Si può parlare in epoca post moderna, conclusione di ogni corrente culturale, di un movimento artistico a cui si affacciano autori diversi, giovani, innovativi, con un tratto deciso che identifica una propria autorialità?
Nasce a tal proposito The Move, un movimento di artisti che si propongono in una collettiva in un confronto continuo, osmotico possiamo dire, coinvolgente e raffinato, semplice quanto naturale, tra culture, estetiche, produzioni, tecniche differenti unite da quella tensione continua che li porta a una sperimentazione mai sazia, a unʼinterpretazione del reale sotto ottiche varie, in virtù di letture diverse e che ricalcano ciascuna il percorso formativo e artistico compiuto dai singoli. The Move significa movimento ed è in questa parola che si possono significare le variopinte visioni che i cinque autori ci donano: un coinvolgimento di sensazioni e di emozioni che ci inducono a sentirci parti integranti di alfabeti estetici tali da inoltrarci nelle trasformazioni che la realtà, il cosmo, fatto di energie e di elementi, ci sottopone, lasciandoci trasportare in un circuito vivo e ricco di inattesi sviluppi dei flussi di coscienza, di quei messaggi che lʼautore vuole esprimere e che noi cerchiamo di apprendere attraverso la pura visione e contemplazione delle narrazioni che si fanno immagine. Massimo Costantini ripropone una collettiva in cui non solo linguaggi artistici diversi si incontrano, ma in cui, soprattutto, i confronti generazionali si interfacciano, donandoci un caleidoscopio di concetti e di poetiche mai avvicinate. Massimo apporta con più certezza lo stile maturo a cui è giunto, attraverso un lungo percorso formativo che lo ha visto addentrarsi nel design, dove primeggiavano texture particolari, forme intersecanti, geometrie complesse ma lineari, dal tratto semplice, e, in seguito, nellʼespressionismo, declinazione del reale cittadino attraverso una calibratura di colori e cromie uniche e incisive: Massimo approda con consapevolezza alla neo pop art, in una chiave di interpretazione moderna quanto attuale, originale e tale da includere varie correnti e influssi culturali, il graffitismo, il mondo underground, lʼurban art, il design, lʼiperrealismo, utili a evidenziare con sapienza descrittiva dei colori e con fermezza della mano la plasticità delle figure che rappresentano i simboli della globalizzazione e dellʼoggettistica quotidiana, elevata a significante concettuale. Parliamo di concettualismo e questo elemento distintivo non può mancare nella produzione di Ambrogio Tacconi dove tale influenza si esplica in scenari improbabili e paesaggi cittadini fantastici, visionari quanto surreali nelle forme geometriche, figure e prospettive unite da un impatto visivo che ci trae in inganno, rendendo complice lo spettatore in un gioco di oggetti che si incontrano e che propongono narrazioni di flussi interiori, tali da esplicare messaggi intrinsechi e interiori che promanano da un contesto rappresentativo. Il tratto dellʼautore, certo e sicuro, ci coinvolge in dimensioni fantastiche, seppure ipotetiche se ci si sofferma alla base del soggetto, reale negli elementi di cui si compone. Tecniche diverse in una tensione tesa verso la ricerca è quella che si respira nelle opere di Amedeo Malfetti, ancora in formazione nello stile e nel tratto e, proprio per questo, espressione di quel movimento interiore sempre pronto a mettersi in discussione, a ricercare nuove soluzioni interpretative, utili a dare risalto alla poetica che, immancabilmente, dirige il proprio percorso artistico, fatto di idee, ispirazioni e concetti. Gioco di immagini, variazioni cromatiche delle tinte, volti che si presentano in tonalità più scure, altri, magari in primo piano, composti da pennellate più vivaci e luminose. Si avverte, quindi, una certa sapienza nellʼutilizzo del colore, seppure nellʼimmancabile curiosità dellʼautore di indagare nuove tecniche e nuove soluzioni estetico compositive, elementi strutturali su cui Amedeo procede, andando oltre il concettuale e il postmoderno, dando esempio della fluidità della pratica pittorica, utilizzata con lʼintento, chiaro e convinto, di incidere e di comunicare. Nuova entrata nel movimento è quella di Andrea De Filippo, la cui formazione risuta alquanto complessa, fatta di diverse tappe e di confronti attivi e consapevoli con stili e pratiche artistiche differenti. Si respira una certa retrospettiva che proviene dal “writing”, dalla street art, dal disegno tecnico, quello professionale, grafico e libero, dallʼarte grafica multimediale, dallʼutilizzo sapiente delle tecnologie, che si traducono in flussi estetici compositivi nuovi, dallʼarte del tatuaggio. Questi canali esperienziali hanno portato Andrea a narrarci panorami fantastici, illusionisti, magici, irreali, in alcuni tratti gotici e fiabeschi, in una produzione che si avvantaggia del lato tribale, rupestre, in cui si assapora lʼessenzialità e la sobrietà del tratto per darci una complessità totalizzante dellʼopera, che occupa nella propria interezza la tela. Beniamino Monaco è una nuova entrata nella collettiva The Move e porta con se una propria maturità compositiva che si evidenzia attraverso un tratto deciso e una convinta poetica che si esplica in arte. Lʼanatomia, lʼaspetto scenografico, la visione classica della pratica, acquisita attraverso una formazione completa quanto attenta, lo hanno portato ad accrescere una propria padronanza del lato tecnico ed estetico compositivo, uniti da una certezza e fermezza del tratto e della pennellata, in un gioco realistico, quasi iperreale, attento al particolare, ma allo stesso tempo contaminato da quella freschezza e da quella trasparente e viva composizione, che lo porta ad affacciarsi allʼillustrazione e allʼarte dei poster, nitida e uniforme nelle stesure cromatiche, andando, cosi, a contaminare quella classicità che si intravede nel sostrato estetico e stilistico dellʼautore. Lʼinformale si fa strada in The Move fino a giungere a contagiare le arti, attraverso un coinvolgimento del pubblico. Lʼarte diventa non elitaria e parte integrante di tutti con lʼiniziativa Drawing in the darkness, flussi di coscienze interiori che si esplicano in visioni e tratti. Le estetiche e le immagini si interfacciano con le note musicali, aumentando le valenze suggestive che ne promanano: emozioni e sensazioni ci attraverseranno in momenti accompagnati dalla musica sulle note di Asoc Project di Gabriele e Riccardo, a loro volta contaminate dalla consolle di Keasy e Derry Marchetti in un fluido sonoro che ci affiancherà nella contemplazione delle narrazioni visive. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous: k
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo. |
Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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