|
Revue Cinema rubrica diretta da Daniel Montigiani
|
QUARTET
Un film di Dustin Hoffman Tre personaggi - Cecily, Reggie e Wilfred - si trovano in una casa per cantanti lirici ormai in pensione. Ogni 10 ottobre decidono di partecipare a un concerto per celebrare il compleanno di Giuseppe Verdi.
|
Un
giorno giunge nella casa di riposo Jean (Maggie Smith), ex-moglie di
Reggie, che, almeno inizialmente, sembra scardinare i rapporti fra i
tre, fino a quando non verrà convinta da questi a prendere essa stessa
parte alla celebrazione del compleanno di Verdi interpretando con loro
il quartetto del Rigoletto.
Quest’opera prima di Dustin Hoffmann (75 anni), forse sorprendentemente, per ragioni diverse, ha un inizio che sembra addirittura risultare (quasi) interessante: non è infatti affatto poco stimabile far cominciare una pellicola che viene classificata perlopiù come commedia con un paio di inquadrature dai tratti tanto desolanti quanto secchi che potrebbero ricordare alcuni rapidi scorci di certi film delle ultime produzioni di Mike Leigh. La pellicola parte infatti con il primo piano di una donna anziana (una delle clienti della casa di riposo) che con silenzio rassegnato sta osservando qualche cosa che si trova fuori campo; nell’inquadratura che segue - un raccordo di sguardo - capiamo immediatamente l’oggetto del suo guardare, ovvero uno spartito musicale, immagine sempre accompagnata dallo stesso silenzio ingombrante ed espressivo.
Quest’opera prima di Dustin Hoffmann (75 anni), forse sorprendentemente, per ragioni diverse, ha un inizio che sembra addirittura risultare (quasi) interessante: non è infatti affatto poco stimabile far cominciare una pellicola che viene classificata perlopiù come commedia con un paio di inquadrature dai tratti tanto desolanti quanto secchi che potrebbero ricordare alcuni rapidi scorci di certi film delle ultime produzioni di Mike Leigh. La pellicola parte infatti con il primo piano di una donna anziana (una delle clienti della casa di riposo) che con silenzio rassegnato sta osservando qualche cosa che si trova fuori campo; nell’inquadratura che segue - un raccordo di sguardo - capiamo immediatamente l’oggetto del suo guardare, ovvero uno spartito musicale, immagine sempre accompagnata dallo stesso silenzio ingombrante ed espressivo.
L’interesse di tale coppia di immagini della durata di pochi secondi può risidere in primis nella loro capacità di evocare con silenziosa (e semplice) sintesi la triste consapevolezza che questi cantanti lirici in pensione hanno della loro attuale condizione esistenziale che vive di passato (un tempo erano cantanti lirici di professione, alcuni anche famosi, adesso si trovano in una casa di riposo); ma, in secondo luogo, in maniera forse più sottile, iil fatto che il volto in primo piano dell’anziana donna
|
|
si trovi in un’inquadratura e lo spartito che sta osservando in quella successiva può anche dare allo spettatore un tanto immediato quanto efficace senso della ormai quasi totale divisione fra questi (quasi ex) cantanti in pensione e la loro (quasi ex) attività canora. Sempre la stessa sequenza, subito dopo, continua a presentare altri motivi di interesse, il primo dei quali rappresentato dal fatto che con una certa abilità si passa improvvisamente a un registro più movimentato, più rumoroso e più brioso (vengono infatti mostrati altri di questi cantanti lirici a riposo occupati a cantare e a scherzare). Interessante nel corso di questi secondi di immagini anche e soprattutto come sia la musica diegetica che quella extradiegetica accompagnino quasi con una sorta di armoniosa orchestrazione le rapide azioni dei personaggi. Tale sequenza d’apertura, insomma, può essere considerata peculiare anche perché è capace di sintetizzare il tentativo di Dustin Hoffman di mescolare l’ironia briosa del film (che è, appunto, essenzialmente una commedia) con una talvolta tragica amarezza di fondo costituita dalla consapevolezza di quella che è ormai la condizione esistenziale dei clienti della casa-pensione. Ma l’energia visibile di quest’opera prima di Dustin Hoffman sembra esaurirsi con, appunto, l’esaurirsi di questa prima sequenza, poiché, subito dopo, l’opera prosegue a vivere perlopiù attraverso una serie di momenti di esemplare banalità: d’ora in poi, ad esempio, le musiche extradiegetiche, in particolar modo quando accompagnano i momenti più toccanti e commoventi, risultano di una tale scontatezza che fanno quasi tenerezza; la mescolanza fra momenti e atmosfere pimpanti e ironiche ad altri più cupi o comunque riflessivi si rivela efficacemente fallimentare (come il montaggio alternato costituito dalle inquadrature della pro- tagonista che, con un’espressione triste e pensosa, viene accompagnata in macchina verso la casa di riposo alter- nate a quelle degli altri cantanti lirici che stanno demenzialmente scherzando nel giardino della casa).
Ma la densa lista della (magari anche deliziosa) quantità di scontatezza rilasciata dalle scelte di regia di Hoffman può proseguire generosamente: le scene nel corso delle quali Reggie (ex marito della protagonista Jean) impartisce a una serie di giovanissimi e temporanei alunni delle lezioni sull’opera e Giuseppe Verdi contengono delle inquadrature così anonime che fanno quasi male,
|
in particolare quelle bruttissime di alcuni di questi studenti ripresi di profilo e in mezzo primo piano mentre osservano l’insegnante fuori campo, momenti che possono essere trovati in qualsiasi terribile teen movie americano. Anche se, oltre alla prima, interessante sequenza vi sono dei tentativi da parte del regista di rendere il film in qualche modo diverso e interessante (come la scelta magari non proprio scontata di mostrare Maggie Smith/Jean mentre canta/cerca di cantare durante le prove per il faticoso spettacolo del Rigoletto di Verdi senza, però, che si senta la sua voce, qui coperta da della musica extradiegetica), questo di Hoffman resta comunque un film perlopiù provinciale, salottiero, ingenuo e naif in modo platealmente irritante, dove anche l’ironia del film si fa talvolta così insistente da risultare verbosa, lunga e forzata.
Daniel Montigiani
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Click here to edit.
Vuoi entrare nella redazione di Edizioni Psychodream,
o collaborare con Psychodream Theater?
Direttore: Francesco Luigi Panizzo | [email protected]
Responsabili di redazione: Viviana Vacca | Fabio Treppiedi | Massimo Acciai | Anna Novello | Gaia Grassi | Alessandro Rizzo | Daniel Montigiani
Per affiliazioni pubblicitarie | [email protected]
Per collaborazioni e progetti | [email protected]
Tutti i contenuti di questo sito possono essere utilizzati da altri media e siti internet, giornali o televisioni con la clausola
di esporre a citazione, tramite il seguente link, la Edizioni Psychodream oppure la pagina di riferimento.
Per info: ooooooooooooooooooooooooo
[email protected]
[email protected]
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati