Trickster Rubrica diretta da Alessandro Rizzo
La sua poetica e la sua
tecnica utilizzata determinano l’originalità e l’autonomia dell’autore
che si ascrive fuori dai consueti canoni classici di una pittura
accademica e didascalica: la valenza della produzione di Simone Menicacci ci porta ad assaporare il percorso personale e formativo. Le opere di Simone non sono categorizzabili né stereotipabili e la produzione ci porta a essere soggetti a continua imprevedibilità dell’evoluzione sperimentale di un’arte che diventa espressiva, magari attingente a quella particolare attenzione che l’Art Nouveau poteva assicurare o un iperrealismo di matrice statunitense all’oggettivismo, la centralità dell’oggetto come forma estetica e contenutistica atemporale. Il suo incontro con la pittura avviene casualmente, riprendendo una sua primitiva inclinazione.
La narrativa nella sua produzione si esplica apparentemente come un itinerario in una oggettistica spesso con risvolti onirici e surreali, in cui la figura, quasi sempre elemento presente nella nostra quotidianità e nell’incessante trascorrere alienante della vita umana, diventa protagonista, suggestione di messaggi che vanno oltre la superficie, ed è delineata in modo preciso e attento.
La narrativa nella sua produzione si esplica apparentemente come un itinerario in una oggettistica spesso con risvolti onirici e surreali, in cui la figura, quasi sempre elemento presente nella nostra quotidianità e nell’incessante trascorrere alienante della vita umana, diventa protagonista, suggestione di messaggi che vanno oltre la superficie, ed è delineata in modo preciso e attento.
È una pittura che viene realizzata su olio partendo da elementi tangibili, oggetti di vita quotidiana fotografati, una mela, profili non individuabili, una bottiglia di vetro di latte, un aspira-polvere, una tazza, su cui, poi, elabora la soggettività rinnovata di nuove dimensioni spazio temporali con una sobrietà ed essenzialità del rappresentato.
Guardare e osservare le opere di Menicacci ci porta a indagare negli interstizi e nella nudità semplice dell’oggetto, panorami che inducono a riflettere su temi che colpiscono la precarietà dell’esistenza: è così, per esempio, in Protezione oppressione dove i contrasti estetici e sostanziali del quadro ci propongono scenari di analisi e di approfondimento non banali. Ed è nel gioco delle forme e nel combinarsi con il contesto circostante che si evidenziano le conflittualità di una quotidianità: l’oggetto ci invita a riflettere su noi stessi, diventando, nella calibratura dei colori e delle luci, quasi parte integrante dell’individuo. L’iperrealismo di Simone, seppure risulti riduttiva la definizione, nasce da un’attenzione minimale ai particolari che formano l’oggetto, portando a celebrare l’elemento reale e di comune utilizzo, partendo da un’elaborazione artistica della sua fotografia, portandoci a immetterci ed esplorare un “super reale”, proprio perché parte dal dato empirico, conducendo poi lo spettatore in una dimensione che va oltre il reale, divenendo quasi introspettiva, psicologica, di certo intellettiva.
Guardare e osservare le opere di Menicacci ci porta a indagare negli interstizi e nella nudità semplice dell’oggetto, panorami che inducono a riflettere su temi che colpiscono la precarietà dell’esistenza: è così, per esempio, in Protezione oppressione dove i contrasti estetici e sostanziali del quadro ci propongono scenari di analisi e di approfondimento non banali. Ed è nel gioco delle forme e nel combinarsi con il contesto circostante che si evidenziano le conflittualità di una quotidianità: l’oggetto ci invita a riflettere su noi stessi, diventando, nella calibratura dei colori e delle luci, quasi parte integrante dell’individuo. L’iperrealismo di Simone, seppure risulti riduttiva la definizione, nasce da un’attenzione minimale ai particolari che formano l’oggetto, portando a celebrare l’elemento reale e di comune utilizzo, partendo da un’elaborazione artistica della sua fotografia, portandoci a immetterci ed esplorare un “super reale”, proprio perché parte dal dato empirico, conducendo poi lo spettatore in una dimensione che va oltre il reale, divenendo quasi introspettiva, psicologica, di certo intellettiva.
Simone riesce a ridare senso e significato, quasi fossero poeticamente dei significanti, a oggetti comu- nemente non riconosciuti nella loro valenza poetica e lirica, rivisitati in un’originalità tale da rendere fondamentale ogni loro minimo dettaglio. Possiamo dire che in Simone si celebra un intreccio variegato che afferisce a un pittorialismo iperrealista tale da creare quegli incontri cromatici funzionali a dare centralità ai minimi dettagli dell’oggetto nella sua
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portata dinamica, costruendo, così, un’estetica parlante, comunicante, di contenuto che unisce l’attenzione per la realtà della fotografia e l’elaborazione della medesima in una visione.
Le opere di Simone trasmettono impressioni tali da rendere l’oggetto quotidiano interpretazione dell’esistente sotto l’ottica non invadente, né in- vasiva, dell’artista: si può parlare di impressionismo nel momento in cui l’elemento di uso comune, casalingo, a noi familiare, ci comunica una sensazione che proviene da un messaggio altro e non visibile all’occhio superficiale dell’osservatore: un itinerario è, questo, che assume qualcosa di narrativo e di intimamente umano, metaforico e allegorico in un’accezione post moderna.
Alessandro Rizzo |
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