“Poche le cose che restano alla fine di un’estate”, se non l’ideale di un futuro che la attende nuovamente, prima che “l’inverno del nostro scontento” ci avvolga di grigio in quella nostra nostalgia della “quiete, dopo un addio”. Che resta di un’Europa trasognata da un ideale? Paiono platoniche le beethoveniane parole di Ezio Bosso al Parlamento europeo, quando tifa Europa dopo un maestrale, quanto semplice approfondimento sulla musica e la sua irrompente dissimulazione dei confini. Parole emotive, dette con l’enfasi dovuta di chi, per una situazione personale, non ha più tanto su cui investire se non nel permanere della memoria della sua persona, buona e compassionevole. Ammirevole. Parole che ci ricordano che la peritura avventura della vita è limitata per tutti, non solo per chi ha una malattia che gli restringe il campo d’azione.
Ma di Bosso non resteranno solo gli insegnamenti sull’importanza delle emozioni. Ezio ha donato “alta profondità” con semplici parole, ci ha insegnato che “dal nulla se ne esce il nulla” - come diceva un poeta - e che da un altrove possiamo riprendere quelle competenze per evolverne la matrice e la sostanza di chi le fruisce. A riguardo, ci cita il sistema di gioco del rugby, “passare la palla indietro per andare avanti”, ricordando all’umanità cos’è un vero pensiero politico, riguardo al rapporto tra vecchie e nuove generazioni di cittadini e lavoratori di ogni paese, settore ed estrazione sociale. Ma con la sua umiltà ci ha impartito anche nozioni tecniche importanti. È con dovizia didattica e accademica che De Marinis negli anni ‘60 ci ricordava quanto fosse importante sia lo spazio della drammaturga quanto la drammaturgia dello spazio. Un sapere che Bosso ci snocciola dall’aureola del suo umile sorriso, quando ci descrive l’importanza dell’architettura dello spazio dove giostrare il tempo musicale ponendovi l’orchestra. Ci porta un filo di speranza sul fatto che il grande sapere non debba essere per forza solo elitario e, citando importanti figure dell’arte riesce a non inciampare nel momento narcisistico, al solo autoreferenziale scopo di immolarsi; come un Diego Rivera dell’oggi, “un eroe del nostro tempo”, benché parli del popolo da popolano, senza troppa veemenza e cimentandosi con il Panteon dei grandi maestri della musica, ci disegna i suoi murales emozionali, grazie alla sua intensità musicale; affresca nella nostra mente e nel nostro cuore vivide vitalità creative. Lui direbbe che non sono suoi quei testi musicali che ci ha suonati o diretti e che la musica classica è in realtà preferibile chiamare ‘musica libera’, poiché chi la scrisse ce la tramandò per durare oltre i limiti della identità d’autore di chi li ha stesi. Lui fedele del gesto, unico questo a permanere in una base identitaria dell’artista e ad attualizzare, quindi a rendere immortale, ogni creazione musicale. Bosso, agli antipodi di ogni classismo sociale, ha ricordato a tutti che la cosa più importante della musica è il silenzio e che il canto degli uccelli è anch’esso musicale. Avendo la fortuna di poter ascoltare Ezio in questi anni, come in questi giorni, e sensibilizzati dalla sua timbrica emotiva, non credo possiamo distanziarlo di molto, almeno per il suo pensiero, dal nostro patrono d’Assisi. Non è il sapere che aveva come bagaglio ad averci arricchiti esperendolo in scena, ma ciò che con quel bagaglio ha fatto di se stesso e della nostra sensibilità ad averci scosso davvero e in maniera profondamente intima quanto collettiva. “Dov’è il limite tra sogno e veglia, tra immaginario e reale, tra apparenza ed essenza? La linea si sgretola. Il mondo esplode. Il mio inconscio sono io e posso indossarlo, presentarlo, viverlo e farlo vivere agli altri”.1 Francesco Panizzo
Note:
1 Intervista a Manuela Centrone e a Savio Debernardis a cura di Ilaria Palomba in I. Palomba, Io sono un’opera d’arte, Edizioni del Sud, Bari 2014, p. 58 Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Maurizio Oliviero, Francis Kay, Bruna Monaco, Francesco Panizzo. |
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a Valeria Cimò di Roberto Zanata Il progetto Noos
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