Un eterogeneo gruppo di passeggeri si trova a bordo di un volo da Madrid a Città del Messico: un viaggio che, però, subisce improvvisamente un inaspettato détour, portando gli “amantes pasajeros” a situazioni grottesche.
L’ultima volta che Almodóvar aveva deposto un suo film nello sguardo
dello spettatore era stato non molto tempo fa, nel 2011 con La pelle che abito,
una pellicola che, nonostante si lasciasse sfuggire in maniera attenta e
prudente dei piccoli getti di ironia, era perlopiù abbondantemente
rigata da una rigidissima disciplina delle ossessioni e malattie dei
personaggi, corrispondeva figurativamente a delle geometrie vagamente
kubrickiane. Si usciva dunque dalla sala come se si avesse assistito a
un film simile a un masso scontroso, che faceva fatica a farsi esplorare
dall’esperienza dello spettatore. Con Gli amanti passeggeri, invece,
Almodóvar rovescia le atmosfere drasticamente rapprese dell’ultimo film
(ma anche, in parte, se vogliamo, di altri da lui girati negli ultimi
anni, come La mala educaciòn e Gli abbracci spezzati)
per aprire con interessante spudoratezza sullo schermo un senso di
leggerezza spesso così forte che, una volta usciti dalla sala, si ha
l’impressione di poter tenere il film in mano, di poterlo quasi mettere
in tasca. Il regista, infatti, anche nei (non molti) momenti dal
potenziale (melo)drammatico urgente e ben sfruttabile, sembra
costringere se stesso, appunto, alla commedia.
Ad esempio, a un certo punto il personaggio di Alba, ripreso in controplongée, sta per buttarsi da un viadotto: questa azione, però, viene interrotta dall’improvvisa telefonata dall’aereo dell’ex Ricardo (uno dei passeggeri del volo), che induce la donna, tramite gesti assolutamente comici e ridicoli, a risalire sul ponte per rispondere. La leggerezza che sorregge graziosamente le inquadrature, le atmosfere e il trattamento dei personaggi è selvaggiamente accompagnata da una comicità in più casi tanto ipoco iresistibile iquanto iingombrante che spesso sembra deliziosamente orgogliosa di mostrare il suo lato narrativamente trash (non sono poche, infatti, le battute e le situazioni eccessive che ricordano per certi aspetti l’Almodóvar degli esordi – quello, insomma, di Pepi, Luci Bom e le altre ragazze del mucchio e Labirinto di passioni –, anche se questa pellicola non è minimamente provvista di quell’”anarchia sudicia” dei suoi esordi). |
Pur non essendo certamente uno dei migliori film di Almodóvar, uno dei pregi di quest’opera riguarda proprio la presenza di quelle che potremmo chiamare finezze visive, ovvero elementi interni all’inquadratura o anche piani-sequenza che, forse, soltanto lo spettatore un po’ più accorto riesce a notare. Si pensi a tal proposito, ad esempio, a quando, in una delle ultimissime scene, le riprese prima in campo lungo poi ravvicinate della grande massa di schiuma antincendio attorno all’aeroplano ricordino e rimandino visivamente al bianco, alla forma e alla consistenza delle nuvole.
Da questo punto di vista, dunque, Almodóvar sembra attuare una sorta di “stile non stile”, fatto di immagini apparentemente semplici, un meccanismo che ricorda la “filosofia” del montaggio invisibile e della, appunto, apparente semplicità (che nasconde complessità) di molti film della Hollywood degli anni Trenta.
Almodóvar, inoltre, è ormai “abbastanza Almodóvar” da potersi più che permettere di buttare indirettamente all’interno di un film una serie di autocitazioni: sembra infatti citare fisicamente la figura di Carmen Maura i(sua attrice feticcio soprattutto negli anni Ottanta, quasi inutile dirlo) attraverso il personaggio della veggente (Lola Duenas), o citare piccole parti della storia e delle ambientazioni di Donne sull’orlo di una crisi di nervi (il finale, infatti, come in quest’ultimo film, è ambientato in un aeroporto all’interno di un contesto di emergenza). Tuttavia, proprio ricollegandosi a Donne sull’orlo di una crisi di nervi, come già parzialmente accennato, Almodóvar, con i suoi Amanti passeggeri non riesce a ripetere (se non talvolta soltanto in parte) la quasi perfezione di commedia, tragicommedia e cura dello stile ben presente e vistosa del suo celebre film del 1989.
|
Daniel Montigiani
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.