Apparizioni rubrica diretta da Francesco Panizzo
Sai assolutamente che è nato o prima l’uovo o prima la gallina, ne sei sicuro, ma non hai la risposta. Ciò che potrebbe sembrare una stupida domanda per molti è per altri invece fonte di ispirazione e di riflessione; chi non si è mai posto il problema vive nel cosiddetto “limbo di Alice nel paese della meraviglie”, un mondo dove i problemi reali vengono trasformati in luoghi surreali a volte persino divertenti, ma sicuramente inconsapevoli dei pericoli della civiltà fenomenica, fatta di competizione, traguardi, invidia. La domanda dell’uovo per i “Non Alice” potrebbe portare ad un’affascinante viaggio alla ricerca di riflessioni sull’autenticità della realtà, da sempre un baluardo della filosofia moderna, che, devo ammetterlo, sta prendendo una brutta piega soprattutto se, come in questo caso, se ne fa uno studio semiserio, magari basato sulla semplice osservazione e formulazione di ipotesi, che al momento, per tempo e spazio ci limiteremo a lasciare in seconda battuta, magari a tempi più opportuni.
Anni
fa ero arrivato ad alcune conclusioni semplicistiche prendendo
come spunto il fatto Prada – Bertelli, ovvero “non è importante
cosa è nato prima, l’importante è la ricetta con cui li cucini” e
parlo ancora dell’uovo e della gallina, per chi si fosse perso. In quel caso la gallina, o l’uovo, anzi, il suo creatore veniva
beccato a copiare un marchio, materiali, e stile di una delle più
grandi firme dell’abbigliamento mondiale, ma finiva con l’anello al
dito dell’altra creatrice, quella della gallina (anzi no era
l’uovo?) ideatrice di quella linea. Era l’anno 1977 quando Miuccia
Prada incontrava, prima in fiera e poi in un’aula di tribunale,
Patrizio Bertelli[1],
pellettiere presunto imitatore, un precursore, potremmo dire, ma no,
non vogliamo parlare di questo tipo di imitazione, volevamo solo dire
che già all’epoca non pareva essere poi così una cattiva idea provare a
far venire il dubbio, sì, ti poteva anche andare bene, insomma. Quando
Benjamin teorizzava con il suo saggio il problema dell’era della
riproducibilità tecnica[2],
ovviamente era chiaro che non potesse prevedere né la storia di
Bertelli, ma in modo assolutamente meno prevedibile poteva prevedere che
interpretazione ne avrebbero fatto i ragazzini terribili (artisti o
imitatori o creatori di realtà galliformi) qualche tempo dopo in rete.
Sebbene non ci sentiamo di candidare ad autori di opere nè Jessika Black,
nè Justin, Bieber nè il fenomeno Harlem Shake, non pos- siamo però far
finta che questo fenomeno ricalca con un percorso involontario e curioso
alcune delle teorie che il sociologo tedesco sviscera durante i suoi
flussi. È il 1936 e non si può nemmeno immaginare che l’imitazione
sociale, divori quella tecnica in un gioco di imitazione al quadrato.
L’Harlem Shake infatti è, non solo una copia di copie ma, la copia
trasmessa all’infinito che arriva ad un pubblico talmente vasto e
lontano (dal più possibile vicino) che l’originale si perde nel vero
senso della parola.
Digitando “Harlem Shake Original” sul motore di ricerca di Youtube non si riesce più a capire quale sia il vero originale e quali i finti originali. Ma, se vogliamo, questo paradigma che ormai pare essersi preso di titolo ad honorem di Meme, è sempre stato in voga in altri campi. Copiare è cercare di riprodurre nel modo più fedele possibile l’originale, ma ormai non si tratta più assolutamente di questo esercizio pratico, finalizzato a qualcosa di utile come avere l’ultimo disco di un cantante preferito o abbattere il costo di un’entrata al cinema magari filmando un film che in rodaggio era già stato filmato, oggi l’imitazione diventa intrattenimento e se è maggiormente pensato per deridere un’artista, o per giocare con la sua arte, a volte può rappresentare, invece, una via altra di personalizzazione creativa, ma siamo ai minimi termini ovviamente. Non si può sapere quale possa essere il prossimo Meme ad avere successo, il prossimo tormentone, come si potrebbe sentire presso un telegiornale. Sono stati oggetto di Meme tutti i più grandi successi commerciali degli ultimi anni, dalle musica al cinema, fino agli spot, o agli sport. Siamo certi che non finirà adesso questa strana tendenza che, in un certo senso e stando davvero al passo dei tempi, ci potrebbe davvero far individuare che cosa nasce prima, ma non ci toglierebbe mai il dubbio se davvero non sia ancora più importante la ritmica creazione delle sue copie. Per questo motivo allora siamo di fronte ad un altro grande dubbio “e se fosse più importante copiare piuttosto che creare?” a quel punto dovremmo cercare su Youtube cose tipo “Lady Gaga last video meme”? Sembrerebbe in prima battuta pazzesco, ma mentre lo scrivo ho la certezza che sono già arrivato troppo tardi, oppure in caso contrario lascio a voi la risposta, o magari per dir meglio, interpretandola in modo scientifico, la riflessione o la provocazione.
Alessio Mida
[1] http://mag.sky.it/mag/life_style/2009/12/21/anticipazione_libro_vita_prada_bcd_editore.html
[2] Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, traduzione di Enrico Filippini, introduzione di Cesare Cases, Einaudi, Torino 2000.
[2] Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, traduzione di Enrico Filippini, introduzione di Cesare Cases, Einaudi, Torino 2000.
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