Per pensare fino in fondo la poesia riflettiamo sul buio. Il buio non nasconde; e neanche mostra. Custodisce, avvolti dal silenzio, banchi di meraviglia, ammassi di mondo, che, a luce accesa, non compaiono interi. Restano molti loro pezzi al di là, nel buio, proprio perché la luce ritaglia in contorni precisi le cose e ci fa veder la cosa men quel qualcosa d’essa che non ci interessa, cioè quasi niente. La luce, poi, arresta la visione sulla linea dell’orizzonte e, in tal modo, non ci fa più a perdita d’occhio, come dentro il buio, restare. Tutta la verticalità che infiamma la Terra sparisce dentro lo squarcio di luce che appiatta il cielo nero.
E così anche le parole: possono trovarsi in faccia alla luce o fibrillare nell’oscurità. Si tratta a ben vedere di due dimensioni diverse: visivo-figurativo-prospettica o topologico-immaginativa. Le parole, sorvegliate nella luce, hanno la qualità serena di poter essere pure e proprie, così che l’asserzione sia precisa e puntuale. Se dico torre di Pisa non posso avere in mente un treno; se chiedo a qualcuno due chili di pane e lui mi consegna due chili di bulloni, in qualche maniera mi innervosisco, Questa corrispondenza tra le parole e le cose permette una sana e serena comunicazione. Purezza e proprietà sono doti prime dello scrittore, che frantuma il mare ghiacciato in cristalli. Egli dedica cura e tempo a che le sue parole riflettano nitidamente ogni suo concetto. Calibra le sfumature di uno stesso colore che i sinonimi hanno, ad esempio. Ma perché vi sia poesia egli, con candida naturalezza, spegne la luce e si tuffa nel cielo nero di tutte le potenze. La conformità salta, perché le parole là nel buio non rappresentano le cose, sono esse stesse delle cose; respirano, non sono astrazioni. Il buio è densità segreta di inchiostri, che cancella le trame. Le parole sono sole e in movimento, s’addensano o si rarefanno, pur sempre mantenendo una prossimità nella distanza, una nostalgia per cui si rintracciano ovunque. La distanza, ripresa ogni volta, rompe l’aggregazione precedente e prepara l’accadere di nuovo della Poesia, l’accadere di qualcosa di radicalmente nuovo. Rinnova la gioia di parlare. La parola poetica è un’emergenza che necessita di una liberazione, di un’anima che partecipa all’alchimia del distacco, ch’ella desideri fortemente liberare le cose dalla loro immagine, perché sa che il buio non nasconde, è piuttosto la luce che lo fa. E sa anche che parole improvvisamente nuove operano un cambiamento d’essere. Lo scaturire di una nuova immagine invita a un approfondimento della nostra esistenza. Si ripercuote in noi. Insomma, non siamo noi che facciamo risuonare le cose con le parole, disperdendole sui differenti piani della nostra vita, ma sono le parole che, non preannunciate da alcun che, ci approfondiscono. Nel buio si trova l’uscita dalla separazione con la nostra essenza, si esce da quel non-essere-presso-di-noi, a cui ci relega la luce. Si entra, con l’abbandono della zavorra delle rappresentazioni, nella notte tempestosa della nostra potenza di trasformazione. L’Arte è “luce intellettual piena d’amore.” (Dante) Natalia Anzalone
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