Psychodream Review
Sezione diretta da Enrico Pastore e Sara Maddalena |
SO LITTLE TIME di Rabin Mroué
Articolo di Enrico Pastore
La storia di Dib al Asmar è incredibile e surreale. Eppur vera. Lina Majdalanie la racconta in So little time con grazia e precisione, senza aggiungere orpelli, elencando i fatti in tutta la loro stupefacente evoluzione.
Siamo nel 1968 quando avviene il primo scambio di prigionieri tra Libano e Israele, tra questi anche il corpo del giovane studente Dib al Asmar morto in combattimento mentre cercava di infiltrarsi. La stampa, il popolo di ogni confessione religiosa, la nazione tutta inneggiò a Dib al Asmar, viene perfino eretta una statua a sua memoria, e intitolata una piazza. La famiglia orgogliosa raccoglie tutti i ritagli stampa nel ricordo del giovane figlio. Ma avviene un fatto incredibile. Dopo qualche tempo, in un secondo scambio di prigionieri ecco che torna Dib al Asmar: vivo! Ma come? E adesso? Dib al Asmar si scopre primo martire vivente, orgoglioso del suo primato visita la sua statua, ma insiste che si scriva sulla lapide: martire vivente. Incontra Arafat, viene ricevuto dalle più alte cariche. Ma comincia a domandarsi: devo tornare a combattere? Ora che sono martire, non devo completare quanto ho cominciato? E soprattutto: chi è che è sepolto nella mia bara? E così si riesuma il cadavere, che nessuno vuole e così per far dispetto a Israele viene sepolto nel cimitero ebraico. I tempi però cambiano. Scoppia la guerra civile in Libano e la statua viene fatta saltare. Dib al Asmar la fa restaurare a sue spese, la porta all’Università che la usa come modello per le lezioni di scultura. Dib al Asmar prende le copie fatte dagli studenti e le distribuisce per Beirut. Viene multato e incarcerato. Da eroe a delinquente. Ma aver perso la sua identità e l’immagine eretta a sua memoria gli fanno perdere la ragione: Dib al Asmar diventa statua di se stesso, va in giro per la città, si dipinge di bianco e si mette in posa. Ma i tempi cambiano ancora, e con essi la personalità di Dib al Asmar e il suo rapporto con l’immagine e la statua. Si sposa, si affilia a Hezbollah, va a combattere in Siria dove difende le statue del padre di Assad quando incomincia la guerra civile, viene preso per una spia sionista, sparisce dopo un bombardamento dell’Isis. La storia di Dib al Asmar è piena di colpi di scena, incredibile nel suo sviluppo, una storia che racchiude tutte le contraddizioni e i conflitti del Medio Oriente. Lina Majdalanie la racconta in arabo e francese, con pacata ironia e storica precisione. Non aggiunge niente, si limita a dire e raccontare i fatti. E la sua narrazione si intreccia a una serie di semplici azioni: inserire sue vecchie fotografie in una vasca di acidi dove le immagini sbiadiscono poco a poco fino a scomparire del tutto; appendere le immagini a uno stendino; riflettere la propria immagine su questo mosaico di fotografie sbiancate; scomparire nel buio. É così che ogni storia nasce e scompare, le immagini nella memoria e nella realtà sbiadiscono, assumono altri significati, infine vengono dimenticate, spariscono nel buio lasciando spazio ad altre storie. So little time è costituito da un semplice processo che si affianca alla narrazione, e le due procedure si intrecciano come trama e ordito di un disegno. Entrambe sono precise, semplice esecuzione, semplice narrazione. Non c’è indulgenza verso la rappresentazione, quello che interessa è quanto la storia di Dib al Asmar racconti del mondo e non solo del Medio Oriente, quanto la sua immagine diventi storia delle immagini, diventi parte di un processo che riguarda tutti: ogni storia, ogni racconto si modifica nostro malgrado fino a svanire nel nulla per quanto la nostra fama possa essere o divenire fulgida. So little time è una delicata ma esigente azione filosofica, che pone domande sul mondo e su di noi, e lo fa senza l’arroganza di fornire risposte pret-a-porter. Enrico Pastore
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Aldo Pardi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Marco Maurizi, Gianluca De Fazio, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Francesco Panizzo. |
Intervista a
Enrico Pastore sul suo Imaginary landscapes: tale on invisible cities di Francesco Panizzo Intervista a Irene Russolillo
di Enrico Pastore Un grande
particolare. A Novi Cad con il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards di Francesco Panizzo Incontri verticali
con Jurij Alschitz di Mariella Soldo Sottrazioni -
Conferenza in commemorazione di Carmelo Bene al Caffè Letteraio Le Murate di Francesco Panizzo |
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