La Biennale Teatro 2018 presenta la seconda trilogia dedicata agli artisti ospiti. È la volta di Simone Aughterlony, artista di origine neozelandese, ma che vive e lavora tra Zurigo e Berlino.
La trilogia di lavori presentati è composta da Everything fits in the room del 2017, Biofiction e Uni*form del 2016. Simone Aughterlony è un esempio perfetto del superamento dei tradizionali confini tra i generi artistici verso una nuova concezione delle Live Arts. Danzatrice di formazione si avvale della collaborazione di performer e musicisti nella creazione di opere che, conservando l’idea e la pratica di un movimento coreografico, di fatto travalicano la danza. I lavori visti alla Biennale Teatro 2018 non possono dirsi nemmeno performance in senso stretto, benché a uno sguardo superficiale ne abbiano tutta l’apparenza, in quanto conservano sottili legami con la narrazione e la rappresentazione. La permeabilità dei confini tra le arti non è una novità soprattutto nella recente storia delle arti performative. Già Cage a partire dagli anni ‘50 aveva concepito lavori che prevedevano la commistione e l’accostamento di linguaggi diversi. Quello che appare come un nuovo modo di concepire la scena è proprio l’idea di una composizione integrata dei diversi alfabeti dell’espressione corporea dal vivo. Dinamiche, toni, procedure e protocolli vengono composti come voce di diversi strumenti a disposizione dell’autore o degli autori (nel caso di Simone Aughterlony la creazione è sempre frutto di un lavoro collettivo soprattutto con la collaborazione di Jen Rosenblit, Jorge Leon e Hahn Rowe). Simone Aughterlony compone la scena utilizzando gli strumenti che danza, performance e musica le mettono a disposizione, prefigurando la possibilità di un nuovo confine comprensivo dei generi e oltre il genere, una vera e propria lingua ibrida che concepisce l’evento performativo come prassi di un pensiero in azione. Nella trilogia di lavori presentata alla Biennale Teatro 2018 emergono anche altri tratti distintivi e pregni di interesse. Innanzitutto la ricerca di sempre differente rapporto con il pubblico e il suo sguardo. In tutte e tre le performance muta la prospettiva di ingaggio del punto di vista: in Everything fits in the room il pubblico è libero di navigare nello spazio e costruirsi una propria e personale esperienza di quanto accade; in Biofiction lo sguardo è frontale e si apre su una rosea landa desolata abitata e agita dai performer; in Uni*form la scena è contenuta da un ring e il pubblico la circonda da ogni lato. Inoltre non appare evidente nessun confine invalicabile tra scena e azione performativa. Se questo è palese in Everything fits in the room, dove il pubblico è immerso nell’azione e si creano sporadici contatti (per esempio nell’offerta di paste e pasticcini), in tutte e tre i lavori si imbastisce un dialogo di sguardi tra performer e audience. Ci si guarda negli occhi, in maniera franca e in qualche modo si parla, nasce un dialogo e un’empatia. La trilogia di lavori di Simone Aughterlony è un tentativo, per altro ben riuscito, di mettere in questione le dicotomie del pensiero quotidiano: accettabile, inaccettabile; violenza, dolcezza; sadismo e masochismo; libertà, costrizione. L’azione scenica mediante l’utilizzo dissacrante dell’ironia, non priva di accenti tragici, suggerisce una via di fuga dalla gabbia dell’opposizione di campi avversi. Ogni opposto si mescola con il suo contrario e ne acquisisce il sapore e le sembianze, si ibrida in maniera irreversibile. In Uni*form per esempio, i poliziotti che sorvegliano la scena sono a loro volta sorvegliati dal pubblico, e la violenza delle pratiche di polizia si trasforma con ironica semplicità in atti sessuali non convenzionali. Appare evidente nei lavori di Simone Aughterlony il suo rigore nella ricerca, la volontà di infrangere le barriere, il costante lavorio per il superamento dei contrasti oppositivi attraverso una continuativa metamorfosi delle immagini. In Everything fits in the room il luogo scenico, attraversato da un muro, racchiude pubblico e performer. Il muro non divide, si possono vedere entrambi i lati, e ciò che accade da un lato accade nell’altro. Si può circumnavigare il muro, e ciò che avviene si permuta furiosamente attraverso una costante tensione verso l’altro da sé. Il lavoro di Simone Aughterlony necessiterebbe di uno sguardo maggiormente approfondito di quello che si può dedicare in un semplice articolo. In questa sede mi limito a indicare alcune linee del suo pensiero performativo. Sono peraltro convinto che i semi di questa ricerca si vedranno negli anni a venire. La nuova figura di artista compositore dei linguaggi scenici è in via di definizione. Pratiche e funzioni della nuova scena prefigurano feconde possibilità ancora da scoprire e attualmente tale figura contiene in sé ancora numerose contraddizioni. Durante questa Biennale Teatro 2018 si sono poste alcune domande interessanti: non solo se esiste ancora una differenza tra attore e performer ma anche sui vettori su cui si sta dirigendo la pratica performativa sia essa teatro, danza o performance. Sono domande necessarie a cui nell’immediato futuro, critici, operatori, politici e artisti saremo costretti a fornire le prime risposte. Non resta che accettare la sfida e ringraziare artisti come Simone Aughterlony per averci interrogato con tanta cura e ironia. Enrico Pastore
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Francesco Panizzo. |
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