La vita, una fuggitiva.
La bella sconosciuta, più la natura umana insistentemente la cerca, più ecco che lei non si fa trovare. E sparendo, lascia il suo riflesso d’oro ovunque. L’essere umano l’avverte solo come una cosa perduta una nostalgia, velata e imprecisa, che lo reclama. Flusso perlaceo di vuoto e vitalità suprema, ella fa d’ogni uomo un infuocato, simile al tramonto; tant’è che, se egli dovesse ber di se stesso, berrebbe fuoco. Erra quindi disperato in cerca di lei nell’Altro, col cuore che palpita e s’arresta, esaurendo tutta la sua energia. La nota che lo ha originato, nel Cielo anteriore, la scorda e la stona. E quel cercarsi, al di fuori di se stesso, accresce la pesantezza di ogni peso. Tutto quello che lo seduce, nella stupidità del caso, ha la rigida morte dell’oro volgare. Un disastroso abisso monta fra lui e l’Altro, fra lui e le cose, fra lui e i pensieri, fra le mille tenebrie. Sì, perché anche i pensieri, pensieri ad angolo, in cui s’identifica, quasi fossero davvero essenzialmente suoi, personali, e di cui egli è diventato preda certa, da lui sono altrettanto fuori quanto gli alberi e gli animali stanno fuori dal tuo corpo. Dove allora riacciuffarti, o vita mia? Non certo palleggiando con il mondo; anche l’Altro ha i suoi draghi, e i suoi diavoli da combattere, e se lo divoro mi avveleno. Dietro ogni uomo c’è la stessa natura; le mie mani stringono aria, ma anche i tuoi colpi sono aria, e mi accorgo che si tratta di una farsa. Ma nemmeno posso fondermi a te, vita cara, nell’isolamento, polveroso e senza ristoro, dove picchia in modo insopportabile il sole rovente del desiderio non placato. I cambiamenti di forma dei miei prìncipi ribelli sono strabilianti, tanto che la loro eco si riverbera, e si riverbera, senza lasciarmi da sola per un momento. Quanto rumore dentro! Le vie della Tradizione, del resto, per quanto diverse, non conducono a forme d’allontanamento dal mondo, fine a se stesse: il deserto è pratica di visualizzazione, d’orientamento e di senso, luogo figurato di visioni di frutti e fiori strabilianti, l’invito a un lavoro paziente, proprio su di te, natura umana. Son dei lacci invisibili quelli che ti tengono avvinta alla tenebra più fitta, più nera della notte, ma anche senza fondo Districarsi nella rete, che tu stessa tessi, non è facile, proprio perché non è facile distaccare vizio da virtù, davanti a te guizzano pesci lucenti, strane ramificazioni ti circondano. Quei pensieri che crescono come una foresta popolata di molte specie animali tentano di darti spiegazione e ammantano di coltri oscure le tue intenzioni, che tu stessa fai fatica a vedere e ad ammettere; ma spiegare una cosa è arbitrio e a volte persino assassinio e l’intenzione limita, anzi esclude, la vita. Con quale pensiero ingenuo allora pensarti? Col Cuore celeste, o spirito primordiale, che si tiene fra i due occhi, nella sala purpurea della città di giada; Non si muove e non si commuove, inesorabile non ascolta le tue spiegazioni e ti penetra, dallo spesso al sottile, senza interruzione, rotolando intorno al proprio nucleo non disperso, come uno scarabeo. È d’intelligenza e chiarezza estrema. Adotta un’attitudine riflessa riguardo a ogni cosa, puramente oggettiva, sorda ai pensieri concernenti se stessi o gli altri, alle spiegazioni, alle intenzioni, in uno stato di saggia spontaneità. Reagisce alle cose per riflesso, come uno specchio d’acqua. Là è il puro segreto della vita che si compie: bisogna mantenere la massima quiete per conseguirla. Appare cioè la perla germinale, la sede dell’Avo. Qui sorge l’altro sole, quello rosso, d’oro immateriale, consacrato a durare; qui si formano le idee, come un flusso di perle. E delle persone, delle cose e dei pensieri sarai amico; e intanto il caso si colmerà di figure. Natalia Anzalone
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