Trickster Rubrica diretta da Alessandro Rizzo
La fotografia materica
di un reale ideale: Nino Migliori
Nino Migliori è un fotografo strano, magari stravagante, estroverso e irrompente. Viene definito così per il suo neorealismo che esula dalla dimensione costante pittorica per arrivare a una comprensione più lirica e poetica. Ed è proprio il quotidiano che si esprime con tutta la propria evidenza in una visione che destruttura e ricalibra la narrazione di un quotidiano che vive della struttura di un reportage, uscendo dalle stecche sterili della semplice ripresa del reale.
L’amatorialità garantisce uno stile protratto a dare e rendere testimonianza di una contemporaneità che diventa memoria per i posteri, un presente strutturale e descrittivo per i presenti, un futuro ipotetico e possibile per coloro che hanno segnato la storia della letteratura fotografica. La vita nella sua accezione più comune e generale si identifica con una naturalezza quasi a manifestare lo trascorrere del tempo e dei legami che vengono immortalati con forza e consapevolezza da un obiettivo attento a ritrarre volti e geometrie di un’Italia post bellica, ricca di speranze e di attese, piena di vigore e di volontà di riscatto.
Non c'è impatto didascalico né tanto meno retorico nella produzione di Nino Migliori: ed è questa caratteristica che dona all'artista una forza e un panorama tutto volto a studiare con attenzione e puntualità un'idea complessiva di espressione figurativa, andando anche oltre al segno tangibile e finito che porterebbe a una semplificazione delle dinamiche umane. Il pathos intrinseco e la tensione tutta emotiva delle relazioni portano a configurare la trasmissione di una commozione e di una passione, vivida e dirompente.
L’evento umano in un Paese che sta andando verso un'immagine industriale della società, da agraria qual era, si posiziona come soggetto unico e portante di un racconto fatto di immagini e fotogrammi. La società che Nino Migliori va a catturare con l'obiettivo è quella dove ancora è vivo il ricordo della guerra, di una distruzione morale e fisica di un’intera generazione, pronta, però, a riscattarsi per superare sé stessa e garantire quella coesione sociale di progresso etico, oltre che civile.
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Questa tensione si trova nei volti che vengono descritti senza scadere nel patetismo o nello scontato. L’espressività che traspare dalle persone viste e descritte è quella che proviene da una capacità selettiva che porta a scoprire, quasi sperimentandoli, nuovi linguaggi, sia estetici sia compositivi e sostanziali. I messaggi vengono, così, definiti con quella dirompenza utile e funzionale a dare nuovi canali interpretativi del reale, quasi assaporando quelle intuizioni che si esplicano e promanano dalla naturalezza con cui si propongono nella loro dimensione. Nascono i “Muri”, i lavori “off camera” fino ad arrivare agli stratagemmi compositivi utili a dare una carica estetica in più all'opera nella sua portata generale e particolare. Vengono usate luci di fiammiferi per donare ai negativi un’impressione maggiore, i pirogrammi, mentre si utilizzano liquidi di fissaggio e di sviluppo per disegnare sulla carta fotografica.
La produzione di Nino Migliori è imperniata su una ricerca protesa a risaltare quel dialogo e quella contrapposizione tra stili diversi ed eclettici tanto da portare all'autore una dimensione di autonomia artistica e compositiva. Le sue sperimentazioni sono anelli di un dialogo continuo e vivace: una visione pluridimensionale della realtà, che si scinde per, poi, ricomporsi in un disegno fortemente sincero e coerente dalle visioni che compongono il nostro quotidiano. Nino Migliori incomincia a fotografare alla fine degli anni 40, nella sua città, Bologna, dove si intersecano visioni di differenti percorsi esplorativi delle dimensioni fisiche in cui si inseriscono soggetti e luoghi, compenetranti e compenetrabili, vedendo affiorare quelle installazioni di avanguardia e di rottura che portano e comportano un'indagine fotografica molto attenta e fortemente peculiare.
La produzione di Nino Migliori è imperniata su una ricerca protesa a risaltare quel dialogo e quella contrapposizione tra stili diversi ed eclettici tanto da portare all'autore una dimensione di autonomia artistica e compositiva. Le sue sperimentazioni sono anelli di un dialogo continuo e vivace: una visione pluridimensionale della realtà, che si scinde per, poi, ricomporsi in un disegno fortemente sincero e coerente dalle visioni che compongono il nostro quotidiano. Nino Migliori incomincia a fotografare alla fine degli anni 40, nella sua città, Bologna, dove si intersecano visioni di differenti percorsi esplorativi delle dimensioni fisiche in cui si inseriscono soggetti e luoghi, compenetranti e compenetrabili, vedendo affiorare quelle installazioni di avanguardia e di rottura che portano e comportano un'indagine fotografica molto attenta e fortemente peculiare.
La precisione è il segreto attraverso il quale l’obiettivo fermo e deciso di Nino Migliori riesce a intrappolare quell'anima che si esprime e riesce a dare una visione suggestiva dell'interiorità del soggetto, quasi calibrandolo su un ambiente circostante che diventa con essa parte integrante, strutturale e strutturata, ma non ingabbiata, né invasiva.
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Ogni oggetto ed elemento vitale diventa espressione artistica di una tela che non è statica ma appare dinamica, delineando visioni tali vanno oltre al confine percepibile, ai confini tangibili.
Osservando le opere di Nino Migliori si evidenziano percorsi che conducono nella libertà di interpretazione individuale all’apprezzamento e alla comprensione dell'intera produzione artistica, quasi in un filo narrativo filologico e temporale.
Osservando le opere di Nino Migliori si evidenziano percorsi che conducono nella libertà di interpretazione individuale all’apprezzamento e alla comprensione dell'intera produzione artistica, quasi in un filo narrativo filologico e temporale.
I muri vengono, così, proposti sottoforma di “diari pubblici”, definisce Nino Migliori, e la sua capacità risulta evidente nel sapere artisticamente passare dal bianco e il nero a giochi creativi di alta qualità dando, così, vita a delle opere che si esplicano nei negativi bruciati, nelle polaroid incise, nelle installazioni di grande dimensione e di complessità strutturale senza precedenti. La sua arte vede negli scatti l'estremizzazione di ogni punto di vista, oltrepassando quei preconcetti e quei pregiudizi che ti portano a intrappolarti in una sterile e scontata ottica del reale.
Migliori riesce a rivisitare la realtà e a delineare quello che viene considerata “la materia dei sogni”. |
C’è qualcosa di onirico che si assapora nelle opere di Migliori: i volti dei bambini, degli anziani, di uomini e di donne dell’Italia del dopoguerra vengono immortalati nella loro dimensione ideale che proietta verso un futuro di riscatto civile e sociale. In Migliori si legge molto dell’eredità di un Cartier-Bresson: si percepisce un lato materico della sua produzione, una visione concreta e spaziale che pone al centro il particolare per elevarlo a forma generale e universale. Sono le “segnificazioni” dei muri, diventando il descrittivo come un tutto comprendente e comprensivo.
Ed è in questa lettura che possiamo attribuire a Nino Migliori la caratura di artista formato, quasi capostipite di una nuova generazione di fotografi, che hanno segnato pagine e pagine della letteratura artistica del Novecento.
Ed è in questa lettura che possiamo attribuire a Nino Migliori la caratura di artista formato, quasi capostipite di una nuova generazione di fotografi, che hanno segnato pagine e pagine della letteratura artistica del Novecento.
Alessandro Rizzo
Alcune foto di Nino Migliori
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