Siamo, e lo si apprende, in pieno sviluppo di una ricerca che porta a esplorare nuovi panorami descrittivi, compositivi, sia dal punto di vista della tecnica seguita, un uso eterogeneo dell’obiettivo, dei tempi di esposizione, della saturazione, dei contrasti tra i soggetti immortalati, della luminosità e della esposizione alla luce, sia dal punto di vista del contenuto, il soggetto, e, infine, estetici: Paola Gatti si inserisce nella sua giovane produzione all’interno di questo spazio temporale, fervente momento in cui l’ispirazione trova sempre, inventando nel senso letterale del termine, nuove dimensioni da approfondire e da proporre. Rileggendo e scorrendo il portafolio di Paola notiamo diversi stili e diverse idee intrecciarsi, creando suggestive visioni dall’intensità varia, adottando modalità di ripresa e di scatto diverse, a volte, come in Rear Windows, con una saturazione inferiore e una luminosità meno intensa, tale da donarci quell’effetto di opacità, qui anche l’uso dinamico dei contrasti, le linee di contorno delle figure sono confuse e si confondono; a volte, come in Playing, rassegna di primi piani di giocattoli, icone diventate patrimonio della nostra infanzia, personaggi di fantasia che si presentano in un’intensità unica di colori e di vibrazioni cromatiche, tinte che diventano quasi visioni pittoriche, con contorni definiti dei profili, sfumature sullo sfondo, dando centralità alla figura o a parti della medesima. Si può dire che Paola non sia un’artista ancora categorizzabile, non abbia un appartenenza definita a livello culturale artistico, e forse questo la rende interessante per un certo dinamismo ideale e soggettivo che va a interpretare attraverso il suo scatto. La sua poetica si alimenta di tradizioni culturali passate variegate ma, allo stesso tempo, le supera e le reinventa, proponendo scenari fotografici di un’intensità quasi pittorica. In tutto questo la sua fotografia diventa espressione autonoma di un suo proprio percorso, autonomo quanto indipendente, tale da donarci visioni e ottiche di ripresa del reale, e di rielaborazione del medesimo, nuove e rinnovate, mai scontate, mai attese, mai prefigurabili ma, bensì, sempre dinamiche e sorprendenti. Interpretare la fotografia di Paola Gatti risulta, quindi, operazione complessa, nel senso di arte che ha diverse strutture tecniche, estetiche e soggettive nella propria definizione.
Utilizzo il termine interpretare perché la sua fotografia non è pura ripresa del reale, pura documentazione, reportage fine a se stesso, anche di denuncia, artisticamente poco rilevante, ma, bensì, arte visiva dalla poliedrica natura e caratteristica, passando per la dimensione pittorica, procedendo verso la visione macrofotografica attraverso l’attenzione rivolta al soggetto o a parti di esso, fino a giungere all’apprezzamento dei dettagli architettonici, giocando con forme e strutture, aprendo panorami che vivono del reale per, poi, come in un’accezione iperrealista, procedere oltre il reale stesso. Possiamo, così, immergerci nel frutto di un utilizzo differenziato della macchina fotografica e dell’obiettivo, chiara la poca rilevanza data alla fase della post produzione, molto gioco sui contrasti luminosi e chiaroscurali, passando da opere con diverse gamme di sfumature cromatiche a quelle con una minore presenza di colori, semplici e dirette nel loro impatto visivo. I contrasti, la saturazione, la luminosità variano in base ai soggetti che Paola vuole andare a definire a all’idea, qui l’aspetto non meramente realista ma con una dose di concettualismo, che vuole comunicare o che, l’autrice non invade seppure sia presente il campo visivo e l’ottica dello spettatore, vuole rappresentare, significare attraverso il significante estetico che diventa, tramite la fotografia, significato. In questo panorama compositivo vediamo una serie di opere fotografiche che adottano l’inquadratura sfuocata dello sfondo per dare un maggiore dettaglio di rilevanza descrittiva al soggetto in primo piano, spesso elementi della natura; altre volte forme geometriche architettoniche, tali da donarci dimensioni quasi oniriche, fantastiche, possiamo dire appartenenti ad ambientazioni non localizzabili, non deducibili, non riconoscibili, attribuendo alla stessa opera una di tensione infinita, atemporale e aspaziale. In questo si trova il fascino di certo paesaggismo che riprende scene di vita quotidiana, ombre e luci dell’interiorità umana, dell’emozione del soggetto ripreso. Il passaggio e l’ambiente urbano sono essi stessi simboli, quindi di alta portata metaforica, di sensazioni interiori illimitate quanto illimitabili: significanti estetico artistici di alfabeti visionari fortemente credibili, in quanto partono da oggettivi elementi. Una narrazione di narrazioni è la produzione fotografica di Paola, un insieme di soggetti e di paesaggi, reali, completi nella loro dimensione, quasi quadri di un certo Romanticismo lombardo, che si avvicendano “on the road”, comuni, ma che portano con se, e l’obiettivo riesce a scandagliare tutto questo, la dimensione poetica e lirica dell’oggetto comune, elevandola a oggetto dalla forte vibrazione estetica. Alessandro Rizzo
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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