Iacopo Raugei ha un incommensurabile pregio: quello di aver trasposto nella pittura, nell’arte figurativa, l’esigenza storica che lo scienziato percorre attraverso la sua attività, che è percorso di conoscenza. Iacopo è un artista autodidatta, ma è riuscito a scavarsi uno spazio, sempre più percepibile e immenso, di autonomia poetica e compositiva, tale da configurarlo come autore completo, consapevole, forse, possiamo dire nel turbinio nichilista post moderno, fin troppo. È nella sua consapevolezza, soprattutto, del fine e dell’obiettivo che si prefigura di raggiungere, l’impeto lirico della narrazione della sua produzione, che si esplica attraverso il messaggio, significante possiamo considerare, aspetto estetico che diventa contenuto e che ci apporta una sensazione di smarrimento e di inconscia assenza di punto di riferimento.
Nella produzione di Raugei vediamo, spesso, il contesto della tela, l’ambientazione, quasi appartenere a paesaggi onirici e visionari, sembra ritornare con forza e determinazione certa pittura gotica, misteriosi quanto pieni di simboli, alfabeti di un inconscio e di un’interiorità complessa e tumultuosa, assetata, appunto, di conoscenza e, indirettamente, di liberazione, emancipazione. Il tratto dello scienziato, quale esperienza di vita di Iacopo, è presente, indiscutibilmente, negli accenni e nei riferimenti, che continuano a imperversare in gran parte delle sue opere, a strumenti di laboratorio, di ricerca, di studio, di analisi: la produzione integrale di Iacopo non porta a risposte certe, non ha questa presunzione, è un autore mite e modesto che pone lui stesso come interrogante, dubbioso su quale itinerario intraprendere: itinerario intriso di quesiti e di domande che parlano dei destini dell’ esistenza, umana quanto universale.
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Le metafore percorrono il lungo viaggio in cui Iacopo ci inoltra, attraverso scelte tecniche che diventano sostanze artistiche, quasi composizioni eterogenee, l’artista dispone sulla tela, seppure soffra della finitudine del quadro stesso, la sua narrativa esigerebbe un infinito spazio, oggetti vari che, ricondotti, potrebbero svelarci messaggi unici quanto imponenti, fondamentali per la nostra esistenza. |
L’uomo è uno dei protagonisti principali del lungo itinerario artistico di Iacopo, perché è su di lui che si proietta quel peso insormontabile di voler svelare il mistero: è l’organizzazione stessa della disposizione degli oggetti sulla tela, quasi fosse un puzzle, o meglio un rebus inestricabile e, quindi, molto imperscrutabile, a creare una sorta di mosaico ricco di elementi che ci suggeriscono qualcosa, non sono casuali ma causali, funzionali al percorso, appunto, di conoscenza.
Le tinte, ed è qui una fonte quasi caravaggesca che Iacopo sa utilizzare autonomamente e non didascalicamente, l’autore ci stupisce e non lascia mai nulla alla banalità e alla scontatezza, sono tali da aprire ampie angolazioni chiaroscurali, tanto da attribuire all’ombra, simbolicamente rappresentativa dell’offuscamento e dell’impotenza della nostra ragione, la carica metaforica di incapacità di discernere la soluzione al dramma interiore, che è dramma dell’autore, che è anche dramma di tutti, seppure vissuto, sovente, non come accade per l’autore, in modo non consapevole, e da attribuire, invece, a una certa illuminazione quel barlume di speranza di riscatto, disegnata, è qui la maestria dell’autore nell’uso del tratto, attraverso contorni che individuano l’intervallarsi di nero e bianco, con le varie sfumature che intercorrono.
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Si percepisce, così, nelle opere di Raugei il punto di vista, quasi voce narrante, seppure non invasivo e non pervadente, dell’autore: esiste un certo dinamismo nella sua arte, rilevandosi soprattutto in quella capacità di immortalare e riprendere la figura umana nel momento in cui compie un’azione. Esiste una certa coerenza nella poetica di Raugei e la si riscontra nella sua capacità di dare una visione completa e consequenziale sull’esistenza e sull’Universo. Tra
simbolismo dove si delineano quegli oggetti non ben definiti ma che si
percepiscono attraverso una loro presenza, quasi messaggio mistico che ci porta
a tuffarci in un viaggio interiore che ci interroga, magari senza soluzione,
sul motivo dell’esistenza e del destino dell’umanità; tra una pratica tecnica
che ci riconduce al collage, dove gli elementi sono stesi, come se provenissero
da un luogo lontano e remoto, una radice quasi “alchemica” descrivono molti
critici, in modo sparso e quasi pervadente, tanto da costruire una frase che
vada a dare suggerimento a quel processo che ci porta verso la conoscenza, a
cui l’autore tende come ogni essere umano, perché liberatoria condizione di un’
evoluzione: in questo spazio si va a collocare l’arte di Raugei che ci conduce
nel mistero più profondo di paesaggi metafisici e mistici che si avvalgono di
oggetti reali e tangibili, seppure proposti sotto ombre e contorni non
definiti, ma che ci trasportano verso paesaggi misteriosi ricchi di suggestione
e di visionarietà.
Alessandro Rizzo
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