Non esiste nessun tipo di semplificazione dello stile di Manuel Bonfanti, se solo osserviamo con attenzione, e con quella disponibilità all’ascolto delle forme e delle linee, le opere dell’autore, ma esiste e permane in modo chiaro l’intento ben riuscito di provvedere a garantire un’intera produzione, in cui si percepisce la tensione sempre costante verso una ricerca, verso una messa in discussione continuativa dei propri canoni compositivi raggiunti, una volontà, sincera e determinata, di superamento delle disposizioni e delle regole che si presumono essere ormai prestabilite e statuite.
Manuel Bonfanti non può essere ascritto alla visione complessiva di un formalismo, fatto di raffigurazioni tratte da un’antologia artistica passata, magari riproposte in modo pedissequo e assiduo, in modo quasi didascalico e accademico: si apprezza la continua messa in discussione dei presupposti su cui si fondano i vari passaggi compositivi di Manuel Bonfanti, ottimi nella loro generale caratura. Manuel Bonfanti, in esposizione alla Zoia Art Gallery di Milano, apprezza riprendere oggetti della vita quotidiana e rendere tali oggetti risaltati e risaltanti, attraverso l’utilizzo sapiente e convincente del colore, delle cromie e delle tinte che si perpetuano, quasi in un impeto di serialità, all’interno di una dimensione di insieme dell’opera. Si evidenziano notevoli contatti tra l’arte di Manuel Bonfanti e accenni alla Pop Art; notevoli panorami descrittivi ci possono rimandare, nel loro tono di provocazione e in uno spirito di rottura con certe attese figurative ed espressive canoniche, a tale espressione artistica, inoltrandoci nella forza e nell’impeto dell’immagine, visione, questa, non prefigurata, ma ricca di suggestive impressioni estetiche. Apprezziamo, cosi, le geometrie che diventano veri e propri contorni sostanziali nella definizione generale e universale dell’opera di Manuel: la banalità dell’oggetto diventa spirito di narrazione e ipotesi di un inoltro in una dimensione non definita, non predefinita né, tanto meno, predefinibile. La ripresa di oggetti e di elementi della quotidianità portano Manuel Bonfanti a ricercare un’espressività che vede coniugarsi e congiungersi due ipotesi e due rappresentazioni, che nella loro contaminazione creano l’originalità e la riconoscibilità dell’autore nella propria portata: la Pop Art, da una parte, nella propria serialità delle forme e delle geometrie e nell’elevare un oggetto comune, popolare appunto, a soggetto artistico, e il Dadaismo, ossia la portata quasi dissacrante e provocatoria dell’inquadratura e della definizione dell’immagine. Il linguaggio artistico visivo di Manuel Bonfanti risulta, così, variabile sempre dinamico e pronto a offrirci sintassi sempre rinnovate. Si avverte questa tendenza soprattutto nella produzione pittorica dell’autore dedicata a Praga, città che già induce a riassumere su di se diversi stili e diverse tendenze tra un gotico e un espressionismo mitteleuropeo, che si intreccia con un modernismo commerciale, in cui firme e marchi della più massiva tendenza condividono spazi e aree, dando risalto alla dinamica poliedricità dell’ottica di interpretazione e di visione del complesso panorama urbano. Questi intrecci contaminati affidano a Manuel occasioni di ispirazioni notevoli, forse proprio perché si identificano con linguaggi di certo espressionistici, ma calibrati da una propria ottica interpretativa e da una propria base esperienziale, offrendo a Manuel l’opportunità di verificare passaggi continuativi e costanti, inoltrandolo nella capacità di saper trasporre in una sintassi estetica la propria dose di sensazione interiore, impiegando gli elementi del reale, del quotidiano e della città, come nel caso della serie dedicata a Praga. La dimensione, entro cui con l’impeto e con la portata della pittura, Manuel, affidandosi all’impeto delle pennellate, realizza e verifica in una concezione quasi popolare della composizione estetica e assume il significato e l’impatto diretto delle immagini e delle figure che si avvicendano in un’atmosfera decisamente espressionista, se per espressionismo si intende, fuori da ogni categorizzazione tranciante, la capacità di riprendere la realtà nell’ottica interpretativa di una propria interiorità. Ci affascina, è inevitabile, il senso di crisi che apre una breccia creativa di alta intensità nella produzione artistica di Manuel: una crisi vissuta personalmente e che si riversa in una capacità di acquisizione sempre più accesa di una coscienza estetica e di una disinvolta abilità a tradurre quest’ultima in una dimensione compositiva unica quanto originale. Manuel Bonfanti non fa segreto, si rende anzi palese nella propria dimensione, della tecnica che diventa sostanza artistica poetica che lui stesso persegue. Il colore diventa magistralmente materia, si rende plastico, si fa volume: le pennellate si susseguono alle spatolate e alle riprese, aggiunte, della tinta stessa, in modo tale da dare una dimensione che non è solo strabiliante dal punto di vista estetico, ma che diventa parte consistente di un percorso narrativo, come si apprende nella serie Air space. Manuel riesce a dare forma e contenuto alle visioni quasi immaginifiche che si addentrano nelle nostre ottiche interpretative al momento di un’osservazione e di una contemplazione dell’opera. La tela nelle serie di Manuel Bonfanti risulta essere totalmente invasa e pervasa in una modalità puramente equilibrata e armoniosa, creando un’alternanza tra pieni e contro pieni, tra momenti di assembramento del colore e momenti di maggiore fluidificazione della tinta stessa e, conseguentemente, del colore. Il colore diventa esso stesso, come presupposto compositivo nella produzione di Manuel Bonfanti, espressione di forme e di linee che delineano materiali aspetti positivi e compositivi di un’oggettistica definizione volumetrica e plastica della produzione. Identità modulari si avvicendano sulla tela rendendo quest’ultima spazio in cui si realizza il contrapporsi tra diverse aree e diversi ambiti, alternanza tra pieni e vuoti che si avvicendano e che creano quella dinamica, utile a donare all’opera una configurazione di movimento e di prospettive che si aprono su scenari rinnovati e ampi, sia nella loro concezione compositiva, sia nella loro concezione sostanziale e contenutistica. Alessandro Rizzo
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da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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