Franco Fortunato si pone in un interstizio artistico compositivo in cui si celebra una sintesi e un incontro tra stili e culture differenti, diametralmente opposte a livello geografico, temporale e concettuale: da una parte notiamo alcuni rimandi nella produzione dell’artista alla pittura trecentesca e quattrocentesca, mentre in molti lati si assaporano certe vedute realistiche americane di un Novecento ricco di ispirazioni e di soggetti. Franco Fortunato nasce a Roma nel 1946 e la sua formazione può definirsi percorso autonomo e autodidatta, vedendo una continua ricerca che si inoltra in una propria concezione di arte nei binari e nella cornice di un’identità compositiva ed estetica chiara, quanto attraente e convincente a livello autorale.
Franco Fortunato proviene da un percorso di studi scientifici: questo aspetto si evidenzia nell’attenzione che l’autore pone per le geometrie, per le forme, per le linee e per le misure che definiscono gli spazi e gli anti-spazi, pieni e contrappieni che si fanno strada in una dimensione armonica quanto paradossale nel suo concepirsi. L’architettura diventa nella produzione di Franco Fortunato un aspetto che unisce le varie serie, l’artista lavora in serie, da lui proposte: questo aspetto unisce l’autore a una ripresa del fascino e della composizione Trecentesca e Quattrocentesca, in alcune proprie parti anche di certa tradizione fiamminga, unite dall’impeto narrativo di tanta arte Americana del primo Novecento, dove si evidenzia l’impatto chiaro, trasparente, lineare quanto incisivo di un disegno illustrativo su cui, poi, andare a elaborare la stesura cromatica della tinta, una pittura che diventa potente nel proprio impatto estetico e che racconta e narra una trasposizione di concetti e di messaggi che rendono le stesse immagini soggetti vivi e tali da divenire significanti tangibili. Non possiamo non notare un ritorno di un tratto che ci riporta al concettualismo espressivo di Magritte, soprattutto nelle venature, non troppo timide, ma altamente palesi, di un surrealismo magico che ci riconduce attraverso un iperrealismo a dimensioni prospettiche e panoramiche ingannevoli a tal punto da rendere quasi convinto lo spettatore della sussistenza del paesaggio ripreso, attraverso giochi che scompongono e ricompongono le figure e le forme geometriche per, poi, riproporle in una coerenza che ci traspone in una dimensione metareale e metaempirica, pur partendo da oggetti ed elementi reali, riportati e disegnati sulla tela. A renderci ancor più chiara questa componente estetica compositivia nella produzione di Franco Fortunato è la serie, quasi una costante nell’autore, dedicata alle cittadelle medioevali fortificate, rilette e proposte in strabilianti, fantastiche e immaginifiche prospettive che ci affascinano e quasi ci ipnotizzano, accompagnandoci nella lettura puntuale, quanto particolare, della struttura della figura ripresa. Vediamo in altre opere la ripresa di accrocchi di guglie e di torri, quasi fossimo in una visione di un’opera fiamminga di un Bosch, sprigionando, così, l’impatto visionario dell’opera nel suo complesso, che si propongono in situazioni irreali e surreali, ma di certo verosimili, attraverso giochi di prospettive e di calibrazione delle forme e delle figure, in modo tale da compiere delle immagini quasi magiche: Franco Fortunato lavora con una varietà di tecniche in modo da assicurarsi quella certezza e fermezza compositiva che rende l’opera ancor più incisiva nella fantasia che procura attraverso la sua contemplazione. La lucentezza armoniosa della tinta a olio ci porta ad apprezzare la sintesi tutta estetica e concettuale di un borgo che viene raccolto nella cornice di un albero, denso di foglie e ricco di frutti, Paesaggio inatteso è il titolo, quasi a significare la copiosità di una natura che deve ancora permanere nella concezione di uno sviluppo sostenibile dell’urbaniz-zazione. Molte opere di Franco Fortunato ci danno il senso di uno sviluppo verticale, quasi a darci un senso di vertigine e un senso di immensità o di vuoto che si sta per aprire lungo il nostro percorso: come in Scenario, in cui un avvolgimento vorticoso, a spirale e a forma di serpente propone fotogrammi di un complesso di abitazioni che si evolve e procede verso l’alto, fino a toccare la Luna piena. Il concetto è, chiaramente, vivo in questa visione pittorica, così come risulta vivo ne La spiaggia, soprattutto per il contrasto tra notte e giorno, tra una cittadella emersa posta all’interno di una boccia di vetro, interessante la creazione di un effetto ottico che può trasparire soltanto nell’osservare