La reazione al Rinascimento, ciò all’instaurazione dell’arte e della follia nella parola, nel pensiero e nel fare, avviene soprattutto attraverso la religione della Riforma (Lutero e Calvino) e poi attraverso la filosofia della Riforma (Cartesio). Questi due modi del pensiero occidentale a differenza del Rinascimento considerano l’oggetto della parola e del pensiero fisso, immobile, toccabile e osservabile. Quindi da assoggettare e da governare. Tra la Riforma e il Romanticismo sorge l’Illuminismo. E l’Illuminismo per duecento anni ha avanzato il primato della ragione sull’Altro personificato e rappresentato in qualcosa di positivo o di negativo. Per instaurare questo primato, l’Illuminismo con la sua filosofia - poi con la filosofia romantica - ha imposto il discorso medico-scientifico contro la possessione e la demonologia. L’Illuminismo crede addirittura che la medicina incominci a esistere con l’Illuminismo e che prima sia qualcosa di preistorico. Sicché la medicina illuminista sorge per illuminare e per contrastare l’oscurantismo e la follia dei secoli precedenti. Per tutti coloro che perdono la testa o che sono invasati come i poeti e gli artisti, l’Illuminismo assicura prima l’asilo degli alienati, poi l’ospedale psichiatrico quindi lo psicofarmaco. Per gli illuministi, infatti, l’individuo è un idiota se non dà il massimo di risalto e di vita alla socialità. Insomma l’Illuminismo è una variante del discorso occidentale dove si tratta di governare, di finalizzare, di guidare i fantasmi e la fantasia.
Il discorso medico-scientifico è quindi ciò che regge l’Illuminismo e poi ovviamente la filosofia romantica. Con Robespierre e Saint-Just la ragione prende quindi il posto della divinità esercitando come superiore gerarchia la più efficace dittatura teocratica. Questa dottrina della ragione portatrice di luce, questa dottrina della fosforescenza, trova il suo trionfo in Hegel che arriva a teorizzare la morte dell’arte. In Italia l’apice dell’Illuminismo viene incarnato da Antonio Gramsci, l’erede della filosofia crociana. E la dittatura di Gramsci si è esercitata per quasi quarant’anni in Italia servendo non solo da riferimento ideologico di un partito, ma anche da principio di autorità nelle istituzioni. Dalle università ai giornali. Ovviamente Gramsci nutre nei riguardi dell’arte una grande avversione, tant’è vero che la ritiene un concentrato di irrazionalismo, plagio, alcolismo, distruzione senza costruzione. Per lui l’arte deve estinguersi nella politica una volta assolto il suo compito di messaggera della politica. È noto, poi, che la rivoluzione nazionalsocialista è una variante della rivoluzione francese e di quella russa dove la purezza del linguaggio, del colore e della razza è prerogativa di questo Illuminismo rivoluzionario. >> Nell’arte, uno dei massimi interpreti di questa fosforescenza concettuale è il pittore Jacques-Louis David (1748-1825). David introduce lo stile neoclassico in Francia e diviene il punto di riferimento fondamentale per tutta l’arte che va dal periodo della Rivoluzione alla caduta di Napoleone. David in questo suo primo periodo sviluppa il suo stile neoclassico rappresentando soggetti del mondo antico e imitando la scultura romana per forme e posture ieratiche. Il suo “Giuramento degli Orazi” è stato volutamente ideato per mettere in evidenza e per imporre il nuovo stile neoclassico nel quale l’impostazione drammatica della scena era enfatizzata da gesti imperiosi e categorici. Dopo il 1789 David adottò uno stile realistico al fine di rappresentare le scene contemporanee della Rivoluzione francese (1789-1799) come nella drammatica “Morte di Marat”. Per sedici anni fu poi il pittore di Napoleone e descrisse anno per anno il suo regno. Dopo la disfatta di Napoleone, David fu esiliato a Bruxelles dove restò fino alla morte. Il suo stile improntato al realismo influenzò i suoi allievi più famosi, Antoine Jean Gross e Jean Auguste Ingres e i suoi temi patriottici fecero da preludio al Romanticismo. Ripudiata la frivolezza del Rococò i pittori e gli scultori si misero alla ricerca di nuovi modelli improntati alla sobrietà, alla severità e alla naturalezza imposte dallo spirito illuminista. Nella scultura negli ultimi decenni del Settecento si vede chiaramente il riferimento ideale e formale al canone classico. Copiare le sculture classiche è considerata la migliore formazione possibile. Mentre lo studio della natura secondo gli insegnamenti di Leonardo veniva messo da parte perché ritenuto troppo oscuro e enigmatico. Infatti gli scultori illuministi considerano il modello da imitare addirittura più vero del vero. E questi modelli ricorrenti vengono dalla scultura greca di Fidia e da quella romana. Antonio Canova (1757-1822) è il miglior interprete italiano dei principi neoclassici di Winckelmann sia nel disegno che nella scultura. Scopo del Canova è il raggiungimento della bellezza ideale. Una bellezza che in natura non c’è. Per questo artista a tale bellezza si può pervenire tramite la massima padronanza della tecnica scultorea, che naturalmente è impadroneggiabile, e sempre imitando la scultura classica. Una delle sue opere più note è “Amore e Psiche” (1787-93). Dopo duecento anni di incontrastato dominio sull’arte, la cultura e la scienza, l’Illuminismo con il suo razionalismo senza ragione temporale è terminato. E gli artisti oggi tanto più sono lontani dalle presunzioni dell’illuminismo e dalla sua variante il positivismo, a proposito dell’arte e della cultura, tanto più hanno la chance di trovarsi nell’autentico e nell’originario dell’esperienza artistica. Esperienza ingovernabile e inassoggettabile per eccellenza. Enrico Ratti
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