Avete mai pensato dove, o meglio “quando”, vi piacerebbe andare se aveste a disposizione una macchina del tempo ed un biglietto di sola andata per un’epoca passata? Molti avrebbero l’imbarazzo della scelta. Io andrei sul sicuro: stralcerei quel biglietto e me ne resterei a casa. Questa convinzione, ossia che il momento storico in cui vivo sia di gran lunga migliore di qualsiasi altro nel passato, ce l’ho sempre avuta e si è rafforzata di molto leggendo il libro di Giulia Bovone I farmaci nella letteratura.
Che la medicina nel medioevo fosse una cosa allucinante già lo sapevo; quello che non sospettavo è che le cose non fossero cambiate poi di molto fino a tempi recenti, addirittura nello stesso secolo in cui sono nato, il ventesimo, si praticavano ancora cure “scientifiche” che oggi ci appaiono del tutto assurde. Ricostituenti all’arsenico? Cioccolatini lassativi per curare emicrania e febbre? Sigarette per asmatici1? Interventi chirurgici senza anestesia, o con una bottiglia di vino come anestetico, per non urtare la sensibilità cristiana che vede nel dolore un modo per espiare i peccati? Tutto ciò non accadeva solo due o trecento anni fa: è storia dell’altro ieri, cose di cui si ricordano i nostri padri o i nostri nonni. Giulia Govone, una giovane biologa “immessa sul mercato” nel 1989, ha raccolto in un agile libretto i suoi anni di ricerca nel campo della storia del farmaco. Nelle pagine compaiono molte immagini a colori di confezioni di farmaci d’epoca recuperati dai mercatini: eleganti etichette stile liberty, curiose bottigliette segnate dal tempo o flaconi dalla forma bizzarra, oggetti che conservano il loro fascino estetico – se non più la loro utilità o credibilità scientifica – che l’autrice ha preservato in un’opera appassionata e interessantissima di recupero della memoria. Certo, quei farmaci potevano poco o nulla per curare la tubercolosi, l’epilessia, le malattie cardiovascolari o l’asma – tutti mali di cui soffrivano personaggi della letteratura del calibro di Proust, Dostoevskij, Gozzano, eccetera dalle cui opere l’autrice ha riportato all’inizio di ogni capitolo ampie citazioni. Che la letteratura tratti anche di argomenti medici e farmacologici non deve stupirci più di tanto, anche le malattie in fondo sono fatti della vita: ciò che deve farci riflettere – e l’autrice riesce benissimo nell’intento – è l’estrema ignoranza che regnava nel passato, quando non solo la medicina era impotente ma addirittura dannosa, e su quanto siamo fortunati a vivere in un’epoca in cui le conoscenze farmacologiche ci salvano la vita in continuazione senza che noi diamo troppo peso alla cosa2. Certo, nel futuro possiamo immaginare che i farmaci di oggi saranno giudicati barbari e primitivi così come noi oggi giudichiamo barbari e primitivi quelli del passato – tra due secoli magari il buon dottor McCoy ci darà una pasticca che ci fa ricrescere il rene ormai spacciato, come in Star Trek IV: Rotta verso la Terra – ma anche se avessi una macchina del tempo e un biglietto di sola andata per il futuro, invece che per il passato, stralcerei pure quello (per altri motivi che sono chiari a chi ha letto le mie opere di narrativa). Il libro della Bovone è scritto con un linguaggio fresco e accattivante ed è rivolto a tutti, non solo ai medici o ai farmacisti. Un testo simpatico che rievoca nomi del passato oggi scomparsi3 e traccia un panorama stupefacente delle malattie che assillavano i nostri antenati, scrittori o no, rendendo la loro vita breve e misera – salvo pochi fortunati che scampavano ai malanni e alle mani dei medici. Oggi si vive più a lungo, più in salute, ma – come scriveva il Leopardi nel Dialogo tra un fisico e un metafisico – non sarebbe meglio, prima di aspirare all’immortalità grazie all’elisir di lunga vita, trovare un modo per renderla più felice. Massimo Acciai Baggiani
Bibliografia e sitografia:
Acciai M., Etimologie dei farmaci, in Segreti di Pulcinella n. 12, dicembre 2005 Bovone G., I farmaci nella letteratura, Edizioni N.O.S.M., 2016 Note: 1. Se penso che fino a qualche decennio fa non solo era consentito fumare negli ospedali (come nei bar, negli aerei e in tutti i luoghi pubblici) ma erano gli stessi medici a fumare… mi vengono i brividi. 2. Mi viene in mente la scena de L’ombra dello scorpione di Stephen King in cui, in un futuro in cui il mondo è stato decimato da un’epidemia globale, uno dei personaggi muore per una banale appendicite dopo un disperato tentativo di operazione (senza anestesia, non disponibile in questo mondo postapocalittico). 3. i nomi dei farmaci mi hanno sempre affascinato, tanto da scrivere un breve articolo in cui mi domandavo come vengono scelti i nomi commerciali dei medicamenti oggi in commercio [link http://www.segretidipulcinella.it/sdp12/lin_03.htm Scrivono in PASSPARnous:
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