Le mardi 9 juillet à Lausanne, en Suisse, dans le cadre du festival de la Cité, quelques initiés s’étaient donné le mot pour assister au concert gratuit donné par Aldous Harding : avec «Designer» (2019), cette chanteuse et musicienne néo-zélandaise, aux sonorités folk-pop, en est actuellement à son troisième album studio ; son premier opus date de 2014, alors que le suivant, «Party», est sorti en 2017. Bien que les amateurs l’appellent déjà simplement «Aldous», il faut préciser qu’à l’origine, Hannah Harding avait choisi ce prénom typiquement masculin pour la scène. Comment expliquer l’intérêt collectif manifesté à Lausanne envers cette artiste, alors qu’elle ne s’était pourtant encore jamais produite dans les environs? L’une des explications d’un tel attrait réside probablement dans la réputation de professionnalisme acquise au fil de ses prestations. Lors de ses concerts, Hannah «Aldous» Harding semble souvent plongée dans une transe assez théâtrale; elle décline l’univers personnel de ses chansons à travers une attitude hiératique, jouant de sa voix et de son grand corps tout en maintenant volontiers les yeux écarquillés face à son auditoire - comme si elle désirait l’hypnotiser. Mais, lors du concert de Lausanne, Aldous Harding a montré qu’elle n’hésite pas, au besoin, à briser cette illusion dramatique en adressant au passage quelques pointes d’humour à l’attention de ses spectateurs.
Aux yeux et à l’oreille du grand public, l’artiste originaire des antipodes ne manquera pas de rappeler le lyrisme pop de la chanteuse anglaise Kate Bush. Toutefois, il est également évident qu’Aldous Harding s’inspire d’autres références musicales, souvent plus confidentielles que celle de Kate Bush, comme la folk psychédélique de Linda Perhacs. Sa capacité à combiner efficacement ces diverses influences permet à Aldous Harding de faire preuve d’une rare inventivité et l’on tient là, sans doute, la deuxième raison de son appréciation critique. De plus, cette créativité musicale a souvent bénéficié d’une traduction visuelle au moyen de vidéo-clips rivalisant d’originalité : pour son titre «Blend», Aldous Harding porte ainsi la réplique exacte du costume de l’une des «playboy bunnies» d’Apocalypse Now, alors que dans le mélancolique «Imagining My Man», elle demeure à l’arrière d’un taxi qui parcourt la ville d’Auckland - les deux clips ayant été réalisés par Charlotte Evans ; plus récemment, pour «The Barrel», dirigé par Martin Sagadin, la chanteuse incarne un personnage plus trouble encore, jouant sur l’ambivalence entre attirance et répulsion. Depuis ses débuts discographiques, c’est donc une étrange oeuvre esthétique qu’Aldous Harding élabore, en constante transformation, au point qu’il devient parfois difficile d’y trouver ses repères, bien que l’une de ses chansons s’intitule précisément «Horizon» («Here is your princess / And here is your horizon»). Mais ignorant les écueils, la fantasque néo-zélandaise continue de tracer sa propre voie et les curieux ayant assez d’audace pour embarquer sur son bateau ivre ne seront pas déçus par le dépaysement. Il pop-folk danzante e allucinato di Aldous Harding Martedì 9 luglio a Losanna, in Svizzera, nell’ambito del Festival de la Cité, qualche iniziato si è passato la voce per assistere al concerto gratuito tenuto da Aldous Harding: con Designer (2019), questa cantante e musicista neozelandese, dalle sonorità folk-pop, è attualmente al suo terzo album in studio; la sua prima opera è datata 2014, mentre il successivo album, Party, è stato pubblicato nel 2017. Anche se i fan la chiamano già semplicemente “Aldous”, va notato che Hannah Harding originariamente ha scelto questo nome tipicamente maschile per la scena. Come spiegare l’interesse collettivo dimostrato a Losanna verso questa artista, che peraltro non si era mai esibita prima in zona? Una delle spiegazioni riguarda probabilmente la reputazione circa la professionalità acquisita in seguito alle sue esibizioni. Durante i suoi concerti, Hannah “Aldous” Harding sembra spesso essere immersa in una trance piuttosto teatrale; sviluppa l’universo personale delle sue canzoni attraverso un atteggiamento ieratico, giocando con la sua voce e il suo grande corpo mantenendo volentieri gli occhi spalancati davanti al suo pubblico - come se volesse ipnotizzarlo. Ma al concerto di Losanna, Aldous Harding ha dimostrato che non esita, se necessario, a rompere questa illusione drammatica rivolgendo di tanto in tanto qualche accenno di umorismo all’attenzione dei suoi spettatori.
Agli occhi e alle orecchie del grande pubblico, l’artista originaria degli antipodi sicuramente ricorderà il lirismo pop della cantante inglese Kate Bush. Tuttavia, è altresì evidente che Aldous Harding trae ispirazione da altri riferimenti musicali, spesso più confidenziali di quello di Kate Bush, come il folk psichedelico di Linda Perhacs. La sua capacità di combinare efficacemente queste varie influenze permette ad Aldous Harding di mostrare una rara inventiva ed ecco, senza dubbio, la seconda ragione del suo apprezzamento. Inoltre, questa creatività musicale ha spesso beneficiato di una traduzione visiva attraverso videoclip che rivaleggiano per originalità: per il suo titolo Blend, Aldous Harding indossa l’esatta riproduzione del costume di uno dei “coniglietti playboy” di Apocalypse Now, mentre nella malinconica Imagining My Man rimane nel retro di un taxi che viaggia attraverso la città di Auckland - entrambe le clip sono state dirette da Charlotte Evans; più recentemente, per The Barrel, diretto da Martin Sagadin, la cantante incarna un personaggio ancora più inquietante, giocando sull’ambivalenza tra attrazione e repulsione. Fin dai suoi inizi discografici, è quindi uno strano lavoro estetico quello che Aldous Harding sviluppa, in costante trasformazione, al punto che a volte diventa difficile trovarvi dei punti di riferimento, malgrado una delle sue canzoni sia proprio intitolata Horizon (Here is your princess / And here is your horizon). Ma ignorando le insidie, la fantastica neozelandese continua a tracciare il suo percorso e i curiosi abbastanza audaci da «imbarcarsi sulla sua barca ubriaca» non saranno delusi dallo spaesamento. Francis Kay
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