Psychodream Review Rubrica diretta da Francesco Panizzo
Questo evento è stato reso possibile grazie alle competenti figure di Ubaldo Fadini, Viviana Vacca (via skype da Oristano), Fabio Treppiedi, Francesco Panizzo, con il supporto video di Fernando Dimichele che ha proiettato il video: Cos’è il Teatro?! - Introduzione - Prima lezione, sugli insegnamenti che Carmelo Bene ha tenuto nel 1990 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. A fine di tutti gli interventi, ha chiuso l’incontro la partecipazione performativa di Martina Lo Conte; la conferenza è stata ideata da EdiPsy Editrice, (dell’Associazione EdiPsy Events) la casa editrice che pubblica libri inerenti la ricerca e le innovazioni nel campo dell’arte e della filosofia e che si cimenta nell’ideazione di eventi inerenti il mondo delle arti performative e della ricerca.
La sperimentazione, a volte, si fa con gli strumenti che si hanno a portata di mano. Viviana Vacca resta in Sardegna per volo cancellato la mattina stessa dell’evento e non può presenziare a Firenze, così, visto il libro che presenta in onore alla commemorazione del decennale dalla dipartita di Bene, E gli occhi hanno visto la vista, può solo ascoltare e non vedere la conferenza. Ma se son limiti questi, è già una provvidenza, così dice l’ingegno.. Così si è svolta presso il Caffè Letterario Le Murate, una conferenza sperimentale completamente autoprodotta e coordinata da una equipe autorevole e audace. L’occasione la fa il genio salentino Carmelo Bene: è la commemorazione del decennale dalla scomparsa. La città che lo commemora l’8 novembre, è quella dove Bene si sposò la prima volta e dove scoprì James Joyce, una città piuttosto complessa e difficile da sensibilizzare, paradossalmente, attraverso alcune proposte culturali: Firenze.
Non questa volta, però. Dopo l’incontro fra l’audace proposta di EdiPsy Events e l’autorevole risposta dell’illustre docente di Estetica ed esperto deleuziano, Ubaldo Fadini che ha interpretato benissimo la coordinazione della conferenza. Non ultima per coincidenze, la location: |
il Caffè Letterario Le Murate, scelto dall’Associaziozione Quinto Alto, che da più di vent’anni si occupa di organizzare eventi nell’aulica città.
Un locale piuttosto rinomato che accresce esponenzialmente la sua visibilità ma che non si limita a celebrare le autorità locali e per questo offre ai propri clienti, situazioni a volte elitarie nel cuore di Firenze. Ricordare il luogo dove questa conferenza commemorativa si è svolta non è fatto secondario: non dimentichiamo la storia di questo complesso, che fu dapprima un convento (dal 1424) e poi un carcere (dal 1845). |
Ebbene, qui, non si è commemorato solo un genio e la sua oltre-umana personalità, soprattutto si è valutato il suo lavoro e l’opera che può averci lasciata in dono, alla luce di un resoconto che, in dieci anni di analisi post mortem, certo non ci ha limitati nella stesura di due opere letterarie in suo onore: E gli occhi hanno visto la vista, di Viviana Vacca e Quel me smedesimo, di Francesco Panizzo. Due opere che hanno fatto del ringraziamento al maestro, prerogativa per nuove prospettive pratiche e teoriche sul suo fare teatro. Fino a poco tempo fa, in effetti, nessuno avrebbe potuto cercare di avvicinarsi al suo lavoro senza rendersi conto di non potersi muovere agilmente fra le spesse trame della sua opera, in termini di eredità, di continuità e ripercorribilità di linguaggio teatrale. Carmelo Bene, già dai suoi primi lavori eliminò la figura del regista, esplicita dimostrazione di come egli fosse autonomo nel creare la propria estetica. |
Una traiettoria tesa a fare dello stesso Bene un’opera d’arte e questo, in fronte al fatto che il genio non promosse mai l’autorialità dell’opera d’arte, ne tanto meno l’opera d’arte in sé, ma semmai il fatto che il soggetto si debba assumere l’onere di fare opera d’arte di sé. II riferimento a quanto compreso nei contenuti dell’evento, il complesso delle Murate, è calzato a pennello per farci capire che l’opera di Carmelo ha connotati linguistici che non possono esulare dallo stimolare nuove possibilità, vocalità chiuse dalla ignoranza e dalla miscredenza dei molti; che la sua opera apre a nuove interfacce architettoniche della linguistica, nuovi approcci a vie teatrali possibili. Le Murate, infatti, in quanto ex carcere, “luogo da cui non si vedeva” (il contrario del significato etimologico della parola teatro-théatron), è divenuto, anche grazie a questo tipo di offerta culturale, un luogo da cui si è visto qualcosa: se non della vita in nuce, almeno uno strascico di ricordo creativo del lascito del sublime lavoro di Carmelo Bene.
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Francesco Panizzo
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