immagini dietro a un vetro, la rotondità delle figure e la loro deformazione verisimile, sintesi di una linearità, e il suo riflettersi nelle acque di un lago, sempre la Luna presente all’interno della notte che la cittadella vive all’interno della boccia. La cittadella si libra nell’aria trasportata dal vento in un gioco che scompiglia ogni punto di vista e ogni punto di fuga per addentrarci nell’inverosimile immaginazione di un paesaggio in cui il conglomerato urbano diventa quasi un’immagine fluttuante che si dipana in frange tali da garantire un futuro punto di approdo, aleggiando su una distesa marina, donando alle figure una dimensione caratteristica quasi illustrativa, grafica di certo. Un senso di verticalità ci dona anche Lettosultetto, mentre la contrapposizione graduale tra una notte che sta finendo e un giorno che sta avanzando si assapora nella magistrale composizione suggestiva di Voltare pagina - il nuovo giorno. Perde ogni riferimento la forza di gravità, quasi ci immergessimo in un contesto cosmico astrale, nell’opera Ricordi, dove viaggiano nell’aria oggetti interni a un armadio, anch’esso fluttuante, aperto, metafora, ne è ricca la produzione pittorica di Franco Fortunato, di un passato che si ripropone con impeto e in modo irreferenabile. Come la cittadella fortificata medioevale diventa parte protagonista nella produzione di Franco Fortunato, così diviene anche il soggetto del mare, vascelli, barche, vele, ora è la stessa cittadella, lo stesso borgo che diventa stendardo librato nell’aria. La scenografia si presenta nella pittura nei propri effettio scenici, nella propria dinamicità e, soprattutto, nel proprio impatto narrativo: Franco Fortunato è anche scenografo, così come è autore di diversi murales, è grafico, è illustratore ed è scultore, lavorando spesso con la ceramica. L’autore, dicevamo, lavora su cicli e su serie, e ne ricordiamo alcune: molte riprendono favole storiche, come Pinocchio, ciclo realizzato nel 1994 e, poi, rivisitato nel 2004, rappresentazione chiara della società attuale, fatta di corruzione, individualismo e miseria; oppure ancora Moby Dick nel 2005, così come negli anni Novanta vediamo la realizzazione della serie dedicata all’Inventario e alle Città Invisibili, quest’ultima serie dedicata a una lettura di Italo Calvino. Suggestive risultano le serie dedicate a Il Piccolo Principe, racconto di Antoine de Saint-Exupéry e quella dedicata alle Storie di Mari, tema che sarà frequente nella produzione di Franco Fortunato. Epica è stata la mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini nel 1976 su proposta dello stesso autore, lui faceva parte del Gruppo Figurale il Babuino, percorso giovanile di grande creatività. Franco Fortunato ha partecipato a mostre realizzate in diversi contesti internazionali: Svizzera, Francia, Belgio, Spagna, Argentina, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Canada. Franco Fortunato espone al Palazzo della Cancelleria a Roma con una serie dedicata a La storia della Querina, in cui traspare ancor maggiormente la sapienza compositiva dell’autore, e in cui si apprezzano tendenze che ci riconducono palesemente alle culture artistiche del Trecento e Quattrocento, le immagini che tramite i colori assumono portata volumetrica, plastica e quasi tangibile. La storia è ripresa in un libro edito da Nutrimenti, e narra la storia di Pietro Querini, navigante e mercante nobile veneziano che, partito da Creta, si indirizzò verso le Fiandre con il proprio vascello, Gemma Querina, incagliatosi e naufragato con tutto l’equipaggio. Una scialuppa venne in aiuto e raccolse i naufraghi per portarli sulle isole Lofoten in Norvegia, duecento chilometri oltre il Circolo Polare Artico. Il vascello era pieno di spezie, di malvasia, di cotone e di molte pietre preziose: l’equipaggio trascorse, così, 100 giorni in paradiso, riprendendo, poi, il cammino di ritorno verso Venezia via terra, arrivando in città nell’ottobre 1432, dopo più di un anno dalla partenza: il loro arrivo portò il baccalà e lo stoccafisso a Venezia, pietanza di grande utilizzo ancora oggi nella cucina nostrana. In questa serie si può celebrare, così, la sintesi delle discipline che hanno caratterizzato la formazione di Franco Fortunato, dando un lato grafico e illustrativo alla sapienza dell’utilizzo delle cromie e alla capacità di adottare la tecnica in modo funzionale a risaltare l’immagine, che diventa parte principale di un’opera. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous:
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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