Bernardo non riusciva a smettere di fissare la matita.
Nella biblioteca c’era un silenzio sacro. Quella matita, a un tavolo di distanza da lui, era in bilico tra i libri di un giovane studente. Bernardo non riusciva a smettere di immaginare che da un momento all’altro sarebbe potuta cadere e turbare il silenzio della biblioteca. Sarebbe stato come uno schianto. La sua caduta avrebbe echeggiato per le sale della biblioteca, attraverso i corridoi di libri. Non tanto dei vivi si preoccupava – professori e studenti immersi nelle loro letture – quanto di tutti quegli autori seppelliti tra due ali di copertina. Cosa ne avrebbe detto Schopenhauer di quella profanazione del silenzio? E Nietzsche? Heidegger o Goethe? Cosa avrebbe detto Proust oppure Hemingway di quel maldestro giovanotto che non si cura dei propri oggetti? Bastava un solo movimento e il sogno sarebbe svanito: il paradiso perduto. Bernardo cercò di distrarsi leggendo qualche riga, ma non riusciva a pensare ad altro. Di nuovo alzò il viso dal volume e guardò la matita in bilico. Avrebbe dovuto dirglielo? Alzarsi e silenziosamente andare verso il ragazzo per pregarlo di correggere la posa della sua matita? Il giovane avrebbe certo pensato che Bernardo fosse pazzo. Ma non era così! Bernardo voleva solo salvare la situazione. Come non era accettabile starnutire in chiesa, non si poteva accettare di lasciar cadere una matita in biblioteca! Il giovane avrebbe pur dovuto capire. “Non sono pazzo” gli avrebbe potuto dire Bernardo “però Lei deve correggere la posa della sua matita.” No, così non poteva essere. Magari evocando la severità della sua persona, il suo sguardo e la sua forte corporatura, sarebbe bastato guardarlo come fosse un supervisore, il guardiano della biblioteca, e fermatosi alle spalle del giovane avrebbe posato un dito su di lui, pochissima pressione appena abbastanza perché il giovane alzasse il suo sguardo addormentato dal libro dov’era immerso per incontrare la serietà di Bernardo. A questo punto, senza proferire parola, Bernardo avrebbe indicato la matita in pericolo: il giovane avrebbe capito e si sarebbe scusato sommessamente. Così era possibile. Oppure si sarebbe potuto alzare e chiedere al giovane se per caso non gli potesse prestare un attimo la sua matita. Il giovane certamente non gliela avrebbe negata. Bernardo sarebbe tornato al suo posto, avrebbe sottolineato qualcosa e poi restituendola al giovane, si sarebbe assicurato che fosse ben al sicuro sul tavolo. Oppure meglio ancora: con un po’ di coraggio e decisione si sarebbe alzato e senza dire niente avrebbe semplicemente sistemato quella maledetta matita sul tavolo del ragazzo. Allora il ragazzo lo avrebbe guardato stranito ma Bernardo soddisfatto avrebbe già distolto lo sguardo e avviatosi verso i libri li avrebbe rassicurati che lo scambio della morte con la vita sarebbe continuato imperturbabile. A quel punto il giovane si stiracchiò e il tavolo ballò un poco perché maldestramente ne aveva colpito una gamba con il piede. La matita tremò. Bernardo ebbe un tuffo al cuore, si sentì venire meno. Il giovane si scusò con la ragazza che sedeva davanti a lui: era proprio un deficiente. Siamo nelle mani di un deficiente, pensò Bernardo controllando il suo respiro. La matita sebbene avesse tremato, era rimasta ferma in bilico. Ma come fa a non accorgersene?! Avrebbe voluto alzarsi e gridargli con quanta voce aveva in corpo: “Brutto coglione! Non lo vedi che la matita sta per caderti?!” No, doveva calmarsi. Era agitato. Ma era colpa sua se da tre settimane non riusciva a dormire? Se non trovava un po’ di tranquillità da nessuna parte, in nessun luogo, giusto nella biblioteca? E adesso questo sbarbatello qualsiasi avrebbe sventrato il suo ultimo sogno: l’ultima spiaggia dove assopirsi. Non c’era da meravigliarsi se non dormiva la notte. Come si fa a dormire quando si sa che c’è gente di questo tipo a piede libero per le biblioteche? Gente di questo genere che con un solo starnuto di ignoranza è pronta a spazzar lo scambio generazionale delle capacità intellettive ed emotive umane che si è cercato faticosamente di edificare nei secoli. Meglio che cada allora!, si disse Bernardo, che cada e così la facciamo finita, in un qualche modo si supererà il trauma, ma così... Non c’è tortura più intensa di questa tensione nervosa: la coscienza che qualcosa di tremendo sta per abbattersi su di noi. “Devo fare qualcosa!”, si disse Bernardo risoluto, “Non posso starmene qua con le mani in mano come se niente fosse. Devo essere coraggioso! Mi alzo e glielo dico: che pensi pure quello che vuole di me! Me ne frego altamente! Magari in questo momento qualcuno sta leggendo un passaggio fondamentale di chissà quale importante filosofo e del tutto ignaro quel giovane facendo scivolare la sua matita gli disturberà la lettura e gli farà perdere il filo cosicché questi mancherà il passaggio fondamentale che gli avrebbe permesso di comprendere il testo. Che razza di pericolo pubblico: un terrorista! Bernardo era pronto per alzarsi quando il pesante volume che reggeva tra le mani gli scivolò a terra. Tommaso Dati
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