A proposito della composizione, Tenney ci dice che l’idea generatrice del pezzo è stata sviluppata a partire dall’immagine sonora del traffico – e specialmente da quella del tunnel, in cui la sonorità risultante è più ricca, più densa e i mutamenti sono più graduali: «Iniziai a concepire una composizione musicale che non solo facesse uso di materiale sonoro simile a questo, ma che ponesse anche in atto mutamenti di sonorità analoghi. Pensai al suono della risacca dell’oceano – che per molti versi è simile a quello del traffico del tunnel – e in effetti i risultati sono manifesti all’ascolto del Noise Study. Non mi interessava però la periodicità caratteristica dei suoni marini, e perciò, nel corso del processo compositivo, la evitai accuratamente. Desideravo invece la particolare aperiodicità – o asimmetria – del fluire ritmico caratteristico dei suoni del traffico.» [1] Così per la realizzazione del brano Tenney costruì uno strumento in grado di produrre bande di rumore mediante modulazione di ampiezza casuale di una portante sinusoidale, con la possibilità di controllare per ogni nota l’ampiezza, la larghezza di banda e la frequenza di centro banda.
Ci troviamo dunque dinanzi alla possibilità di comporre il suono con la macchina, affidando l’esecuzione alla macchina. Viene richiesta una consapevolezza che incorpori una costellazione di conoscenze acustico-tecnologico-musicali mediante cui costruire artefatti che siano congruenti con le operazioni realizzate. Con altre, e più adeguate parole: «Ogni prassi creativa originale e significativa consiste, in misura non trascurabile, in un’incessante ricerca e sperimentazione dei mezzi, in una costante elaborazione degli strumenti di lavoro e di conoscenza. Si tratta della ricerca di un coefficiente di libertà d’azione, che è condizione necessaria affinché si materializzi anche l’adeguata libertà d’espressione. Le pratiche d’arte, in generale, contribuiscono alla qualità dell’esperienza umana innanzitutto con il loro fornire exempla di costruzione libera e consapevole. Prima dei valori estetici, il punto decisivo è la coscienza del margine di azione che ogni artista originale persegue nel proprio lavoro. La musica non fa eccezione: si tratta di sapere come fare ciò che si fa, di attivarsi sul come, per sapere davvero anche cosa. Mi sembra importante anche sul fronte della formazione musicale e artistica in generale, dove infatti mirare a una seria conoscenza dei mezzi è condizione indispensabile per acquisire la necessaria coscienza dei materiali.» Agostino Di Scipio nel suo saggio Il suono come dono non disinteressato. Spunti per una biopolitica della musica[2], anticipa quelli che saranno i passi della Teoria estetica che andremo a rileggere prima di immergerci nella questione del materiale musicale informatico, in cui ritrovare il nesso teoria-prassi come pietra angolare nella composizione della musica elettroacustica. La domanda che infatti i compositori col loro operare ci pongono è: come sta cambiando la musica, la nostra esperienza musicale, la concezione stessa di arte dei suoni, in un mondo in cui tale arte viene pensata, vissuta, prodotta attraverso il computer? Avremo modo di riprendere la questione con le risposte che gli stessi compositori ci offrono grazie alla fertilità della riflessione teorica sulla propria poetica; ora è però arrivato il momento di riportare da Teoria estetica[3] i due paragrafi con cui dialogheranno le loro risposte. Sul concetto di materiale «Contro la gretta divisione dell’arte in forma e contenuto occorre insistere sulla loro unità, contro la confezione sentimentale della loro indifferenza nell’opera d’arte sul fatto che nella mediazione la loro differenza al tempo stesso sopravvive. Se la loro perfetta identità è chimerica, essa d’altro canto nemmeno sembra risolversi in una benedizione per le opere: in analogia con quel che dice Kant, queste diverrebbero vuote o cieche, gioco che soddisfa se stesso o rozza empiria. Più che altro, sul versante del contenuto, alla distinzione mediata rende giustizia il concetto di materiale. Secondo una terminologia che pian piano si è imposta quasi universalmente nei generi artistici, si chiama così ciò che viene formato. Non è la stessa cosa che il contenuto; Hegel li ha sciaguratamente confusi. Lo si può illustrare in riferimento alla musica. (Ecco il filo che lega) Il contenuto di quest’ultima è ciò che succede, eventi parziali, motivi, temi, elaborazioni: situazioni mutevoli. Il contenuto non è esterno al tempo musicale ma gli è essenziale, e questo a esso. È tutto ciò che ha luogo nel tempo. Il materiale, invece, è