“Fu a Ceske Krizove (nel castello in stile medievale tra Praga e Tábor) che un bambino precoce, stando in punta di piedi davanti a una vetrina di porcellane antiche, rimase ammaliato da una statuetta di Arlecchino modellata dal più grande modellatore di Meissen J, J, Kaendler.”
Così l’autore, Bruce Chatwin, il ventiseienne direttore di Sotheby’s, racconta, dopo essere partito dal funerale del protagonista, la Meraviglia che per la prima volta stregó quello che sarebbe divenuto un Rodolfo (l imperatore che collezionava oggetti esotici come rimedio contro la depressione) del nostro tempo. “Kaspar Utz in quel momento, aveva scoperto la sua vocazione, avrebbe dedicato tutta la sua vita a collezionare - a salvare, come diceva poi - le porcellane della fabbrica di Meissen.” La Praga del 1967, un anno prima che i carri sovietici invadessero la Cecoslovacchia, dice - era ancora la più misteriosa delle città europee, dove il soprannaturale era sempre possibile. Infatti Utz riesce, nonostante la seconda guerra mondiale e lo stalinismo, a salvare più di mille pezzi, acquistati un po’ ovunque, in un minuscolo appartamento di due stanze in via Siroká. Un rapporto, quello con la propria collezione, totale, che lo protegge dagli avvenimenti storici del tempo per vivere nelle mille storie che avvolgono quelle che (calunnemente) Winckelmann chiamava ‘stupide bamboline’. Ma siamo sempre a Praga e subito dopo la morte di Utz, la collezione scompare. L’io narrante, Chatwin stesso, cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa, ma finisce col rimaner fedele alla romantica ipotesi che l’uomo, sentendo la fine vicina, abbia voluto portare con sé le amate statuette, distruggendole pur di non saperle cadute nelle mani insensibili dei funzionari governativi. Ispirato a una storia vera, l’ultimo romanzo di Chatwin, che uscì nel 1988, è l’evocazione insieme ironica e struggente di una condizione umana che alle regole dei più, rifiuta di soccombere: una fuga che si confonde con quella dello stesso scrittore, che si carica di profondi echi emotivi che attingono dalla sua stessa esperienza. “Per lui il vero mondo era il mondo di quelle figurine ... Gli eventi di questo fosco secolo... erano, per quel che lo riguardava, altrettanti ‘rumori di fondo’.” Stefania Trotta
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