La decontestualizzazione e la trasformazione
nell’arte di Giuliano Cardella: dal riciclo al collage |
Rivista d'arte
diretta da F. Panizzo |
Escher ce lo ha insegnato: libera interpretazione alle opere, dato che le stesse non sono per nulla categorizzabili né, tanto meno, definibili con concetti estetico compositivi, definiti e particolari. Le opere di Giuliano Cardella, giovane artista a tuttotondo ed eclettico, aperto alla sperimentazione e alla ricerca stilistica, che va oltre al puro esercizio tecnicista accademico, sono ascrivibili a lavori puramente avulsi ed emancipati da qualsiasi tipo di appartenenza scolastica di maniera. Sarà anche dovuto a un post modernismo che si intensifica e si presenta in tutta la propria intraprendenza creativa nel mondo dell’arte, a noi coeva.
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Non stiamo, però, parlando di un nichilismo quasi di forma della produzione artistica ma, bensì, di una nuova elaborazione di contenuti, che si nutre, come pianta che assorbe minerali nel tessuto connettivo terrestre, di quell’emozione e di quelle sensazioni che sono parti integranti delle ossessioni, motori per ogni slancio creativo, dell’autore e di ogni spettatore. Lo stesso autore considera le proprie opere soggette a due aspetti caratteristici e fondamentali, almeno dal punto di vista sostanziale estetico: la neutralità e la misteriosità. La prima assicura una collocazione atemporale e astratta dell’opera, senza scadere nel puro astrattismo, tale da poter essere comparata a un contenitore che si presenta e si propone senza un contenuto specifico, ma variabile in base alle differenti emozioni, che l’opera tangibile ci suggerisce. La seconda caratteristica prevede, invece, un alone di indefinitezza del lavoro tanto da garantire a chi la osserva un duttile significante, che va oltre il significato lirico e poetico della composizione, in una modificazione continua e incessante dell’opera nel suo complesso. Cardella ci confiderà che lui stesso, una volta finita l’opera, completata nella sua voluta incompletezza, unico lato che garantisce a quest’ultima un aspetto infinito e universale, non riesce a comprenderne il dettagliato messaggio che dall’opera si sprigiona: questa dichiarazione ci porta a trovare nell’opera stessa uno strumento di viaggio verso remoti o prossimi contenuti reconditi e non assenza di sostanza artistica.
L’emotività entra, così, in gioco: ma non è solo sull’emotività in senso
sensazionale che l’autore vuole giocare, in un’esperienza da
laboratorio continuo, sperimentazione di un itinere senza fine e sen- za
limite, in una continua trasformazione del dato e dell’oggetto. Ed è
proprio all’oggettistica reale, quella magari marginale, poco
con- siderata nelle nostre vite quotidiane, invadente e presente, in modo
molto delicato e poco ossessivo, che la produzione artistica di Giuliano
Cardella fa riferimento, ponendosi nella corrente non ste- reotipata
dell’artista del riciclo. Si propongono, così, bottoni, visti in una
valenza centrale nel disegno strutturale dell’opera, che è scul- torea e
plastica, quindi tangibile e reale, come reali e tangibili risul- tano
iessere igli elementi costituenti, che non abbracciano ambienta-
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zioni e collocazioni metafisiche e metatemporali, ma solamente spazi a noi familiari. La loro collocazione nel nuovo e rinnovato contesto, però, ci propone immaginari diversi e ulteriori, in un panorama che esula dal contesto materico, pur originariamente l’oggetto derivi da questo, costituendosi come sostanza reale. In Cardella, quindi, possiamo evidenziare come il reale si trasformi in qualcosa di atemporalmente irreale: un’estetica della fantasia che si basa su una soggettistica oggettiva del quotidiano. Alcuni critici hanno considerato le sensazioni promananti dalle opere di Cardella come sensazioni di “vibrante allegria” o come armonie da accarezzare, nella sinuosità delle forme e nella compenetrazione delicata e leggiadra, quindi naturale, delle linee che ci portano verso linguaggi incantevoli dell’ani- ma e dello spirito. La descrizione, alquanto poetica, esprime fortemente la liberazione delle umane sensazioni attra- verso la riproposizione, la rielaborazione, la rivisitazione e, se si vuole, la deformazione, mai violenta né grossolana, mai invadente e invasiva, dell’oggetto che viene, così, rilanciato e ridefinito alle nostre visioni.
