Revue Cinema rubrica diretta da Daniel Montigiani
|
Il sospetto Un film di Thomas Vinterberg Questo film di Thomas Vinterberg (il suo ottavo lungometraggio) condivide il titolo con un film di un certo Alfred Hitchcock del 1941, Il sospetto, appunto. |
In entrambi i casi, infatti, l’intreccio, come suggeriscono i titoli, si nutre del sospetto, appunto, che una o più persone hanno nei confronti di un’altra, ovvero del protagonista, Johnnie Aysgarth/Cary Grant nella pellicola di Hitchcock, Lucas/Mads Mikkelsen in quella di Vinterberg. La differenza principale per quanto riguarda la storia e la caratterizzazione e il comportamento dei personaggi risiede nel fatto che nel film del regista inglese lo spettatore non saprà mai se i sospetti di Joan Fontaine nei confronti del futuro marito interpretato da Cary Grant sono fondati, mentre nel film di Vinterberg lo spettatore (onnisciente) sa da subito che il sospetto è completamente mal riposto. |
Nel film del 1941 il Johnnie Aysgarth di Cary Grant ha contro di sé soltanto la futura moglie, mentre il protagonista di questo film di Vinterberg deve subire la ferocia (anche fisica) dei sospetti malriposti della maggior parte della gente di una piccola comunità danese. Inoltre, nel film di Hitchcock, il personaggio interpretato da Cary Grant è quello “attivo”, cioè colui che incute timore alla spaurita Joan Fontaine, mentre il protagonista del film di Vinterberg è proprio colui che invece rimane vittima di tale sospetto.
Infatti, la storia di questo ultimo film del regista danese si basa su una profonda ingiustizia: una bambina, invaghitasi di un maestro d’asilo, lo accusa, mentendo, di averla molestata; per il protagonista inizia così un vero e proprio calvario, dato che i componenti della piccola comunità in cui lui vive e lavora si basano sull’inquietante principio che “i bambini dicono sempre la verità”. Dalla breve descrizione di questi accadimenti, dunque, viene naturale pensare anche ad altri personaggi cinematografici ingiustamente braccati da un vorace insieme di persone: Frankenstein, lo Spencer Tracy di Furia (1936), l’Henry Fonda di Sono innocente (1938) .
Continuando ad accostare criticamente il famoso film di Hitchcock con questo del regista danese, potremmo fare a quest’ultimo un complimento, ma, allo stesso tempo, più di una serie di appunti. Cominciando dal complimento, potremmo dire che, fino al momento in cui il protagonista non viene ingiustamente accusato di aver tenuto comportamenti osceni nei confronti della bambina, il motore del film sembra basarsi principalmente su una sorta di tensione, suspense alla, appunto, Hitchcock.
Infatti, la storia di questo ultimo film del regista danese si basa su una profonda ingiustizia: una bambina, invaghitasi di un maestro d’asilo, lo accusa, mentendo, di averla molestata; per il protagonista inizia così un vero e proprio calvario, dato che i componenti della piccola comunità in cui lui vive e lavora si basano sull’inquietante principio che “i bambini dicono sempre la verità”. Dalla breve descrizione di questi accadimenti, dunque, viene naturale pensare anche ad altri personaggi cinematografici ingiustamente braccati da un vorace insieme di persone: Frankenstein, lo Spencer Tracy di Furia (1936), l’Henry Fonda di Sono innocente (1938) .
Continuando ad accostare criticamente il famoso film di Hitchcock con questo del regista danese, potremmo fare a quest’ultimo un complimento, ma, allo stesso tempo, più di una serie di appunti. Cominciando dal complimento, potremmo dire che, fino al momento in cui il protagonista non viene ingiustamente accusato di aver tenuto comportamenti osceni nei confronti della bambina, il motore del film sembra basarsi principalmente su una sorta di tensione, suspense alla, appunto, Hitchcock.
Ovvero: pur non verificandosi fatti di particolare rilievo dal punto di vista dell’avanzamento narrativo, la macchina da presa sembra puntare contro lo spettatore una suspense e una tensione che, oltre a fungere da indiretta prolessi dei problemi devastanti che investiranno il protagonista, possono anche ricordare talvolta certi momenti di film di Hitchcock in cui la scarsità di eventi di particolare rilevanza è comunque fonte di interesse e partecipazione grazie alla tensione attivata dal regista.
Arriviamo adesso invece a quelli che poco fa abbiamo chiamato appunti. Difatti, questo film è prima di tutto inferiore a quello di Hitchcock al quale è stato per certi aspetti paragonato fino a questo momento, ma, allo stesso tempo, sembra essere inferiore anche a tutti gli altri girati dallo stesso Vinterberg. |
In Festen (1998), per esempio, suo film d’esordio, la ferocia quotidiana delle persone è mostrata ed evidenziata dalla morbosa granulosità della macchina da presa che segue i precetti del Dogma, da sgangherate riprese dal basso che restituiscono un pezzo di umanità simile a un ritrovo di cannibali mascherati. |
Invece, nella seconda parte di questa sua ultima opera, quando, dopo l’accusa di pedofilia, gli eventi cominciano a colpire il protagonista sempre più duramente, la cieca e ingiusta ferocia della gente di questa comunità sembra essere ripresa in maniera abbastanza anonima, senza che il disturbante potenziale cannibalico presente in queste persone venga veramente fatto emergere attraverso lo stile.
Daniel Montigiani
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Click here to edit.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati