Per sofistica si intende il nuovo indirizzò filosofico sorto in Grecia nel quinto secolo a.C. e professato da quegli intellettuali dotati di vasta cultura che la insegnano dietro compenso. Fatto che appariva scandaloso alla mentalità aristocratica greca, secondo cui il sapiente doveva essere disinteressato.
Furono soprattutto Platone e Aristotele, per motivi di egemonia culturale, a combattere i sofisti. Ancora oggi il termine sofista è sinonimo di maestro di ragionamenti capziosi, falsi e artificiosi. Ma non furono soltanto Platone e Aristotele a scagliarsi contro i sofisti che dalle coste della Calabria e della Sicilia sbarcavano a Atene. Uno dei più acerrimi nemici della sofistica fu Calvino. Calvino sferra il suo attacco più duro contro la sofistica perché essa, a suo avviso, non riconosce nulla di immobile, nulla di statico, nulla che vada a senso unico. Alla questione culturale e artistica (la sofia e il sofo per Pindaro sono qualità dell’arte e dell’artista), Calvino risponde con un processo morale e criminologico che condanna l’invenzione linguistica e l’arte oratoria: esse contraddicono la modestia dinanzi all’ordine divino delle cose già da sempre e per sempre creato, come appunto sostenevano più di duemila anni prima Platone e Aristotele. Platone dal canto suo qualifica il sofista cacciatore di giovani ricchi, affarista delle scienze riguardanti l’anima, atleta del linguaggio, spacciatore di pregiudizi che ostacolano il sapere, il senso e la verità dall’unico volto. Per Aristotele, invece, il sofista è uno spacciatore di sofia apparente non reale. Qualche tempo prima Pitagora sofista aveva coniato il termine filosofia. Che cos’era dunque il filosofo per Pitagora? Per Pitagora il filosofo era il saggio, l’amico e amante della saggezza o che si ispira alla saggezza. Erano tante le accezioni di filosofo e tra queste c’era anche quella di poeta. Infatti in quell’epoca i filosofi scrivevano in versi e il ritmo dei loro testi stava nella metrica. Parmenide stesso deposita nel tempio di Elea il suo libro. Libro di metafisica e di fisica in versi, non in prosa. In versi perché allora il diritto, le canzoni, i canti, gli inni erano in versi. Nella poesia prima di Platone, ma anche nel diritto e nell’etica, non c’era l’aspirazione a padroneggiare e a gestire il ritmo. Era quello il tempo del mythos, dell’avvenimento e dell’evento e non del logo (il discorso) dove il tempo si spazializza. Per porre rimedio a questa impadroneggiabilità del ritmo e dell’oralità, Platone introduce la linea e il cerchio. Introduce cioè la geometria come macchina catartica che favorisca l’azione politica intesa come terapia. E così la prosa senza più la metrica serve a descrivere il mondo con cui il logo domina e signoreggia il ritmo. Distante da questa idea di dominio del logo sul ritmo, si situa la sofistica che inaugura l’internazionalismo artistico e culturale nella vanificazione di qualsiasi patriottismo. Vicina più alla lirica che a una specie di filosofia la sofistica non mira a abbattere lo stato, ma indica l’esistenza dell’ingovernabile e che nessun luogo è comune. La lezione della sofistica viene raccolta prima da Cicerone e poi da Machiavellli che, senza più bisogno di frequentare la scolastica, individua nel Principe e, quindi, nello stato un punto di astrazione inoccupabile e inincarnabile. Con Machiavelli sorge, per la prima volta, il cittadino con il suo diritto, la sua libertà e con la sua impresa di vita non più soggetta al tiranno. Enrico Ratti
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