Parlare di formazione, seppure ce ne sia e sia confermabile, accademica nel senso letterale del termine risulterebbe alquanto riduttivo e, possiamo dirlo, svilirebbe la portata artistica della produzione, varia e complessa, di Raffaele Minotto. L’autore si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si diplomerà nel 1991. Il disegno diventa parte basilare, quasi fondamento portante, di una ricerca estetica e contenutistica di una produzione volta a cogliere in modo chiaro e netto quel linguaggio artistico utile a esprimere una poetica, essenziale, diretta, riconoscibile, riconducibile, viva e pronta. Si apprende una certa coerenza tecnica e, possiamo dire, stilistica nella produzione pittorica di Minotto, districata su due livelli progettuali, uno ritrattistico, l’altro puramente paesaggistico e naturalistico, senza tralasciare la ripresa in alcuni quadri di interni di abitazioni. Si evince, così, un percorso unitario e armonioso nella produzione artistica di Raffaele Minotto e si apprezza in essa una concreta attenzione dell’autore verso la ricerca, che si esplica in una curata ricerca dei soggetti e in un’altrettanto puntuale ricerca di supporti e di tecniche che vanno ad aumentare il livello, variegato e completo, di un artista a pieno titolo. Raffaele effettua una scelta, chiara e decisa, nella definizione della migliore tecnica da utilizzare e da appilcare, puntando fortemente su grandi tele e sulla tempera a olio, quel sostrato sintattico visivo che garantisce una maggiore luminosità alle opere e che regala alle stesse una certa consistenza materica, dando risalto alle forme e alle figure, che quasi sobbalzano e che risultano, così, intrise di una certa volumetria. Si dedice nel percorso artistico di Raffaele Minotto una notevole dose di consapevolezza delle cromie da adagiare e stendere sulla tela attraverso pennellate delicate e, allo stesso tempo, sicure, in quanto convinta e ferma risulta essere la propria capacità compositiva, quei passaggi che l’autore affronta nel concepire un risultato teso a migliorare, e a maturare, lungo un percorso artistico, certamente non lasciandoci spettatori passivi e indifferenti. L’osservatore non può rimanere privo di sensazioni davanti a ritratti che si impongono nella loro leggerezza e nella loro lievità. L’autore gioca in modo gioioso e consapevole con i colori e con le intensità di luci che definiscono, disegnandole quasi, le linee e i solchi dei volti, rendendoli vivi, penetranti, intensi quanto incisivi.
Si apprende, così, un’interiorità espressiva del volto e dello sguardo, che diventa ancora più rilevante, non lasciando nessuna possibilità altra allo spettatore che quella di soffermarsi e di addentrarsi in una visione propria e in un’ipotesi di lavoro che consiste nella lettura delle dinamiche delle pieghe dell’animo, tradotte in linguaggi cromatici e visivi senza precedenti. La materia si fa, quindi, colore e il colore diventa quasi palabile, presenza viva e forte in un aspetto universale che definisce la centralità del volto e del ritratto, che sembrano essere immagini trasparenti e diafane dietro a opache superfici, esasperando, così, poeticamente sottolineando e rendendo più caricaturali, alcuni aspetti fisionomici dello stesso viso. Nelle opere di Minotto si apprezza, quindi, un connubio e una sintonia tra il disegno e la pittura che diventa essa stessa tangibile e che si esprime come elemento oggettivo che assolve a significante il significato intrinseco dell’opera, un’estetica che esprime un messaggio interiore e una parola visiva, quasi visionaria. Raffaele non si limita alla sola arte pittorica, ma ha voluto proseguire in modo deciso anche sulla dimensione dell’arte incisoria, opere effettuate attraverso l’acquaforte su rame con vernice molle, oppure puntasecca su plexiglas: l’effetto estetico e visivo è unico e risulta tale dalla capacità compositiva dell’autore, riuscendo, quest’ultimo, a proporre ora situazioni che ricordano i gironi danteschi di un Gustave Dore’, ora il gusto artistico metafisico, nel senso di visione che va oltre la realtà e che fa appello ai nostri sensi per essere apprezzata e contemplata, dei “Bagni misteriosi” di Giorgio De Chirico, come testimonia in Bagnanti. Le opere di Minotto ci portano a vedere in un legame inscindibile e indissolubile tra ambiente e soggetti la portata espressionista e impressionista, una condivisione e un incontro sinergico tra l’impeto della sensazione che conduce l’autore a interpretare il reale visibile e la ricerca di una fedele dimensione iperreale di riproposta del visibile oggettivo, attraverso la maestria dell’utilizzo delle cromie e dei colori, delle luci e delle ombre. La visione luminosa ci porta ad apprezzare quelle fenditure di raggi che entrano e che scalfiscono la superficie della tela, donandoci un’immagine quasi aerea, in cui la spazialità si apprezza nella propria dimensione volumetrica. Minotto vive di un’ampia libertà nella scelta della tecnica, tanto e tale da testimoniare, in modo chiaro e totale, la sicurezza nella propria capacità compositiva e la convinzione della propria poetica, traducendola in vibrazioni di tonalità mai affrontate: il segno si evidenzia in tutta la propria portata evocativa e suggestiva e la tempera a olio concede a tutto questo una vasta gamma e un ventaglio di definizioni cromatiche e di velature tali da concedere all’opera una profondità adeguata, una trasparenza leggera e, infine, un ammorbimento delle sfumature e dei contrasti chiaroscurali, donando armonia e una dolce amaglama di colori all’intero quadro. Alessandro Rizzo
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di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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