Apparizioni rubrica diretta da Francesco Panizzo
Sebbene abbia da sempre diviso il mondo intellettuale riguardo a presunti danni o benefici, questa pratica, negli ultimi anni sembra voler in parte uscire dal suo status di enterteinement ed entrare in punta di piedi in quello di espressione audiovisuale con ambizioni artistiche. L’esperimento eseguito personalmente con Bioshock lo conferma.
Il videogioco creato dalla 2K con la superivsione di Ken Levine (cofondatore tra le altre cose di Irrational Games) è di tipo FPS, ovvero in prima persona soggettiva (First person shooter). In ambito specializzato è chiamato anche Doom Like, dal celebre gioco degli 90 che prevedeva questo particolare punto di vista e che poi è diventato modello per decine di videogiochi. (anche se è bene ricordare però che non è stato il primo videogame ad aver implementato questa visuale). L’obiettivo dell’esperimento era proprio quello di dimostrare che l’esperienza del videogioco esce con alcune piattaforme, completamente dall’ambito del puro intrattenimento per avventurarsi invece nell’immersione del giocatore, che era ed è tutt’oggi uno dei principali obiettivi dell’arte cinematografica. Il gioco inizia infatti con delle analogie estetiche della settima arte. Una voce off inserisce il giocatore in una sceneggiatura che trova ben presto il suo momento scatenante. “Io sono Jack, il protagonista”. 1960 su un aereo, volando sull’Atlantico Jack racconta il suo viaggio verso l’Inghilterra. Ascoltando le sue parole ci introduciamo piano piano nella sua vita. Secondo i genitori il suo avvenire è tracciato già da indiscussi disegni. Fuma, per calmare un po’ i nervi, si capisce che queste aspettative non gli piacciono molto. Ma non c’è molto tempo per pensare, l’aereo precipita in mezzo all’oceano. Dissolvenza in nero. Jack è immerso. Delle clip veloci che si dissolvono in nero, simulano la scarsa lucidità visiva del protagonista che sta riemergendo con fatica. Si sentono i suoi gemiti di sofferenza. A stento riesce a non affogare. Ed ecco che finalmente ce la fa ad arrivare a galla.
Ora tutto si trasforma in prima persona. É il controllore che si muove, e siamo proprio noi, possiamo avanzare, retrocedere, guardare in alto, in basso, destra o sinistra. Frammenti di fuliggine passano davanti ai nostri occhi, piccole gocce d’acqua sembrano essersi scontrate con la nostra retina che ha le chiare sembianze materiali di un obiettivo di una cinepresa.
Il videogioco creato dalla 2K con la superivsione di Ken Levine (cofondatore tra le altre cose di Irrational Games) è di tipo FPS, ovvero in prima persona soggettiva (First person shooter). In ambito specializzato è chiamato anche Doom Like, dal celebre gioco degli 90 che prevedeva questo particolare punto di vista e che poi è diventato modello per decine di videogiochi. (anche se è bene ricordare però che non è stato il primo videogame ad aver implementato questa visuale). L’obiettivo dell’esperimento era proprio quello di dimostrare che l’esperienza del videogioco esce con alcune piattaforme, completamente dall’ambito del puro intrattenimento per avventurarsi invece nell’immersione del giocatore, che era ed è tutt’oggi uno dei principali obiettivi dell’arte cinematografica. Il gioco inizia infatti con delle analogie estetiche della settima arte. Una voce off inserisce il giocatore in una sceneggiatura che trova ben presto il suo momento scatenante. “Io sono Jack, il protagonista”. 1960 su un aereo, volando sull’Atlantico Jack racconta il suo viaggio verso l’Inghilterra. Ascoltando le sue parole ci introduciamo piano piano nella sua vita. Secondo i genitori il suo avvenire è tracciato già da indiscussi disegni. Fuma, per calmare un po’ i nervi, si capisce che queste aspettative non gli piacciono molto. Ma non c’è molto tempo per pensare, l’aereo precipita in mezzo all’oceano. Dissolvenza in nero. Jack è immerso. Delle clip veloci che si dissolvono in nero, simulano la scarsa lucidità visiva del protagonista che sta riemergendo con fatica. Si sentono i suoi gemiti di sofferenza. A stento riesce a non affogare. Ed ecco che finalmente ce la fa ad arrivare a galla.
