Psychodream Theater
La ricerca teatrale di Francesco Panizzo |
«Psychodream non è psicodramma, non è una congettura psicanalitica, ma l’anima e la vita del sogno, di quella parte di umano che chiede di liberarsi dai limiti imposti dal reale». La ricerca così definita, Psychodream, è nata nel 2002 ed è tuttora in via di evoluzione e finalmente in fase di divulgazione.
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Colgo, dunque, questo che è il secondo mezzo di pubblicazione, dopo quello cartaceo presso il mio libro (Quel Me Smedesimo)*, come ulteriore occasione ufficiale per presentare questa ricerca, per raccontarne la nascita e la piacevole scoperta. Psychodream è una certa strada che ho deciso di intraprendere a partire dalla Venezia dei miei vent’anni. Più che di strada, bisognerebbe parlare di traiettoria mentale, poiché non è strettamente legata alle prassi di gestione di un gruppo teatrale, non al mercato dell’arte o alle marionette che esso assiste.
Psychodream non è una via che insegna ad accettare le condizioni dettate dal linguaggio, anche se questa non esclude la possibilità che i linguaggi vengano ‘utilizzati’. È, semmai, la strada per rapportarsi ai limiti che il linguaggio stesso crea nel soggetto. Inoltre, è il tassello di un percorso che non io ho cominciato e, mi rassicuro, non io finirò. La scelta di chiamare così questa idea è decisamente mia, ma il nascere della sua definizione riecheggia tra me e coloro che il progetto hanno ispirato e di cui hanno fatto parte finora. Per la ricerca di coloro che, negli anni, vi hanno fatto parte, tutto il percorso è stato affrontato per appurare come il linguaggio sia strutturato come un inconscio – di fatto destrutturato – e non viceversa, come asserivano personalità illustri, come lo psicanalista francese Jacques Lacan.
Psychodream non è una via che insegna ad accettare le condizioni dettate dal linguaggio, anche se questa non esclude la possibilità che i linguaggi vengano ‘utilizzati’. È, semmai, la strada per rapportarsi ai limiti che il linguaggio stesso crea nel soggetto. Inoltre, è il tassello di un percorso che non io ho cominciato e, mi rassicuro, non io finirò. La scelta di chiamare così questa idea è decisamente mia, ma il nascere della sua definizione riecheggia tra me e coloro che il progetto hanno ispirato e di cui hanno fatto parte finora. Per la ricerca di coloro che, negli anni, vi hanno fatto parte, tutto il percorso è stato affrontato per appurare come il linguaggio sia strutturato come un inconscio – di fatto destrutturato – e non viceversa, come asserivano personalità illustri, come lo psicanalista francese Jacques Lacan.
I primi passi di questo percorso non radicano totalmente nel palcoscenico, a volte lasciano che la sua attività si libri trovando i suoi manifesti anche nella vita reale o in altre vie di espressione dell’arte; certo, è più facile possa fondersi con il teatro, come a me è successo e credo.
Cito questa importantissima sentenza posta da Carmelo Bene:
Cito questa importantissima sentenza posta da Carmelo Bene:
«Lo spettatore, dovrebbe non poter mai raccontare ciò che ha udito, ciò da cui è stato posseduto nel suo abbandono a teatro».
Psychodream è una esperienza aperta a tutti, forse, possibile a pochi.
Vi sarebbero altre questioni alle quali dedicare visibilità, ma, nell’attesa di un riscontro da parte delle istituzioni, rimando per ora alle mie conferenze dimostrative; qui preferisco dare solo un primo abbozzo di questo lavoro, il quale, stiamo cercando di approfondire e che, in questo sito, trova un particolare spazio per accreditarsi. Mi auguro che questo percorso diventi presto una realtà importante nella ricerca teatrale di questo spento paese.
Vi sarebbero altre questioni alle quali dedicare visibilità, ma, nell’attesa di un riscontro da parte delle istituzioni, rimando per ora alle mie conferenze dimostrative; qui preferisco dare solo un primo abbozzo di questo lavoro, il quale, stiamo cercando di approfondire e che, in questo sito, trova un particolare spazio per accreditarsi. Mi auguro che questo percorso diventi presto una realtà importante nella ricerca teatrale di questo spento paese.
Francesco Luigi Panizzo