Si percepisce nella produzione di Cardella un’immancabile necessità di trasfigurazione e di raggiungimento di nuove frontiere delle cre- atività, attraverso una tecnica del recupero e del riciclaggio, di quella che si potrebbe definire ri- contestualizzazione. Il riciclo ci conduce con la memoria a un passato: un periodo di utilizzo quotidiano di un determinato oggetto o elemen- to.
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Nel
rivedere il materiale si percepisce un presente che ci declina verso un futuro
immaginifico, in quanto pro- ponente quella carica di artistica poeticità che si
addice solamente a un elemento riproposto in altri schemi e in altri contesti.
L’oggetto diventa l’assoluto centrale su cui si erge l’opera per portarci verso
panorami nuovi e sconosciuti, ma liberi ed emancipati dalla temporanea utilità
utilitaristica. Non è più l’utilitarismo, quindi, il legame che ci vincola al
nuovo oggetto, così rivisitato e riproposto, ma, bensì, la sua valenza estetico
lirica da portarci ad assaporare significati significanti reconditi, nascosti,
nuovi e rinnovati che solo l’atemporalità e l’astrazione neutra del materiale
può sprigionare. La neutralità nell’approccio con l’opera di Cardella è
aiutato, ma non propedeuticamente vincolato, dalla mancanza di un titolo: la
libera ed emancipata interpretazione è, così, istituzionalizzata senza esserne
appe- santita, né arrogantemente voluta. Cardella utilizza il carboncino e l’acrilico
per dare nuove emozioni al pubblico spettatore: usa il collage, spesso, un
puzzle in cui, a volte, con una certa disinvoltura escono frasi crittografate e
non comprensibili, non esplicite né esplicabili, ma, proprio perchè uscenti da
un sostrato pittorico, intrise di quella in- terpretabilità che è soggettiva,
senza pretese educative o morali. Il graffio, spesso, è quella tecnica che
Cardella utiliz- za per rendere ancora più incomprensibili e aleatori i confini
delle forme e degli spazi inclusi nell’opera: un’ombra complessiva in un
contesto di confusione, nel senso letterale del termine, utile a comunicare in
modo più incisivo con il nostro recondito animo, linguaggio sconosciuto seppure
quasi primitivo e primordiale, questa volta vibrante le cor- de dell’intimità
subconscia.
Cancellazioni di parole, copertura di parti di frase sono gli ele- menti costitutivi di questo gioco che riporta in auge le prime mani- festazioni dadaiste, seppure donino alla produzione di Cardella una propria originalità autonoma: non c’è prospettiva razionale e tutto ciò che è logico viene evitato per dare apertura totale alla rivisi-tazione delle superfici e degli oggetti che portano a un’emotività del- lo sguardo dello spettatore, dove ogni cosa è indecifrata e indeci-frabile, alfabeto artistico nuovo senza precedenti, quasi bambinesco in quanto, appunto, neutro. L’arte di Cardella viene vista come evocativa: ci riporta alla mente suoni, visioni, panorami, ambienti, stati d’animo, moti d’animo, sensazioni ed emozioni vissute e interiori, sollecitando quell’istintività che sta nella primordialità del-
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della forma, rivista e rivisitata, quindi atemporale e decontestualizzata, essenziale e fine a sé stessa. Ci sono dei rife- rimenti passati inquadrabili nell’arte di Cardella? Non è opportuno inquadrare una poetica che ama essere libera e in continua evoluzione, quindi eclettica, complessa, spesso contraddittoria in quanto lirica. Qualcuno può essere tras- portato verso le visioni di un Mimmo Rotella, che amava giocare sul collage e il decollage; altri si proietterebbero verso un Enrico Accatino con le sue “carte costruite” riproposte a tempera o acrilico. Vediamo nella produzione di Cardella suggerimenti che provengono dalla Pop Art, così come dal cubismo, astrattismo, in alcuni casi surrealismo o iperrealismo, per passare per l’impressionismo. La vivacità della produzione di Cardella consiste nella sua carat-teristica estetica complessa: un laboratorio sperimentale vivo e vivace, interminabile, che ci porta ad assaporare gli aspetti analitici di un autore che può essere artigiano e artista, puntuale nei dettagli e capace di accoglier la composita natura architettonica e ambientale delle sue produzioni.
Alessandro Rizzo
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