Riproponiamo una collettiva di autrici e autori coreani, Art made from Corea presso lo Spazio Emmaus di Milano dal 6 novembre, organizzata da Orange Bridge, e immersi in quella tradizione orientale di certa arte dal sapore evocativo e allegorico per approdare, forti di contaminazioni artistico stilistiche e poetiche differenti, in visioni tipiche di espressionismo occidentale, di figurativo realistico dalla capacità descrittiva e sperimentale di alto contenuto. Addentriamoci in tecniche varie e diversificate tali da apportarci verso dimensioni artistiche poliedriche, caleidoscopiche interpretazioni di vissuti esistenziali e sensazioni interiori che si inverano nella sapienza compositiva e ideale. Il caleidoscopio visivo difronte a cui ci poniamo ci apporta verso scenari, scenografie e prospettive dal sapore infinito, senza una collocazione spazio temporale, quindi universali e infiniti, ponte tangibile di comunione e di confronto e dialogo, contaminazione narrativa, estetica e compositiva di stili e culture differenti. Si legge, così, una certa forza visionaria di scenari quasi onirici e metareali, fiabeschi e favolosi, di tanta arte orientale per, poi, raggiungere capacità descrittive, analitiche ed essenziali, a volte, più narrative e composite, altre, di certo figurativismo, surrealismo, iperrealismo di tradizione occidentale. Si propongono, così, alfabeti stilistici ed estetici mai esplorati e mai affrontati, tali da garantirci quella prospettiva interiore e intima, fonte di emozioni e di sensazioni senza limite, promananti da un’arte e da una poetica dinamica e comprendente percorsi formativi e di riflessione poetica variegati, presupposti di sperimentazioni e di evoluzioni tecniche, diverse sono le tecniche affrontate, di contenuti e di composizioni.
Possiamo notare, cosi, una descrizione minimale nella produzione artistica di Tae-min Park, in cui il disegno ci addentra in un figurativo molto interiore, intimo, tale da donarci attraverso la sapienza dell’utilizzo della penna o della matita sensazioni nuove che si generano e si autogenerano nella semplice contemplazione di un movimento, che ci conduce verso panorami ulteriori alla dimensione fisica. In Hyo-sun Kim notiamo una capacità raffigurativa che ci coglie e ci porta a formulare quesiti sulla relazione tra animali e l’umano essere oggi, quando i primi si trovano minacciati dai secondi, causa inquinamento, causa ingordigia dell’essere umano. Il figurativo lascia spazio a una dimensione totale di primi piani di animali che gridano la loro esistenza, in una tela che vede nitide pennellate descrivere linee e forme di animali, donandoci una visione iperreale, dettagli e particolari molto ben definiti e calibrati, capacità artistica dell’autore. Si ritorna a celebrare certe opere, disegni, di un’arte orientale antica, tale da delinearsi attraverso un puro paesaggismo raffigurativo nella rappresentazione di Eun-ju kim. L’ambiente ripreso in una dimensione quasi atemporale e aspaziale ci dona quel senso di pace e di rigenerazione interiore che l’autore ha provato da sempre, quando passava del tempo presso il tempio Kil Sang Sa, suo luogo personale, viva narrazione di stati d’animo vissuti personalmente ma trasmessi al pubblico attraverso l’utilizzo magistrale dell’arte visiva. Esiste una certa evoluzione nel percorso artistico di Seung-ho Jung tale da abbracciare una contaminazione di stili e di poetiche narrative che provengono dalla tradizione orientale, colori tenui e armoniosi, e da quella occidentale, un espressionismo astratto, concettuale, dimensione che ci porta a scandagliare attraverso la pittura a olio, attenta e dinamica, lo spirito compositivo dell’autore, espressione evocativa di un significato attraverso il significante, visibile perché fatto di linee e forme. Labirinto di linee e tendenze cromatiche si assaporano nell’opera di Ji-sun Hyun che, attraverso un astrattismo concettuale, ci pone difronte a un problema che attanaglia la nostra contemporaneità e società: l’incomunicabilità e la difficoltà che si riscontra nelle relazioni interpersonali, ognuno vivente nel proprio io, solitario e isolato. L’incomprensione viene allegoricamente rappresentata in una serie di quadrati divisi gli uni dagli altri: espressione abbastanza eloquente di un’arte che vuole narrare della nostra incapacità comunicativa. Le due opere in Se-bin An completano un concetto, reali nella base e nei soggetti trattati, in una visione metaforica e allegorica i messaggi che da essi si definisce e delinea. La serratura è per il nostro autore l’ignoto, il futuro imperscrutabile che, una volta trovata la chiave e aperta la stessa, si riesce a vedere qualcosa di nuovo, mai visto, un paradiso prospettico bucolico, dove il fiore ha la sua dimensione universale. Il surrealismo si nutre di una tecnica particolare quanto semplice, una capacità di saper trasporre sulla tela un desiderio e un sogno, alimentando quell’aurea di rifugio onirico, dove fantasia e realtà si uniscono creando sintesi narrativo visive nuove e rinnovate.
Alessandro Rizzo
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