La passione per l’arte e la capacità di ascolto dell’impeto creativo non hanno mai fatto economia nella storia formativa, autonoma, alto il livello di concepimento del significato di creazione, e universitaria, frequenta l’istituto d’arte di Porta Romana di Firenze, prima nel 2003, l’Accademia di Belle Arti di Firenze indirizzo grafico, dopo nel 2008, appena maturatosi, di Vincenzo Gualano. Vincenzo è giovane, e si percepisce questa sua caratteristica naturale, temporanea, nella sua magmatica evoluzione sperimentale di canali comunicativi, poetici quanto estetici, sempre nuovi e rinnovati, trovando anche forme di contaminazione tra le diverse discipline perseguite, aprendo, cosi, linguaggi e alfabeti inattesi, nuovi, sempre stupefacenti, non prevedibili quanto naturali e immediati, attraverso un’irrefrenabile esigenza di oltrepassare i limiti, imposti e predefiniti, di categorie e di idealità estetiche. Vincenzo ama disegnare fin dalla tenerissima età, siamo a San Nicandro Garganico, Foggia, cittadina dove si trasferisce all’età di tre anni, lui nato a Ludwigsburg in Germania. Il disegno diventa occasione di gioco, se per gioco si intende la continua tensione di trovare forme di espressione rinnovata quanto divertente, perché piacevole, perché rispondente a una propria natura, a un’esigenza, un bisogno di ascolto di se in relazione col contesto in cui ci si colloca.
Vincenzo giocava nell’infanzia con le figure che andava a creare, dei personaggi inventati che ritagliava sulla carta, colorandoli in modo variopinto, per, poi, giungere, oggi, a creare attraverso il gioco dell’arte, quel gioco di forme e di linee, di concetti e di soggetti, di idee e di poetiche che si fondono, costituendo un panorama inaspettato, convincente quanto immenso nella propria portata contenutistica e sostanziale. Le opere di Vincenzo non possono rimanere inosservate, perché non vogliono rimanere inosservate: il lavoro svolto da Vincenzo pone al centro la sua persona, come artista, eclettico, dalle migliaia sfaccettature, dalla poliedricità compositiva, lui è poeta, performer, incisore, scultore, scrittore e pittore, il suo pensiero, sempre rigenerante, teso a un continuo rinnovamento, non tralasciando mai quanto fino a oggi elaborato, ma superandolo in sintesi sempre sorprendenti, e la sua poetica, che riprende con vigore e convinzione, frutto di uno studio approfondito e di una conoscenza che si alimenta di prassi compositiva, di una pratica che si pone come unificazione del concetto, il concepimento dell’espressione artistica, con la artigianalità dell’arte, la manualità dello stendere e del creare la rappresentazione attraverso la manipolazione della materia, della pittura, delle cromie, dei colori, delle tinte, delle onde chiaroscurali che avvolgono l’opera nella propria essenza completa e complessa. In questa cornice non può inserirsi l’invenzione, se per inventare intendiamo il significato intrinseco ed etimologico del termine, la considerazione di qualcosa che viene recepito e colto, accolto, tramite una lettura che si nutre del reale per rielaborarlo, riproporlo, deformandolo, scomponendolo, ricomponendolo, riunendolo, riunificandolo in una forma artistica altra, dal sapore estetico unico, l’impatto dell’immagine, sublime quanto suggestivo, e dalla tecnica ponderata, il funzionale utilizzo di cromie e di tecniche varie, alta la sapienza descrittiva di un acrilico che viene reso quasi leggero, splendente e illuminante, cosi come l’impiego di supporti differenziati, tavolette di legno, oltre che le consuete tele: nasce la concezione di una nuova forma di arte, di una nuova cultura della creazione dell’opera, di concezione di un figurativo, l’autore non tradirà mai tale genere, che vien denominata Astromistica. Vincenzo ama il Rinascimento, lo ripercorre in diversi disegni, bozze, studi possiamo dire, in cui si genera una sintesi tra l’autore e la particolarità precisionale del dettaglio realistico della figura, la complessità di un’anatomia elegante quanto sinuosa, plastica quanto tangibile nelle forme e nelle linee, che descrivono delicatamente ma con fermezza i contorni dei fisici rappresentati, qui molto gioca la conoscenza scultorea dell’artista: Raffaello secondo l’autore risulta essere il migliore artista ad avere rappresentato tale corrente, ma non tralasciando il tratto che viene dagli studi sulle opere preparatorie di Leonardo, unico accesso all’alta definizione del prospetto anatomico delle figure umane rappresentate, una rigenerazione di un neoclassicismo plastico e coinvolgente. Vincenzo viene attratto anche dall’impressionismo, da un Monet come da un Van Gogh, che possiamo dire esserne il fondatore, riproposto, evidenziando sempre, e comunque, come eccellentemente e perentoriamente Vincenzo dimostra a pieno titolo, autonomia e autoralità, quindi unicità e irripetibilità nell’espressione artistica e compositiva: si apprezza il fondamento emotivo di una reinterpretazione della realtà, donando quel filtro interpretativo, la visione dell’autore, che porta a garantire di impeto la raffigurazione completa di una realtà descritta e creata sotto un impulso interiore, elaborato e proposto, riproposto. In questo solco ben si staglia, lo si nota con una certa portata della sua opera più epica, possiamo dire, se non più rappresentativa, esposta alla Galleria Puzzle di Firenze, diretta da Matteo Castellani, Crocifissione uncino planetare: in questa opera si recepisce la summa dello stile, della poetica, della tecnica, altamente riconducibile all’autore, fondativo della produzione di Vincenzo, un iperrealismo trasparente, particolareggiante, puntuale e molto espressionista tanto da abbracciare un contenuto simbolico della valenza di un significante visivo e visionario, onirico quanto immaginifico, di un reale convincente, seppure inesistente, un luogo, uno spazio temporale infinito e senza concepimento, un gioco di forme e di geometrie non regolari, non sorrette dalla fisica ma, bensì, da una metafisica immaginata, quasi proiezioni di ologrammi dai fini contorni, frutto della fermezza della mano nel momento compositivo. Vincenzo ha trovato una sua strada nella ricerca estetica e nella tecnica funzionale a rendere la sua poetica e la sua visione artistica realtà oggettiva, pittorica, tangibile, pur nell’impeto celebrativo di un sogno, di un magma interiore informe che sgorga imperterrito dalla sua mente elaborativa e creativa: un surrealismo dadaista, quasi, ma accompagnato, ed è qui l’apprezzamento per la sua produzione, da una dose di realismo magico, elevando persino l’oggettivistica quotidiana a segno estetico dalla forte valenza concettuale: esiste e sussiste qualcosa di magico nella proposta artistica di Vincenzo che, attraverso la sua pittura, ci sa condurre, con abilità e con convinzione, nei meandri di una visione pura, interiore, intima quanto fantastica, basata su elementi di un reale inventato, reinventato, in un "automatismo psichico puro", come scriveva il manifesto fondativo del surrealismo, fuori da ogni razionalità ed espressione di un inconscio ricco di simboli e di concetti, non concedendosi a un banale astrattismo di maniera, spesso nevrotico nella sua fase compositiva priva di un’elaborazione, sia estetica, non vi è in Vincenzo nessuna volontà di accondiscendere lo spettatore ma di provocarlo, sia tecnica, la ponderazione dei materiali e dei supporti che meglio diano risalto al suo messaggio poetico, mistico in un contesto cosmico astrofisico. Alessandro Rizzo
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Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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