Carlo Fratti ha avuto diverse onorificenze, cosi come riconoscimenti artistici, anche di un certo peso internazionale: nonostante questo rimane un autore non sotto i riflettori della massa e, proprio per questo, originale e autonomo nella composizione estetica e nella sua capacità di esprimerla. Poetica e tecnica, spesso mista, danno l’autorevolezza artistica a Fratti, tanto da vedere con chiarezza la mano e riconoscibile lo stile che rimandano all’autore stesso: le opere di Fratti sono uniche in quanto irripetibili, trasparenti conseguenze di una ricerca interiore e artistica. La produzione di Fratti si esplica in diverse forme, generi, dalla scultura al disegno, arrivando alle incisioni per, poi, giungere alla pittura: in questo percorso e itinerario diverse sono le poetiche e vari i messaggi che l’autore affronta attraverso le sue opere, conducendoci, senza imporsi, in un viaggio che ci porta a riflettere interiormente su valori e principi universali nell’infinita contraddizione della finitudine e limitatezza, imperfezione, che il genere umano presenta e ha sempre presentato. La serie dedicata alle Torri non è altro che un esempio di una narrazione rivolta alla forza evocativa della nostra memoria, alla nostra conoscenza, alle nostre radici, in un impeto simbolico che porta l’autore a ripercorrere la realtà, le forme, le figure, distorcendole, rielaborandole, giocando con le loro linee e proponendo soggetti nuovi, rinnovati, inattesi immersi in panorami astratti e immaginari, quasi mitologici, di certo appartenenti a una cultura antica quanto remota, espressioni visive esplicate con vibrazioni di tonalità e di colori che ne ripropongono l’intensità delle parole scritte nei testi, a cui l’intera produzione ci rimanda. Gli alfabeti che Fratti utilizza sono quelli che conseguono dall’attento adagiare del pennello sulla tela, su uno sfondo che è quasi composto da strati e da stesure che, sedimentate, rendono le atmosfere maggiormente oniriche ed evocative di scene di una letteratura sacra, ma allo stesso tempo, antropologica. Parliamo, ovviamente, della storia riguardante la Torre di Babele, intersecazione tra lingue diverse ed etnie differenti, tutte tese a realizzare la costruzione più alta e sempre più alta per poter, cosi, raggiungere e toccare il cielo, dio stesso, raggiungendolo. Non è solo un peccato di vanità quello che Fratti vuole rappresentare, ma anche una sorta di narrazione dell’esigenza imperitura e sempiterna dell’essere umano di soddisfare la propria conoscenza, di aspirare a un progressivo miglioramento della propria condizione, a scoprire tutto ciò che ancora rimane misterioso, un anelito di liberazione e di bisogno di emancipazione personale, intellettuale quanto esistenziale. La portata poetica, il messaggio, che si arricchisce di simboli e di rivisitazioni di forme e figure, ci porta ad apprezzare in Fratti la tecnica utilizzata che non può essere liquidata come qualcosa di secondario, di superficiale e di mero strumento, attraverso cui realizzare l’opera: la tecnica è lo spartito su cui si alternano immagini e visioni che compongono le opere nella loro interezza sinfonica. La tecnica mista, a volte l’acrilico, molto spesso l’olio, ci porta ad apprezzare quella voluta matericità che l’autore vuole dare alle dimensioni delle figure rappresentate, quasi in rilievo rispetto alla tonalità, molto offuscata, dello sfondo, dando una certa sensazione di dinamismo e di interazione tra le prospettive e le posizioni delle figure stesse.
Apprezziamo, cosi, una certa elaborazione in Fratti, che anticipa il momento della produzione, una ponderazione che porta a definire il solco contenutistico all’interno del quale, poi, procedere nella definizione dell’opera. L’autore non è avulso ma, bensì, ne è ricco, da conoscenze di artisti del passato, rivivendoli e ridefinendoli attraverso una propria ottica e una propria autorevolezza artistica: assaporiamo accenni a un De Chirico, soprattutto nelle atmosfere urbane e paesaggiste de Le Torri in cui metafisiche e surreali visioni ci accompagnano in quadri prospettici atipici, inimmaginabili, alteranti la nostra visione, ma, allo stesso tempo, richiamando la nostra attenzione. Il colore rosso ritorna prevalente nella sua materica composizione nella serie dedicata alla Giustizia, dove si rivelano figure quasi accennate dalla sola dinamica del pennello e delle stesure di colore e di unità cromatiche, che si addensano e determinano imma-gini quasi oniriche, una sintesi tra idealità e amara realtà, tra un anelito di eguale trattamento della dignità umana e una cinica constatazione di una giustizia umana, limitata e fortemente lacunosa, in cui il senso del potere sull’altro prevale in un individualistica rincorsa alla distruzione e all’annientamento del proprio simile, in una spietata sopraffazione sul piu debole. Il rosso è un colore scelto da Fratti non a caso, cosi come tutti i passaggi poetico compositivi ed estetici che l’artista affronta: acquista un’intensità simbolica la scelta cromatica, soprattutto se pensiamo ai diversi e forti significanti che tale colore, basilare, può assumere, dalla passione alla sofferenza, dall’eros alla sacralità di un porporato. Il viso del soggetto diventa centrale, maggiormente visibile del resto del corpo, epicentro espressivo ed espressionista di uno stato d’animo: una prevalenza del viso e dell’espressione facciale, quasi stilizzata, resa essenziale con i tratti di pennello, ci può riportare alla memoria lo studio attento e, allo stesso tempo, frutto di istintuali visioni, di un Francis Bacon. Possiamo intravedere, cosi, in questa serie tutta la carica esistenziale di un simbolismo astratto figurativo che, tramite la deformazione dei soggetti, ci porta a gettare la luce sui personaggi chiave dell’intero impianto narrativo della composizione. Il figurativo astratto concede anche spazio alle visioni oniriche che tanta arte di Dorè, rappresentazioni che, nel momento in cui si contemplano le incisioni di Fratti, non possono non ritornarci alla memoria nella loro delicatezza e nella minuziosa attenzione per i particolari. Le rappresentazioni di Fratti ci riportano, cosi, verso ambientazioni quasi gotiche, tutte dal sapore antico, leggere nei tratti, delicate nelle forme e, allo stesso tempo, coinvolgenti la nostra visione. I disegni, non possono mancare nella completezza della formazione e del percorso artistico dell’autore, ci rivelano studi che acquistano una loro autonomia rispetto alla serie pittorica, completa: si adagia la matita sui tratti anatomici di un figurativo che, pur avvallando la tesi dell’astrattismo nella definizione poetica compositiva dell’artista, ci rende apprezzabile i fasci che descrivono i fisici nella loro portanza scultorea quanto scolpita, definita, delineata. non possiamo non approfondire la scultura di Fratti, parti di fisici che si innestano in una corporeità delicata nelle forme e marmorea nell’effetto che si propone, lucida nella luminosità forte e incisiva nella cromaticità materica: l’infinito universale viene liberato nel momento in cui interpretiamo l’astrattezza tangibile della plastica composizione, figure impersonali che si definiscono e si inverano attraverso il sapiente utilizzo della manualità, che scalfisce le linee dell’immagine, idealizzata e resa, poi, reale. Alessandro Rizzo
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Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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