ciò che gli artisti maneggiano: ciò che gli si offre in parole, colori, suoni, su fino a collegamenti di qualunque sorta, fino a procedimenti sviluppati di volta in volta in funzione dell’intero; dunque, tutto ciò che compare innanzi a loro su cui essi devono decidere. L’idea dell’eleggibilità del materiale diffusa tra artisti che non riflettono, è problematica in quanto ignora quella coercizione sia del materiale sia a un materiale specifico che domina nei modi di procedere e nel loro progresso. Scelta del materiale, utilizzo e limitazione nella sua applicazione, sono un momento essenziale nella produzione. Anche l’espansione nell’ignoto, l’ampliamento al di là dello stato determinato del materiale, è in larga misura funzione di questo stato e della relativa critica che esso a sua volta determina. Il concetto di materiale viene presupposto da alternative come quella tra l’operare di un compositore con suoni che hanno origine nella tonalità, e che sono in qualche modo riconoscibili come suoi derivati, e il suo eliminarli radicalmente; analogamente, da quella di oggettuale e inoggettuale, di prospettico e aprospettico. Del concetto di materiale si è forse presa coscienza negli anni Venti. Se si prescinde dal modo di dire di quei cantanti che, tormentati dal timore della propria dubbia musicalità, si vantano del proprio materiale. A partire dalla teoria hegeliana dell’opera d’arte romantica, perdura l’errore secondo cui, insieme alla predeterminazione di forme diffuse, sarebbe venuto meno anche il carattere vincolante dei materiali con i quali le forme hanno a che fare; l’ampliamento dei materiali disponibili, che va ben oltre i vecchi confini tra i generi artistici, è un risultato solo dell’emancipazione storica del concetto artistico di forma. Dall’esterno quell’ampliamento viene molto sopravvalutato; lo controbilanciano i rifiuti a cui gli artisti sono costretti non solo dal gusto, ma dallo stato stesso del materiale. Del materiale astrattamente disponibile, solo estremamente poco è utilizzabile concretamente, ossia senza collidere con lo stato dello spirito. Il materiale non è materiale naturale neanche quando si presenta agli artisti come tale, ma è storico da parte a parte. La presunta posizione sovrana degli artisti è il risultato del crollo di ogni ontologia artistica, e questo crollo a sua volta colpisce i materiali. Questi non dipendono dai cambiamenti della tecnica meno di quanto quest’ultima non dipenda dai materiali che essa di volta in volta elabora. È evidente quanto, ad esempio, il compositore che si serve del materiale tonale lo ricava dalla tradizione. Ma anche quando egli, in maniera critica nei confronti di quel materiale, ne utilizza uno autonomi, completamente depurato da concetti come consonanza e dissonanza, accordo, diatonica, nella negazione è contenuto il negato. Creazioni del genere parlano in forza dei tabù che irradiano; la falsità, o almeno il carattere di shock di un qualunque accordo perfetto che esse si concedono, porta ciò in superficie, e la spesso criticata monotonia dell’arte radicalmente moderna ha in ciò la propria causa obiettiva. Il rigorismo di più recente formazione, che nel materiale emancipato elimina definitivamente fin dalla venatura nascosta di ciò che è composto o dipinto in residui di quanto è tramandato e negato, non fa che ubbidire alla tendenza storica con assai meno riguardi, nell’illusione di una pura datità del materiale privo di qualità. La dequalificazione del materiale, superficialmente la sua destoricizzazione, è anch’essa una tendenza storica del materiale in quanto tendenza della ragione soggettiva. I suoi limiti risiedono nel suo lasciare nel materiale le determinazioni storiche di quest’ultimo.»[4] Prima di riprendere la questione del materiale musicale nella sua elaborazione al computer, considerato dai compositori uno strumento di conoscenza a disposizione di nuovi percorsi dell’espressione musicale, è opportuno legare il precedente paragrafo al paragrafo sulla tecnica, di seguito interamente riproposto. Antonio Mastrogiacomo
Note:
[1] Pousseur, H. (a cura di), La musica elettronica, pag. 231-2. [2] Saggio presente in Aa. Vv., I linguaggio dell’organizzare. Musica e testo tra dono e disinteresse, Editoriale Scientifica, Napoli 2013, pag. 65 [3] Adorno T.W., Teoria estetica, a cura di F. Desideri e G. Matteucci, trad. it. a cura di G. Matteucci, Einaudi, Torino 2009. [4] Adorno T.W., Teoria estetica, pag. 198-200. Scrivono in PASSPARnous:
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Francesco Panizzo. |
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