Ora tutto si trasforma in prima persona. É il controllore che si muove, e siamo proprio noi, possiamo avanzare, retrocedere, guardare in alto, in basso, destra o sinistra. Frammenti di fuliggine passano davanti ai nostri occhi, piccole gocce d’acqua sembrano essersi scontrate con la nostra retina che ha le chiare sembianze materiali di un obiettivo di una cinepresa.
Tutte queste impressioni non sono la vera innovazione di Bioshock, in quanto come già detto, il percorso di questa tipologia di videogame ha ormai lungo corso, ma vorremmo in questo breve saggio, soffermarci su quei dettagli, e su quelle referenze che rimandano ad altri regni linguistici che Bioshock elenca nel suo scenario.
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Sin dalla primissima parte narrativa, vediamo un’atmosfera noir, il fumo di una sigaretta, una voce off, una fotografia in bianco e nero, un’inquadratura soggettiva. É evidente qui, il saccheggio alla settima arte.
Salendo gli scalini però vediamo meglio l’architettura di questo edificio gigantesco, è Art Deco allo stato puro, che ricorda l’Empire State Bulding, ma anche, se vogliamo la Gotham City di Batman. Appena superata la porta, si
viene chiusi all’interno senza possibilità di riuscire. Di fronte e a
noi la statua del governatore di questo strano luogo, Ryan, sorregge una
bandiera, la quale recita “No Gods or Kings. Only Men” É un messaggio
utopistico che ci proietta verso il sogno di Ryan, un personaggio che ha
sicuramente molto in comune con Citizen Kane..
Proseguendo verso alcuni percorsi obbligati entriamo in una navicella la quale ci accompagna verso un mondo sommerso Rapture. Non è un segreto il fatto che per l’ideazione della città i creatori si siano ispirati a Metropolis di Fritz Lang, sia nelle architettura, sia nella disposizione urbanistica, che anche nella regia, nell’inquadratura tipo della presentazione della città.
Nella presentazione di Andrew Ryan, una serie di diapositive spiegano al naufrago il concept della costruzione della città sotterranea di Rapture. I concetti classici di capitalismo, cattolicesimo e comunismo, diventano oggetto per il discorso propagandistico di Ryan. Probabilmente una macchina turistica inventata dal capo della città prima della guerra civile che ci appresteremo a constatare. “Sono Andrew Ryan e sono qui per porvi una domanda: un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? No, dice l’uomo di Washington, appartiene ai poveri, No, dice l’uomo in Vaticano, appartiene a Dio, No dice l’uomo di Mosca, appartiene a tutti. Io rifiuto queste risposte. Piuttosto scelgo qualcosa di diverso, scelgo l’impossibile. Una città in cui un artista non debba temere la censura, dove lo scienziato non sia limitato da ridicoli moralismi, dove il grande non venga confinato dal piccolo. E col sudore della vostra fronte, Rapture, può diventare anche la vostra città”. Potremmo identificare queste idee, vicine alle teorie filosofiche di Ayn Rand (stesse iniziali di Andrew Ryan) che fu una scrittrice russo-statunitense nata i primi anni del secolo e che scrisse tra le sue molte opere romanzi di stampo oggettivista. Atlas Shrugged (1957), - che è stato tradotto in Italia col titolo di La rivolta di Atlante - è il romanzo di Ayn Rand alle cui idee si ispira di più Bioshock. Il mondo di Rapture, come si vedrà poi infatti durante il gioco, è un posto nel quale un’utopia politica oggettivista risulta poi un fallimento, culminando in rivoluzione e trasformandosi di fatto in una Dystopia, ovvero un mondo anti-ideale. Altro romanzo di spunto per immaginare la realtà di Rapture è sicuramente 1984 di George Orwell. Il mondo apocalittico ideato è un mondo al quale si vuole affidare un eroe che lo riporti in linea col passato. In questa città sommersa lo scopo è quello di sconfiggere alcuni mostri mutanti, che ricordano quelli visti in Blade Runner e Atto di forza con dei leggeri accenni al genere zombie e che, per sopravvivere, hanno bisogno di una sostanza chiamata Adam. Anche Jack, dopo aver scoperto i benefici che l’Adam attribuisce al suo corpo, è interessato a reperire le preziose pozioni che gli permettono di sopravvivere a Rapture.
