VII Numero della rivista PASSPARnous
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Rivista d’arte
diretta da F. Panizzo Codice ISSN: 2281-9223 |
Editoriale
A cura di Viviana Vacca “Che cos’è l’erba? Mi chiese un bambino, portandomene a piene mani; come potevo rispondergli? Non so meglio di lui che cosa sia. […] forse l’erba stessa è un bambino, il bimbo generato dalla vegetazione. O un geroglifico uniforme
che voglia dire, crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra, fra bianchi e gente di colore, Canachi, Virginiani, Membri del Congresso, gente comune, io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo. […] Ed ecco, sei tu il ventre materno.” - W.Withman - Se “la scrittura è sporca e pulita è la parola” (Deleuze), ogni atto di
creazione conosce un eser- cizio che forza i limiti della possibilità di
ogni lingua intesa come sistema: in questo delicato passaggio, la
variazione - processualità spazio-temporale, lavorio inesausto delle
costanti fonologiche e sintattiche - fa abitare ad ogni parlante la
propria casa come la abiterebbe uno straniero.
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È una prima volta, un arrivo spiazzante che ha a che fare con un evento - quello della parola nell’arte - che coglie impreparati ma apre alle possibilità di ogni atto di creazione. Come un filo rosso che trattiene ogni sperimentazione artistica e linguistica, abitare la parola nell’arte è, attualmente, declinare le specificità dei differenti registri delle pratiche artistiche nel rispetto di una domanda: esiste un limite che la variazione infinita della lingua non riesce a forzare? Umberto Artioli, nel suo libro Il dio assente. Monologo a due voci sul teatro, fa propria quella “nostalgia” così cara a Carmelo Bene – compagno di viaggio di questa rapsodia solo apparentemente mono- fonica – per l’impossibilità della parola di essere contenitore “pieno” della ricchezza e del carattere polifonico del reale (e del mondo).
Per quanto fascinoso e cangiante sia ogni sistema linguistico – sia come insieme di segni che come pluralità di significati – le parole sono povere. La pratica artistica di Carmelo Bene ha costituito con il suo “togliere di scena” – la sottrazione progressiva di tutti le costanti di identità e di stabilità – un evento unico nel panorama artistico con- temporaneo: lo ricorda Deleuze con particolare acume, Bene era capace di non “morire” mai perché non finiva mai un opera. Non esaurire le possibilità di un atto creativo fa dell’opera d’arte stessa la realizzazione in itinere di un progetto: l’opera non è mai compiuta, ma coincide con la sua fase di costruzione. Non muore, perché inizia.
In occasione della giornata C.Re.S.Co. che si terrà a Cagliari il 20 aprile - tavola rotonda organizzata dall’as- sociazione Riverrun Performing Arts – dedichiamo il nostro numero alle parole, alle scritture delle parole nell’arte, per l’affermazione di pratiche riconducibili a delle frasi musicali ininterrotte. “Tutto quello che compare ai margini della foresta” – come ne La nuit juste avant les forêts di Bernard-Marie Koltès, frase di quaranta pagine emessa fino all’ultimo respiro – conosce una scrittura fatta tutta di lettere minuscole, una democrazia utopica della semiografia priva di gerarchie. Come una musica senza cadenze, un moto perpetuo di parole, un pedale di sentimenti ad libitum: un arabo che canta una tiritera, il sognare il canto segreto degli arabi, la musica di strada, la babele sonora della me- tropoli. Una lingua visibile – come in una poesia di Giorgio Caproni – fatta di ritmo e parole asciutte. Come frecce di sole.
Per quanto fascinoso e cangiante sia ogni sistema linguistico – sia come insieme di segni che come pluralità di significati – le parole sono povere. La pratica artistica di Carmelo Bene ha costituito con il suo “togliere di scena” – la sottrazione progressiva di tutti le costanti di identità e di stabilità – un evento unico nel panorama artistico con- temporaneo: lo ricorda Deleuze con particolare acume, Bene era capace di non “morire” mai perché non finiva mai un opera. Non esaurire le possibilità di un atto creativo fa dell’opera d’arte stessa la realizzazione in itinere di un progetto: l’opera non è mai compiuta, ma coincide con la sua fase di costruzione. Non muore, perché inizia.
In occasione della giornata C.Re.S.Co. che si terrà a Cagliari il 20 aprile - tavola rotonda organizzata dall’as- sociazione Riverrun Performing Arts – dedichiamo il nostro numero alle parole, alle scritture delle parole nell’arte, per l’affermazione di pratiche riconducibili a delle frasi musicali ininterrotte. “Tutto quello che compare ai margini della foresta” – come ne La nuit juste avant les forêts di Bernard-Marie Koltès, frase di quaranta pagine emessa fino all’ultimo respiro – conosce una scrittura fatta tutta di lettere minuscole, una democrazia utopica della semiografia priva di gerarchie. Come una musica senza cadenze, un moto perpetuo di parole, un pedale di sentimenti ad libitum: un arabo che canta una tiritera, il sognare il canto segreto degli arabi, la musica di strada, la babele sonora della me- tropoli. Una lingua visibile – come in una poesia di Giorgio Caproni – fatta di ritmo e parole asciutte. Come frecce di sole.
“Essere uno straniero, ma nella propria lingua... Balbettare, ma essendo balbuziente nel linguaggio stesso, e non soltanto nella parola... (…)Ma far balbettare il linguaggio è un’altra cosa. Significa imporre alla lingua, a tutti gli elementi interni della lingua, fonologici sintattici, semantici, il lavorio della variazione continua [...] essere straniero nella propria lingua... Ciò non vuol dire parlare come un irlandese o un rumeno parlano francese. [...] È imporre alla lingua, in quanto la si parla perfettamente e sobriamente, quella linea di variazione che farà di ognuno di noi uno straniero nella sua propria lingua, o della lingua straniera, la nostra, o della nostra lingua, un bilinguismo immanente per la nostra estraneità.”
- G. Deleuze -
Buona lettura..
Viviana Vacca
Viviana Vacca
Scrivono nella rivista: .
Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Francesco Panizzo.
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