belice, l’incidente ecologico a Seveso, la sparatoria avvenuta durante una contestazione in Via De Amicis a Milano, quel momento che ha segnato come un’icona gli anni difficili di piombo che hanno interessato la storia del nostro Paese, i vari movimenti sindacali e operai in un’epoca in cui le nuove tecnologie definiranno differenti rapporti e relazioni tra le classi sociali, soprattutto quella lavoratrice. Prosegue l’autore a realizzare servizi su inchieste come la situazione sociale di disagio in Sicilia, la nascita dei movimenti ecologici in Europa e, infine, un reportage sui mezzi pubblici di trasporto a Milano, a cui seguirà una mostra organizzata dal Comune di Milano nel 1984. Dino Fracchia è in esposizione allo Spazio Forma Meravigli a Milano con una propria personale dedicata a uno dei più interessanti servizi fotogiornalistici della produzione dell’autore, I giorni del Parco Lambro Continous Days, Milano 29/5/1975 - 26/6/1976, a cura di Matteo Balduzzi. La serie è un reportage che Dino Fracchia ha realizzato durante uno dei più storici festival della gioventù proletaria, un momento di confronto e di fervida creatività in cui si incontrarono giovani generazioni appartenenti a diverse culture, a differenti correnti ideali e a vari strati sociali, uniti dall’impeto dell’immaginazione al potere, in una prospettiva di mondo alternativo e di società libera ed emancipata. Le fotografie presenti nella serie firmata Dino Fracchia, addentra lo spettatore nella dimensione esatta e reale in cui sono state scattate, un bianco e nero suggestivo e descrittivo di un periodo vivo e fertile, una tecnica, quella utilizzata dall’autore, in cui si evidenzia la sapienza nell’utilizzo degli strumenti, apertura di diaframma e tempo di esposizione funzionali a dare risalto al momento immortalato, funzionale a dare risalto a quella passione e a quella volontà di cambiamento che si percepisce nei visi e negli sguardi dei soggetti ripresi, così come il simbolo che un avvenimento di quella portata ha potuto segnare nelle pagine della nostra storia moderna. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous:
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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