Le sorelline, sono i personaggi che più di altri contraddistinguono la sceneggiatura di Bioshock giocato (per ragioni di tempo e spazio non potremo soffermarci alla trama di Bioshock, che merita sicuramente altra considerazione).
Infatti, queste piccole creature, un tempo normali bambini, sono diventate oggi delle strane mostriciattole che vagano Rapture alla ricerca di Adam. Quando ci avviciniamo ad una di queste creaturine abbiamo due scelte, o sal- varle dal loro status di mostro, oppure prosciugare la loro quantità di Adam, estraendo loro una lumaca di mare che si trova nel loro corpo (inserita come radar per l’Adam). Ma proprio per avvalorare la nostra tesi, il videogioco si sdop- pia nella sceneggiatura. A seconda di ciò che si sceglie di fare con la prima sorellina, avremo una oppure un’altra delle due conclusioni sceneggiatoriali.
Infatti, queste piccole creature, un tempo normali bambini, sono diventate oggi delle strane mostriciattole che vagano Rapture alla ricerca di Adam. Quando ci avviciniamo ad una di queste creaturine abbiamo due scelte, o sal- varle dal loro status di mostro, oppure prosciugare la loro quantità di Adam, estraendo loro una lumaca di mare che si trova nel loro corpo (inserita come radar per l’Adam). Ma proprio per avvalorare la nostra tesi, il videogioco si sdop- pia nella sceneggiatura. A seconda di ciò che si sceglie di fare con la prima sorellina, avremo una oppure un’altra delle due conclusioni sceneggiatoriali.
Il fatto di darci la possibilità di scegliere come finire il nostro script, non solo è innovativo (anche in questo caso però non si tratta di un first appareance) ma estremamente stimolante e interessante per il fatto che fa del protagonista lo sceneggiatore del gioco,
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Una conclusione diciamo originale del gioco propone di salvare le sorelline, che in seguito verranno riportati alla vita normale, innamorarsi, avere dei figli, occuparsi di Jack alla morte. Mentre se si decide di uccidere le sorelline per risucchiare loro tutto l’Adam, avremo una fine completamente diversa, nella quale Jack diventerà cattivo a sua volta e dando stimolo per un’ulteriore storia di ingiustizie. |
rimettendo in discussione il suo ruolo. Per tornare al nostro quesito iniziale non è facile approfondire la questione pedagogica se non attraverso esperimenti effettuati su scala di età adeguata, per cui in questa sede ci siamo limitati a tracciare e a scandagliare alcuni dei molteplici elementi di connubio tra linguaggio artistico e di videogioco. Il saccheggiamento dei generi, delle discipline, delle commistioni, che sono ormai diventati i cliché del postmoderno sono sbarcati anche nel mondo dei videogiochi, sperimentando sempre nuove melonge ed era questo che ci interessava dimostrare con questa breve analisi.
Per quanto riguarda l’età adulta, Buoshock è da considerarsi sicuramente un passatempo da quiz. Le referenze, le citazioni, le sorprese non mancano, per cui troviamo che definire questo videogioco un impoverimento culturale sia tutt’altro che adeguato.
Per quanto riguarda l’età adulta, Buoshock è da considerarsi sicuramente un passatempo da quiz. Le referenze, le citazioni, le sorprese non mancano, per cui troviamo che definire questo videogioco un impoverimento culturale sia tutt’altro che adeguato.
Alessio Mida
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