La Storia Alternativa mi ha sempre affascinato molto più della Storia che ho dovuto studiare a scuola, obtorto collo, anche se riconosco che per godersi un buon romanzo ucronico è certo utile conoscere come sono andate le cose nella nostra realtà. Tuttavia non è necessaria una laurea in Storia per godersi la narrativa di Carlo Menzinger di Preussenthal (anche se aiuta) spesso ispirata a questo sottogenere della fantascienza. Carlo l’ho incontrato per la prima volta alla presentazione collettiva all’Hotel Excelsior a Firenze, organizzata da Porto Seguro per i nuovi autori nel settembre 2017. Il mio libro Radici, ancora fresco di stampa, era presente sul tavolo insieme a Il sogno del ragno, primo volume della trilogia Via da Sparta. Mentre Radici si occupa della Storia così com’è, il romanzo di Carlo parla della Storia come avrebbe potuto essere e (per fortuna) non è stata.
Ogni romanzo ucronico ha un punto divergente da cui prende le mosse, distanziandosi dalla storia reale: nel caso di questa trilogia si tratta della vittoria spartana contro Tebe a Leuttra, nel 371 a.C. La potente città greca, dominata dalle severe leggi di Licurgo, in questo possibile universo divergente ha formato un impero che confina a nord con i Regni Scandinavi e a est con l’Impero Nipponico, l’altro grande stato totalitario con cui i lacedemoni devono spartirsi il pianeta. Il 2009 alternativo in cui è ambientata la storia è molto diverso dal nostro tempo: Sparta ha conquistato Atene e cancellato quindi il concetto di democrazia, ha in seguito vinto anche Roma e i vari popoli con cui si è scontrata, aumentando così le fila degli «iloti»: gli schiavi pubblici, l’ultimo gradino della scala sociale, privi di qualsiasi diritto e considerati alla stregua di animali. L’autore ci va giù pesante: dopo poche pagine dall’inizio c’è subito uno stupro ai danni di una diciassettenne che cammina, completamente nuda, per i vicoli di Neapolis (la Napoli ucronica). Non è un fatto eclatante in Vitellia (l’Italia dominata dagli spartiati): Aracne è solo una ilota che ha la sfortuna di essere giovane e bella in un mondo in cui i vestiti sono vietati e chiunque può prendere da lei piacere senza che lei possa opporsi. Ma non è una ilota rassegnata come le altre. Lei ha un sogno: far nascere in un mondo diverso il figlio avuto in seguito allo stupro, che la condannerebbe a morte certa (in quanto già al secondo aborto e quindi – secondo la spietata legge di Sparta – destinata a essere gettata da una rupe in quanto inutile femmina sterile). Perciò fugge da sola verso nord, verso i mitici regni scandinavi dove il potere spartiate non è arrivato e dove i figli crescono in famiglie (concetto estraneo alla morale spartiata), e dove una donna può anche rifiutarsi di accoppiarsi con un uomo, se non vuole. La ricostruzione di questo mondo ucronico e insieme distopico è molto accurata, a differenza di analoghi mondi divergenti (penso all’Impero romano moderno descritto da Sophie McDougall in Romanitas): dopo quasi tre millenni, Sparta ha creato un mondo meno evoluto rispetto al nostro, non solo dal punto di vista dei diritti umani ma anche della tecnologia: gli automezzi a vapore sono una novità recente così come l’illuminazione elettrica e la radio, ma in compenso la genetica è più avanti rispetto al nostro mondo (esistono mutanti, super soldati creati in laboratorio, che però tendono a ribellarsi). Le città sono sotterranee, nel rispetto dell’ambiente e della natura (e forse questo è uno dei pochissimi aspetti positivi di questa ucronia), salvo pochi architetti – malvisti dalla società – che sognano abitazioni di nuova concezione, in superficie (le vicende di Aracne corrono parallele a quelle di Nymphodora, una ragazza spartiate che rincorre l’ideale del bello in architettura): il mondo è sottopopolato, sia grazie alla politica di controllo demografico nei confronti degli iloti (sterilizzati o sterminati in cacce disumane), in quanto Sparta rifiuta i vecchi e i malati, costringendo tutta la popolazione – sia gli spartiati che gli iloti – a sottoporti a un suicidio “volontario” (i Riti della Catarsi) arrivati all’età di cinquantacinque anni (questo particolare mi riporta alla mente un mitico film di fantascienza anni Settanta: La fuga di Logan). Aracne si incammina quindi verso la libertà, tra mille pericoli. La prima comunità incontrata, che non segue le severe leggi spartiate, è costituita da un piccolo gruppetto di «gesuisti», seguaci clandestini di un cristianesimo che è miracolosamente sopravvissuto nella civiltà politeista ellenica. Alla ragazza sembra in un primo momento di aver trovato il suo posto nel mondo, ma ben presto si rende conto di quanto sia precaria quell’esistenza: inoltre l’educazione spartiate che comunque ha ricevuto le impedisce di comprendere e accettare i bizzarri costumi sessuali dei gesuisti: perché coprirsi il corpo e unirsi sessualmente solo con una donna o un uomo uniti da quello strano rito chiamato “matrimonio” rinunciando a tutti gli altri possibili partner? a Sparta gli iloti non possono sposarsi, mentre le spartiate possono avere più di un marito di cui amministrano i beni conquistati in battaglia (a Sparta non esiste la proprietà privata, e anche questo parrebbe essere un aspetto migliore rispetto alla nostra realtà, senonché la corruzione esiste anche in questa società «egualitaria» e guerrafondaia). Il viaggio di Aracne riprende: non fa per lei neanche quella comunità bigotta il cui unico dio si offende se un uomo e una donna che si piacciono si uniscono al di fuori del matrimonio. Intanto Nymphodora si iscrive alla facoltà di architettura nonostante la volontà della madre Clitemnestra. Qui conosce e intesse una relazione romantica, lontana dalla concezione dell’“amore” secondo Sparta, con Doukas, un ragazzo spartiate proveniente dai Carpazi, uno dei pochi maschi che hanno preferito lo studio alla carriera militare. I due giovani condividono una visione “eretica” dell’arte di costruire e finiscono col provare un sentimento umanissimo che la morale spartana ha sempre osteggiato e cercato di cancellare. Le storie di Nymphodora e di Aracne si incrociano nel finale, promettendo nuovi interessanti sviluppi. La prima parte, l’unica pubblicata al momento, è – a detta dell’autore - «è sostanzialmente introduttiva. Con la seconda si entra nel vivo dell’azione.» In realtà l’azione non manca di certo neanche in questo primo volume, alternata alle ampie spiegazioni indispensabili per comprendere il funzionamento di un mondo così lontano dal nostro, con una morale, in parte condivisa dalle ribelli Aracne e Nymphodora, che provoca un forte senso di straneamento nel lettore. Ma in fondo è giusto così; non possiamo aspettarci di riconoscerci in un mondo basato su presupposti così diversi dal nostro, erede della filosofia greca, della legislazione romana, del Rinascimento, dell’Illuminismo e delle rivoluzioni industriali. Massimo Acciai Baggiani
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