Non esiste un limite, un confine, una ripartizione tra il figurativo in senso stretto e l’espressionismo, quell’afflato ideale e interiore che promana dall’artista per, poi, esprimersi, appunto, attraverso l’impeto e la forza del tratto e della pennellata, quasi in un flusso di ispirazione che sgorga dall’io per, poi, mediarsi attraverso la valenza della tela, la sua oggettiva presenza, la sua fisica limitazione. In questo solco possiamo dire che si possa inserire a pieno titolo Michele Carminati, giovane autore, dalla produzione chiara, ben definita, complessa pur mantenendosi in una coerenza di stile e di tecnica usata, non soffocando impeti sperimentali ma, al tempo stesso, diventando convincente nella sua costante estetica compositiva.
Non vi è ripetizione nella narrazione rappresentativa e raffigurativa di Michele Carminati, ma, bensì, una continua indagine di sentimenti e di moti interiori d’animo che si riverberano in pennellate che delineano quasi accenni puri e chiari di figure umane, rendendo l’intimo, il corredo di emozioni, la coscienza stessa, parte principale, unica, viva e pulsante, nel dettagliare la figura medesima delimitata attraverso contorni evanescenti, che si confondono e fondono con la superficie della tela, dando fortemente risalto all’espressione facciale. I colori usati con una certa convinzione e ponderazione da Michele sono tali da suggerirci penetranti emozioni e sensazioni che derivano da quel che percepiamo delineato dal solo tratto di pennello, dalle linee che disegnano situazioni complesse e forme lineari quanto compenetranti, tali da delineare un accenno all’immagine, dove prevale lo sguardo, la fisicità, la corporeità, il movimento del soggetto rappresentato. I colori, dicevamo, non sono casualmente posti sulla tela, ma vengono da un’elaborazione non troppo intellettiva ma, in realtà, molto interiore che l’autore apporta e dispone all’atto della produzione. Leggiamo un’estetica particolare, originale, che non concede molto spazio al dettaglio anatomico descrittivo ma che, invece, garantisce molto spazio a quella rappresentazione dell’intimo sentimento. L’autore quasi si auto-rappresenta nella scelta del colore, delle unità cromatiche nel momento in cui si immedesima in modo quasi simbiotico con la figura della personalità raffigurata, fatta solamente di espressione, di mimica facciale, di gestualità coinvolgenti quanto incisive; come quelle che si ammirano nel quadro de Il Pugile un insieme di vigore, potenza, assenza di arresa, volontà di proseguire nella lotta e nel confronto tra forze e che si esprime come concetto in un figurativo espressionista senza precedenti, dinamico, voluto, convinto e convincente. I colori sono funzionali allo stato d’animo che l’autore vuole rappresentare nelle sue opere: si apprezza l’essenzialità quasi totale delle unità cromatiche che si avvicendano sulla tela diffondendosi in calibrature delicate, in tratti decisi, in segni di pennello forti e indelebili, simboli dell’incisività dell’umano sentimento. La tecnica pittorica in Michele non è puro strumento, funzionale meramente a realizzare l’opera, scissa da un contesto, quale quello del contenuto dell’opera stessa nella sua totalità, ma, bensì, essa stessa diventa narrazione autonoma e scevra dal richiamo dell’atto manuale della produzione e realizzazione del quadro. La tecnica usata da Michele è tale in quanto tale è il contenuto e lo stile che l’autore stesso vuole concedere all’opera stessa: olio, acrilico si intrecciano, intervallano, sono i pilastri di un’elaborazione che rende le linee e le forme alfabeti interiori e intimi che si rivelano al pubblico, lasciando questo ultimo non libero interprete, ma spettatore di un’espressione dirompente del sentimento e dello stato d’animo, che l’autore ha voluto rappresentare, rendendolo materico, tangibile, da interiore e intimo quale esso è. Michele diventa, cosi, quello che in tanta letteratura artistica espressionista e post romantica divenivano autori e artisti: il ponte di comunicazione e di intermediazione tra l’ideale e il sentimento e la realtà nella sua portata viva e suggestiva. Siamo oltre a un figurativo realista e di questo non vi è accenno nella produzione di Michele: viviamo delle emozioni che promanano da un’immagine che diventa sintesi dei moto d’animo che si possono avvertire nell’azione rappresentata. Molta azione si percepisce avanzare nelle opere di Michele, molta dinamica e un alto tasso di presente eterno, di un atto che non passa ma che rimane indelebilmente immortale. Possiamo parlare di decomposizione della figura umana, di una sua deformazione: non a caso il titolo della collettiva tenutasi presso la Galleria Plaumann di Milano curata da Romina San Giovanni, allestita dal 24 gennaio al 14 febbraio, prendeva riferimento a questo concetto, De-Forma - Oltre i confini del corpo, leggendo le varie decomposizioni e rielaborazioni della figura stessa dell’umano, realizzando un percorso completo nelle rappresentazioni quasi concettuali di un figurativo non classico ma, bensì, denso di sostanza e di sentimento. La produzione di Michele deforma la figura umana per rappresentarne l’interiorità, rendendola cruda nella sua percezione, incastrando il punto di vista dell’osservatore, non offrendogli spazi alternativi di fuga, non essendoci e proponendosi vie di scampo per la propria ottica osservativa, ma immobilizzandolo nel concepire la rappresentazione come momento di vita reale nel suo aspetto intimo e sensazionale. Michele procede nella sua produzione con uno sguardo eclettico, questo lato non manca nella lirica visione poetica della produzione artistica dell’autore, e oltre alla scelta dei colori che, come si accennava, non è casuale, ma vuole essere quasi critica di un pop in una chiave più moderata, più attenta e riflessiva. Possiamo notare complessivamente una chiave rielaborativa del pop in un certo senso più verace nel suo simbolo di interiorità manifesta, di rivelazione del se intimo e impenetrabile dallo sguardo quotidiano disattento e fisso sulla superficialità. Percepiamo, così, esserci dietro alla produzione dell’autore una certa scelta dei materiali che nei collage Michele va a definire e riportare sulla tela, rendendo questa quasi fotografia di sensazioni differenti che provengono dall’utilizzo quotidiano di oggetti di uso comune ed elevandoli ad alfabeti artistico estetici dalla forte valenza evocativa quanto simbolica: in questo frangente notiamo quella valenza quasi neopop artistica fintanto che l’autore utilizza ciò che offre la quotidianità per un fine altro, ulteriore al visibile riportato sulla tela, accedendo, cosi, in quell’inconscia esistenza dell’underground della vita, individuale, intimo ma sublimato in forma d’arte pura e unica, configurando l’autore come artista completo oltre che autonomo e autorevole nella sua poetica e nella sua espressione. Alessandro Rizzo
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