È evidente in modo assoluto in una produzione artistica come il moto compositivo dell’autore divenga traduzione di una convinzione, interiore e personale, di comprendere e di concepire l’arte come forma espressiva. Luca Reffo non può non considerarsi artista minore, ammesso che tale definizione possa essere affrontata, ma, bensì, uno degli autori protagonisti più interessanti della contemporaneità: nel termine contemporaneità si definisce e si inserisce un caleidoscopio di stili e una pluralità di simboli e di segni grafico illustrativi che ci donano la complessità dell’opera e una sua collocazione in un arco temporale che diventa palese eredità di un passato, prossimo e remoto, dell’arte visiva, ma che assume una propria autonomia, concettuale quanto estetica. Luca Reffo segue un genere che è unitario, quasi universale, nella propria produzione: il ritratto figurativo.
Parlare di figurativo è come parlare di tutto e di nulla: figurartivo risulta quasliasi interpretazione dell’esistente e una sua ridefinizione all’interno di un quadro ottico e di visione che si riconduce all’autore, a chi compone la stessa opera. Luca Reffo propone un figurativo che è a lui riconducibile e che da lui si presenta come forma sintattica artistica autonoma, celebrando la narrazione come elemento che prevale sulla figura, il ritratto o il corpo, in senso letterale e, quindi, realistico del termine e del concetto. Le serie di Luca Reffo parlano di immagini che diventano quasi elementi evocativi di un concettualismo che si eleva a espressione artistica di grande impatto su chi osserva e contempla le opere, non lasciando allo spettatore certamente spazio libero e interpretativo, in quanto la presenza dell’autore risulta essere forte e necessariamente, inevitabilmente, conoscibile, ma donando un itinerario tale da condurre lo stesso osservatore in un percorso che porti ad andare oltre all’apparenza, alla superficiale visione e alla rappresentazione di impatto primario. Luca Reffo utilizza la pittura, quella a olio, perché è convinto di diversi principi, narrativi quanto estetici, e anche perché tale tempera dona non solo la consueta chiarezza e limpidezza del tratto, ma, soprattutto, una certa dinamicità delle forme e delle figure, corroborata con una dose di plasticità e di volumetrica apparenza, e tale da donare alla stessa immagine figurativa una certa dinamicità e consapevolezza del movimento, dell’atto del movimento. È in questo concetto compositivo che si assapora in tutta la propria portata universale quello che possiamo dire essere caratteristica estetica dotata di una dose cinetica nella produzione di Luca Reffo: una valenza che propone in modo trasparente la successione in serie di frame e di fotogrammi che riconducono a una narrazione, a una storia che sembra rivelare e svelare qualcosa che si definisce oltre la materia percepibile e tangibile, qualcosa che si evidenzia aldilà del figurativo classico, quello della celebrazione realistica dei particolari anatomici di una figura per, poi, renderli semplici riprese di una dimensione oggettivistica. Nella produzione figurativa di Luca Reffo l’oggettivismo non esiste o, perlomeno, esiste solo come contenitore, come strumento alfabetico che delinea e suggerisce un contenuto interiore e intimo, forte quanto suggestivo. Il figurativo di Luca Reffo è un figurativo che suggerisce prospettive di lettura tali da raccontare l’essenza dell’immagine, procedendo oltre alla stessa dimensione visiva, e comprendendola come significante strutturale. Niente, e tale vuole essere nel concetto dell’autore, è dato per scontato nel figurativo di Luca Reffo ma, bensì, tutto si evoca come fossero accenni di immagini complesse e tali da apportarci e condurci in dimensioni prospettiche e panoramiche altre: nella figura si aprono nuove figure, inattese quanto inaspettate, ma, se unificate divengono note di uno spartito musicale di certo immateriale, ma, allo stesso momento, ideale. Il figurativo di Luca Reffo non vuole essere descrittivo né, tanto meno, didascalico: le immagini che si susseguono nelle serie composte si immettono nell’interstizio estetico di qualcosa che vuole essere espressione di un sentimento, di una sensazione, di un’emozione che si palesa nel movimento e nell’essenzialità, molto minimale, della figura rappresentata e che, ulteriormente, vuole raffigurare un’evocazione che suggerisce quasi una visione onirica, un’apparizione tale da darci un rimando interiore quanto inconscio. L’immagine assume nell’arte di Luca Reffo un effetto moltiplicatore nel riuscire a inquadrare più dimensioni narrative e per portare il nostro occhio in percorsi che non si accontentano, né possono accontentarsi, di un’ammirazione semplice del superficiale. La figura nella pittura di Luca Reffo si afferma e si conferma attraverso il procedere nella stesura della tinta a olio, attraverso un lavoro che si fa avanti grazie alla capacità esecutiva, tecnica, dell’autore e alla lettura della poetica che l’autore stesso vuole comunicare: stesure continue di delicate superfici di tinta che rendono, una volta gradualmente realizzate e adagiate con pennellate sulla tela, il senso di plasticità e di chiarezza compositiva del tratto, rendendo la stessa figura permeabile, immagine che ci apporta in un’introspezione interiore dell’animo. La capacità introspettiva dell’arte di Luca Reffo diventa alfabeto quasi generale e universale di lettura di una visione che ci interroga. Le forme che vanno a comporre le figure nell’arte di Luca Reffo sono tali da dare risalto a una visione ermetica, sibillina quanto, allo stesso tempo, chiara e trasparente, immediata ed evidente. I colori e le cromie sono valenze ulteriori che rendono ancora più concettuale e interiore la figura rappresentata, evocazione di un soggetto che diventa concezione di un’immagine, disegnata con delicatezza del tratto grafico, e riproposta attraverso sintassi caleidoscopici di tinte e di luci, di zone chiaroscurali che definiscono, qui la parte rilevante del momento esecutivo dell’autore, quasi rappresentazione figurativa non preordinata né, tanto meno, prefigurata, le parti anatomiche e le linee che compongono la figura stessa. L’immagine assume una valenza di narrazione di una storia e di temi, sociali, umani, civili che si presentano lungo la serie di frame e di frammenti di fotogrammi che conducono a un quadro storico unitario, tale da addentrarci in significanti concettuali che vanno oltre la figura. Le serie si susseguono affrontando temi e soggetti differenti nel loro contenuto, ma l’immagine diventa il processo attraverso cui la descrizione del tema si rivela nel suo progressivo eseguirsi e comporsi: se si parte dall’essenza della figura notiamo come un alfabeto e una sintassi estetici traducano l’esistenza nelle sue sfaccettature complesse e composite, ricordiamo The Secret Week, oppure esplichino un aspetto concettuale concreto e reale quale quello politico e sociale, come nel De Anima, basamento filosofico introspettivo dell’intensità evocativa dell’immagine figurativa. Luca Reffo dirà e affermerà di raccogliere “gli elementi invisibili” che intuisce “in segreta armonia con il racconto”, cercando “di svilupparli sulla tela nella maniera più semplice possibile”: in questo notiamo la semplicità compositiva e la uniamo con la raffinatezza nei contenuti e nei tratti estetici di un figurativo composito e complesso che rivela e svela i reconditi messaggi di una narrazione interiore quanto intima ed evocativa. Alessandro Rizzo
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