Quale insegnamento possiamo trarre oggi dal mito di Icaro? Il mito ci narra che Icaro è figlio di Dedalo, l’architetto. Nella bottega di Dedalo non solo Icaro ma anche Talo. Talo è nipote, figlio della sorella Policasta. Quindi due allievi nella bottega di Dedalo l’architetto: prima Talo e poi, a Creta, Icaro. Diodoro Siculo nota (Biblioteca storica, IV, 76) che le statue costruite da Dedalo vedevano e camminavano. Quindi Dedalo è costruttore di automi. Ma ecco Talo, l’allievo. Talo si interessa alle ossa dei pesci, allo loro dentellatura, e inventa un utensile: la sega. Inventa anche la ruota del vasaio e poi il compasso. Policasta, quindi, affida Talo a Dedalo affinché lo educhi e lo formi. Ma Talo a dodici anni inventa ciò che Dedalo non aveva mai osato inventare. Dedalo dovrebbe rallegrarsi che nella sua bottega ci sia un talento simile, invece incomincia a invidiare il genio di Talo. Nel frattempo un’accusa terribile pende su Talo. Lo accusano si avere un rapporto incestuoso con la mamma Policasta. Avviene così che Dedalo conduce Talo sull’Acropoli di Atene e lo spinge giù. Una volta buttato lo raccoglie in un sacco con l’intenzione di seppellirlo nel deserto. Il sacco, però, tradisce una macchia di sangue. Dedalo viene incriminato per l’omicidio di Talo e l’Aeropago lo esilia da Atene. Dedalo sbarca a Creta. Lì regna Minosse che ha una moglie, Pasifae. Dedalo sposa una schiava di Minosse, Naucrate, e ha un figlio, Icaro. Un bel giorno Pasifae si innamora di un bel torello. Ma da che mondo è mondo il toro si interessa della vacca. Come può Pasifae incontrare il torello? Pasifae, allora, va da Dedalo e gli commissiona una vacca meccanica. Bella la vacca, anzi bellissima: viva, semovente serve da trompe-l’oeil per il toro. Il toro va verso la vacca e intanto si accoppia con Pasifae che era entrata nell’opera meccanica di Dedalo. Dall’accoppiamento nasce Minotauro. Minotauro è uno scavezzacollo. È incontenibile. Inarrestabile e irrefrenabile produce grande scompiglio in città, a Cnosso. Dedalo su richiesta di Minosse interviene e costruisce il labirinto. Però Minisse scopre come Dedalo ha favorito l’accoppiamento di Pasifae con il toro (Toro era anche il nome di un generale di Minosse) e allora rinchiude Dedalo e suo figlio Icaro nel labirinto insieme al Minotauro. Ma Dedalo è Dedalo anche nel labirinto che è una prigione a tutti gli effetti. E che cosa può fare un inventore come lui per fuggire da quella prigione? Inventa il modo di volare. E inventa le ali. Intreccia le penne e le salda con la cera. Poi lega le ali alle spalle del figlio Icaro non senza avergli dato istruzioni su come volare. Figlio mio, gli dice, “vola a mezza altezza, Icaro, ti avverto, perché, se andrai troppo in basso, l’onda non aggravi le penne e, se troppo in alto, non le bruci il fuoco”. Ma se Dedalo dà questi consigli a Icaro, ossia gli consiglia di stare con i piedi per terra, Icaro come può volare? È un padre apprensivo Dedalo e durante il volo ogni tanto si volta per vedere se Icaro lo sta seguendo volando né alto né basso. D’un tratto si volta e non lo vede più. Solo i contadini e i pastori lo vedono volare alto, ancora più in alto, altissimo, finché la cera al calore del fuoco si scioglie e Icaro precipita in mare. Dedalo vede le piume sul mare , cerca Icaro, lo trova e lo seppellisce in un’isola che da allora si chiama Icaria.
Questa apparentemente sembra la favola del padre apprensivo e del figlio incerto e senza perizia che vuole fare il passo più lungo della gamba. Ma, in realtà, qui la questione è quella della tecnica e della macchina, è la questione delle invenzioni dell’artigiano e dei suoi utensili che, in Grecia, subivano la denigrazione e la degradazione rispetto alle verità ideali e filosofiche, le verità epistemiche. E questo poteva succedere perché gli utensili, com’è noto, erano ritenuti dai filosofi estranei alla coscienza, alla morale sessuale e alla morale sociale. E, in effetti, quale morale si può trarre da una sega? Ma gli utensili sono estranei soprattutto all’idea di morte, a quella funzione di morte (il finalismo) che è alla base di tutto il discorso occidentale. Utile, quindi, l’opera di ingegno di Dedalo. E utile l’opera di Talo. Sicché l’utile e l’utensile giovano alla salute, all’istanza di qualità, al fare, al pragma e alla materia linguistica con cui le cose si narrano e si fanno. Dedalo e Icaro, Dedalo e Talo ci insegnano come le opere d’ingegno e i prodotti dell’industria non servano al bene comune e al destino mortale e non compiano l’economia del male, ma siano l’indice della funzionalità e della utilità strutturale e originaria delle cose e del fare. Sicché il volo dell’ingegno, della poesia e dell’intelletto non ha confine. Enrico Ratti
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