Dopo la presentazione del disco di Illachime quartet in questo doppio numero della rivista, continuiamo a conoscere il gruppo partenopeo nelle parole di Fabrizio Elvetico che ci guida alla scoperta delle sue pratiche:
Fin dalle origini Illàchime ha voluto essere un progetto aperto a collaborazioni, intese come opportunità di contributi molteplici de facto, e non semplicemente in ragione di necessità pratiche: l’idea di avere a che fare con meri esecutori ci è sempre stata estranea. Con il duo iniziale si sono avvicendati nel tempo molti musicisti, fino ad arrivare agli incontri con musicisti di prestigio come Mark Stewart, Rhys Chatham, Graham Lewis. Con quest’ultimo in particolare avemmo la netta sensazione che con una certa generazione di musicisti - quelli che hanno fatto la storia del post-punk - fosse estremamente naturale e stimolante entrarci in contatto: è come se quella esperienza avesse inscritto nel loro DNA una attitudine alla sperimentazione e alla curiosità nei confronti di qualsiasi esperienza “anomala” e a prescindere dalla sua provenienza il che, di questi tempi e dalla nostra prospettiva, ci appare tutt’ora quasi commovente. Già dalle prime battute emerge il clima fortemente relazionale che anima le pratiche dal gruppo nonostante le distanze fisiche: Fu anche evidente un’altra cosa: attraverso un confronto serrato tra noi - ancorché avvenuto a distanza - lui ci regalò un miglioramento nella struttura della composizione su cui gli proponemmo di intervenire che rivelò quanto la sua visione di un pezzo fosse globale e non avesse nessuna intenzione di limitarsi a una “comparsata”. Tutto questo con un’umiltà e una serietà da cui c’è tutto da imparare. Si tratta di un processo ricorsivo nella crescita del gruppo tale che: Con l’ultimo album siamo tornati a fare quello che abbiamo sempre fatto, pescare nella nostra rete di conoscenze per costruire i pezzi del disco, ma con una differenza: in questo caso c’era anche da eseguire delle partiture, che prevedevano innanzitutto una sezione di fiati, da un minimo di quattro a un massimo di dieci elementi; si trattava di avere la disponibilità di tutti questi musicisti per un progetto che non fosse il loro e, posta la natura di autoproduzione povera, senza che fosse immaginabile - nonché inutile - parlare di “turni”, ma solo di generosità e di stima nei confronti del progetto, oltre che di amore per la musica. Naturalmente, prima di poter scrivere le parti abbiamo sondato questa disponibilità, e la risposta è onestamente stata davvero sorprendente. Abbiamo già avuto modo di rilevare il clima cooperativo che si respira nelle cose della musica contemporanea napoletana: anche questa esperienza sembra intrecciarsi in maniera adeguata al profilo da noi intravisto in altri pezzi apparsi in maniera disordinata, mensilmente, sulle pagine web della nostra rivista: A partire dall’esperienza del collettivo di improvvisatori Crossroads e poi con quella dell’OEOAS, l’Orchestra Elettroacustica Officina Arti Soniche, Napoli sembra aver costruito negli ultimi dieci anni un tessuto di relazioni tra musicisti di una qualità che non crediamo sia facile ritrovare altrove. Già in quei contesti ci era stato possibile entrare individualmente in relazione con la maggior parte di coloro che hanno partecipato al disco. Ma c’è anche da ricordare che l’Asilo non solo ha ospitato negli anni in più occasioni quei due progetti, ma fin dal 2013 aveva varato Geografie del suono, un “format” concertistico che ha favorito sempre incontri, talvolta imprevedibili, tra artisti provenienti da ogni parte del mondo con quelli dell’area campana, generando una partecipazione entusiastica dei musicisti come del pubblico. Per come l’abbiamo percepita, questa natura di luogo di incontro e di coworking solidale dell’Asilo - peraltro coproduttore del progetto - ha costituito un ambiente “safe”, dando così forma a quel valore aggiunto che ne ha reso possibile la realizzazione. In ultima analisi, chiedo a Fabrizio di ripercorrere nuovamente la storia del quartetto così da ricavare un profilo agile di una formazione ben disposta agli attraversamenti: Il progetto Illachime Quartet nacque nel 2002 in realtà intorno a un duo, composto da Gianluca Paladino e Fabrizio Elvetico, che si erano ritrovati a condividere uno spazio di produzione musicale. A quell’epoca Gianluca si occupava principalmente di sonorizzazioni ambientali e multimediali, Fabrizio si stava allontanando dalla composizione accademica, paradossalmente nel momento in cui aveva cominciato a insegnare in Conservatorio, e si stava riavvicinando alla libera improvvisazione, il suo interesse originario. Nacque così il primo album, costituito da lunghi brani in cui un’improvvisazione non codificata stilisticamente si innestava su pratiche compositive di tipo combinatorio, e con un certo uso di field recordings. Il lavoro fu molto apprezzato e quattro anni dopo furono inclusi due nuovi lavori basati su tecniche generative nel volume 9 della compilation Bip_Hop Generation della omonima label di Marsiglia, che fotografava alcuni dei più interessanti progetti di sperimentazione “trasversale” a livello globale. A questa data era entrato a far parte stabilmente del gruppo il violoncellista Pasquale Termini. Nel 2009 esce finalmente il secondo album, I’m Normal, my Heart still Works, lavoro che, anche grazie alle partecipazioni prestigiose, sembrava poter consentire al progetto uno scatto in avanti, che per noi significava essenzialmente qualche contesto live di qualità in più. Purtroppo, un po’ per nostra incapacità nell’autopromuoverci, un po’ per la staticità del panorama dell’epoca - per dirne una, per quanto il disco fosse distribuito sul territorio nazionale, non riuscimmo a ottenerne una presentazione in nessuna libreria Feltrinelli - nel giro di un paio d’anni decidemmo di abbandonare il progetto. Mettemmo giusto assieme un terzo album, Sales, che doveva rappresentare l’atto di chiusura di Illachime, con un pezzo inedito e dieci remix, alcuni davvero molto belli, realizzati da musicisti più o meno noti. Sarebbe arrivato poi il momento di Soundtrack (for Parties on the Edge of the Void) il quarto album del gruppo free-form napoletano Illàchime, out dal 7 giugno 2019. Antonio Mastrogiacomo
Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Maurizio Oliviero, Francesco Panizzo. |
Intervista
a Valeria Cimò di Roberto Zanata Il progetto Noos
a cura del Moa ensemble Intervista a Marcello Liverani e Maura Capuzzo di Roberto Zanata WORMHOLES
Una performance audio-visiva di Roberto Zanata Processing
di Roberto Zanata |
PASSPARnous:
|
Torna alla Home
|
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati