Davide Ratti, detto Ratzo, nasce a Milano nel 1980. La formazione di questo artista risulta essere diversificata, varia, poliedrica quanto complessa e articolata. Davide si iscrive all’Accademia di Brera, diplomandosi nel 2005, e frequenta una scuola professionale di web design. Partiamo da questi binari formativi, seppure risultino solo pretesti, per introdurre la vasta produzione artistica di Davide Ratzo, ricavando, poi, in modo dettagliato un’analisi introspettiva, poetica ed estetica di tutto il percorso compositivo dell’autore. Si riconduce in Ratzo una certa dose di conoscenza di generi e di stili prossimi della letteratura artistica contemporanea, rielaborati attraverso sintassi e linguaggi mai affrontati, perché da una parte innovativi, dall’altra parte, invece, puramente soggettivi, propri, avvertiti come unici mezzi possibili per esprimere l’impeto creativo che si sprigiona dalla propria persona, in quanto autore e artefice delle opere. Ratzo diventa artefice in senso artigianale del termine, quella visione non solo teorica e poetica dell’artista ma anche, e soprattutto, fisica e manuale del procedimento compositivo affrontato, quell’atto di creare sotto il vigore di un’ispirazione quasi visionaria che l’artista conduce con fermezza nel completamento del proprio lavoro: l’artigianalità dell’arte è percepibile in modo perfetto nella volontà di Ratzo di fondare un laboratorio, Hamster Studio, insieme a Marco Teatro e a Bicio Folco Zambelli. In questo luogo l’arte prende forma attraverso un’indagine continua sulle tecniche da utilizzare in base a quei percorsi alfabetici che possano meglio tradurre in atto creativo il proprio sentimento e, soprattutto, la propria visione, e riproposizione conseguente, della realtà. Ratzo si divide, così, in due filoni che possono definirsi differenti l’uno dall’altro, qui l’eclettismo della sperimentazione di Ratzo: uno figurativo classico, l’altro astratto concettuale.
È sorprendente come Ratzo, da buon artista artigiano, a cui è riconducibile uno stile che non può non essere licenziato come non riconoscibile la mano del proprio autore, originale e unica, possa giocare, quasi, con le cromie anche nel momento in cui effettua una scelta, di genere e tecnica, netta e precisa: stiamo parlando dei ritratti figurativi impregnati da un bianco e nero con chiaroscuri quasi grafico illustrativi, e delle opere astratte e concettuali, che sprigionano tonalità di colori e di cromie che diventano protagoniste principali della tela, in quanto inondano quest’ultima, attraverso un degradare complessivo delle pennellate impresse. In Ratzo si evince un elemento fondante sia della propria poetica sia del proprio impulso creativo e che ci porta a concepire la sua produzione sorretta da una grande tenuta sostanziale e immaginifica: il lato distintivo della metafora, che si esplica attraverso il gesto e attraverso quel procedimento che si avverte come un’estensione invasiva del colore sulla tela. Le pennellate gettano sul quadro la tinta, imprimendo un segno, qui la forza simbolica dell’opera, sconfinando oltre i limiti perimetrali imposti e posti nel loro concepirsi all’interno della tela, metafora, questa, di quelle ristrettezze reali che la verità oggettiva, spesso, può determinare con conseguenze esasperanti sulla propria situazione esistenziale. La pittura di Ratzo non si pone limiti alcuni e procede in modo intenso e vivo in una rappresentazione che testimonia quel rapporto inscindibile dell’autore con la gestualità e con l’atto della creazione. Il tratto di Ratzo ci conduce da una dimensione espressionista, la ritrattistica, a una dimensione di imprevedibilità del tratto, l’espansione dei colori sulla tela, quasi ricavando un riferimento che si rifà all’arte di Pollock, celebrazione dell’atto fisico di composizione, senso di illimitatezza di uno spazio, necessariamente presente, quale quello della tela, entro cui andare a operare artisticamente. Lo spontaneismo informale è la lettura che ci porta ad apprezzare in Ratzo la visione dinamica e quasi surreale delle prospettive e dei paesaggi proposti sotto la propria chiave di interpretazione e reinterpretazione, spontanea e libera, del reale. Le forme e gli spazi si equilibrano in giochi rinnovati e inattesi, non prevedibili, sempre fonti di sorprendenti osservazioni: le linee e le forme diventano, così, semplici nella loro composizione estetica, ma intense e dense di significati intrinsechi, quasi significanti di una valenza pittorica originale e unica. Nella produzione artistica di Ratzo si possono notare citazioni a un Gee Vaucer o a un Grosz, se pensiamo solamente a un espressionismo semplificato dove il segno diventa la struttura portante della narrazione artistico visiva. Si può anche sottolineare un fondato rimando a un Mondrian, se solo ci inoltriamo in quelle strutture geometriche e lineari che portano a ricavare dal dato reale, molte opere di Ratzo sono paesaggi surreali e iperreali urbani, un astratto concetto che ci conduce alla conoscenza intrinseca dello stesso elemento oggettivo. La ricerca artistica del linguaggio creativo in Ratzo ci porta a calibrare esperienze diverse e differenti, lui è stato anche wirter, approfondendo nel 2007 con un gruppo di autori, i Volks Writers, la tecnica e l’estetica della street art, attraverso murales dalle dimensioni ampie. In questo passaggio si può apprezzare il grafismo illustrativo puro che, contornato dalle cromie, porta l’arte di Ratzo a essere completa e complessa espressione di segni, in una cornice composi tiva in cui si apprezza la semplicità e la linearità delle forme e dei tratti. Alessandro Rizzo
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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