La tecnica può diventare nell’arte fotografica uno strumento di indagine di alfabeti compositivi che si basano su una pura estetica, l’impatto visivo, e che ci conducono in un contenuto poetico e lirico unico e tale da addentrarci in un contesto di riflessione e di suggestione che ci presenta una realtà nella sua complessità. Nella produzione fotografica di Flavio Moriniello si trova la città narrata e ripresa nella sua faccia contrapposta in un’ottica interpretativa autorale che si propone nella propria portata con tutta la valenza, invitando lo spettatore a un’ipotesi di lavoro. Si apprezza l’indagine che Flavio pone e si propone nella verifica di coni interpretativi ottici, tali da assumere punti di vista che accolgano quella ridefinizione del reale attraverso l’oggettivo, una decomposizione dello stesso per ricrearne un armonico equilibrio in cui si intravedono segni e simboli in una chiave iperrealista.
La tecnica fotografica che Flavio persegue come sintassi per meglio riproporre la propria poetica è quella della doppia esposizione. Flavio riassume due fotogrammi ottenuti attraverso due scatti ripresi nella stessa fotografia e che, sovrapponendoli, creano due piani di osservazione, tali da delinearci una sovrapposizione di paesaggi, di panorami e di prospettive che si intersecano e che confondono l’osservazione, donandoci un’immagine inattesa, inaspettata e imprevista, in modo da abbandonarci nella contemplazione attiva di elementi e di oggetti che creano interpretazioni reali e introspezioni mai affrontate, soprattutto avvalendosi di una sapienza descrittiva che solo un’apertura di diaframma, chiara e netta, e tempi di esposizione, certi e determinati, possono garantire. Lo scatto avviene con sicurezza e fermezza nella prontezza dell’autore di saper cogliere una situazione e accompagnarla da una sua rilettura effettuata tramite una scomposizione del soggetto, creandoci quel scenario complessivo in cui la realtà si scinde nelle proprie parti costitutive per, poi, avvicinarsi a quella concezione quasi astratta e concettuale iperrealista della fotografia, in cui gli elementi costitutivi degli oggetti si percepiscono in tutta la loro portata, nitidezza, particolarità, tanto da risaltare il carattere indagatore di un punto di vista, quello dell’autore, attento a descrivere i dettagli nell’azione, unica, dello scatto, e rilevarne i sostanziali concettuali che si concentrano con il confrontarsi e il confondersi con i dettagli e i particolari di altri elementi oggettivi presenti nello stesso scatto e riproposti sovrapposti. Il dualismo, quasi in una visione di perfetta contrapposizione, che così si evidenzia, non si pone né si impone come antitesi ma, bensì, come unità nella complessità, quasi dando all’oggetto una poliedrica concezione in una visiona cubista. Le sfaccettature compongono la fotografia nella propria definizione ultimata e nella propria immagine che diventa quasi onirica, grazie al contrasto di zone chiaroscurali, di luci e di ombre, Flavio si affida all’illuminazione naturale, giocando con soggetti urbani esterni, e ne calibra le entità in modo tale da disegnare linee di forme e di figure che ci apportano in situazioni in cui l’aspetto estetico diventa espressione di un’idea propria e di un concetto proprio di definizione della realtà, rendendola completa e complessa. In Flavio Moriniello possiamo trovare due aspetti notevoli di una produzione che diventa espressione artistica a pieno titolo, in cui la parte estetica visiva, la composizione della fotografia come opera che si avvale della tecnica per rendere evidenti le parti costitutive riprese come soggetti artistici in tutta la loro portata, si unisce alla parte astratta, a quella ricerca di intuizione poetica che ci delinea, ci descrive e ci narra la visione interiore, simbolica, possiamo anche affermare, e ci presenta Milano, nella propria natura urbana e identitaria, i palazzi, i monumenti, le chiese, le strade, avviandoci verso una conoscenza profonda e dettagliata della stessa metropoli, donandole un aspetto che ci porta ad andare oltre alla semplice visione. La concezione descrittiva, quasi un diario che si propone come filo conduttore di una lunga serie di scatti che ci portano ad approfondire la conoscenza della città, si avvale, così, dello spessore emotivo, quella sensazione che l’autore ha potuto provare nel momento dello scatto e che ha ridefinito e riaffermato nella fase di post produzione, fase presente solo come elemento di correzione poetica ed estetico compositiva dell’opera, quasi diventando la stessa post produzione strumento sintattico che ci presenta e rappresenta, in modo più diretto e trasparente, l’intuizione dell’autore. Flavio non smentisce la tecnica che persegue: una tecnica difficile in quanto potrebbe risultare banale, se non diretta da una consapevolezza concettuale, quell’astrazione che si evidenzia in modo chiaro e trasparente tramite la portata e la caratteristica delle stesse fotografie, scattate attraverso, appunto, la doppia esposizione. Flavio utilizza questa tecnica particolare per donare alle sue opere una valenza unica e originale, affascinante ma, allo stesso tempo, sicura e certa nel loro impatto visivo, nel loro identificarsi come espressione, nel loro concepirsi come introspezione emotiva di un oggettivismo iperrealista. La bellezza si definisce tramite l’armonia, non ne è esente, e attraverso il ricomporsi di un equilibrio che solo, apparentemente, sembra essere stato sconvolto attraverso la proposta di contrapposte visioni di uno stesso scatto, riassunte in un’unica fotografia, ma che si rigenera anche tramite la sensazione che l’autore vuole trasmettere allo spettatore, ossia quella di ricerca sempre aperta di un mistero, di un aspetto intimo e concettuale da scoprire e che viene scoperto solo se rinvenuto attraverso la lettura visiva e squisitamente estetica degli oggetti reali. Flavio gioca molto, consapevolmente e convintamente, con le luci e le ombre proprio per dare quell’aspetto duale di un’opera, quella fotografica, la sua opera, in cui l’oggettivismo reale si incontra e si confronta in modo armonico con la mano compositiva artistica, sprigionando tutta la propria potenza che si erge sulle contrapposizioni, ma che si calibra sul risultato lirico, emotivo e concettuale della descrizione del reale. L’oggettivo si confronta con il sublime astrattismo, mentre la dinamica si confonde e si equilibra con la fermezza statica di diversi oggetti e soggetti, così come la luce si esprime nell’ombra e gli interni, molti, si riflettono negli esterni, aprendoci visioni nuove e rinnovate, sempre inattese e di sicuro mai scontate. Flavio affronta un dualismo visivo, e possiamo dire anche visionario, in una serie, Milano dualismi, esposta al Urban Center Milano fino al 22 giugno: non è la prima serie che l’autore affida a una ricerca di una decomposizione del reale urbano per, poi, riproporlo in un’unica fotografia e opera in modo tale da coniugare il reale con il sogno, l’oggettivo con la visione, il movimento con l’immobilismo. Barcellona, città in cui la trasformazione diventa parte integrante di un processo in cui la storia e la memoria urbanistica si pone in dialogo con il moderno e la funzionalità estetica di una città, metropoli, in sviluppo, ha visto una propria narrazione all’interno di fotografie su base dualistica in un caleidoscopio di emozioni e di sensazioni che hanno narrato la città nella propria visione più concettuale. Flavio è riuscito a trovare nella dualità un’apparente, e direi ingannatrice per un occhio disattento e frettoloso, contrapposizione e ci pone e ci richiede attenzione maggiore per approfondire quella tensione verso l’unità, verso la comprensione del tutto, in questo caso l’identità di una città nella sua complessità, spesso contraddittoria, molto spesso, contrastante. È nell’armonia che si trova la chiave di volta del risultato estetico compositivo della fotografia di Flavio Moriniello ed è nella fotografia che si trova un lungo percorso di elaborazione e sperimentazione, che fanno dell’autore una convinta espressione della portata artistica di questa disciplina, quella fotografica, e di quella capacità di tale arte di saper diventare sintassi di un artificio tutto autorale per rappresentare e narrare il reale nella sua dimensione non puramente cronachistica, il diario di viaggio dell’oggettivo fine a se stesso, ma come alfabeto di forme, linee che diventano simboli, che si propongono in fotogrammi di una valenza illustrativa di un sentimento unico. Alessandro Rizzo
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flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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