Quando nell’agosto del 1975 i Television pubblicano il loro primo singolo, Little Johnny Jewel, i Genesis si sono ufficialmente sciolti da un mese; nel settembre dello stesso anno i Ramones incideranno le loro prime due demo. Il passaggio del testimone tra il progressive e il punk è in procinto di avvenire, e la band newyorkese si incarica di suggellare il momento dando alla luce un brano stralunato e ibrido che, pur basandosi quasi unicamente su un incisivo riff di basso, si protrae per circa nove minuti e vanta nella sezione centrale un commovente assolo di chitarra.
Poco meno di due anni dopo, l’8 febbraio del 1977, il gruppo pubblica per l’Elektra il suo esordio su 33 giri, Marquee Moon, che oggi viene ricordato come uno dei più grandi capolavori della storia del rock. I Television del guitar(anti)hero Tom Verlaine, al secolo Thomas Miller, furono capaci al loro debutto di creare un sound al tempo stesso asciutto e sinuoso, punk e psichedelico insieme, in brani taglienti e secchi ma non privi di finezze strumentali e, in alcuni casi, caratterizzati da una struttura articolata e dinamica ancora mutuata dalle lunghe pièce progressive. Si potrebbe quindi dire che il maggior merito storico di Marquee Moon consista proprio nel suo essere calato nel presente della sua epoca senza voler cancellare il passato, cogliendo quindi soltanto gli aspetti costruttivi di una rivoluzione musicale che, per la vastità della sua portata, ha per forza di cose dovuto distruggere molto. Ed è proprio il suo rispetto verso il passato a rendere il disco un classico senza tempo. Se l’iniziale I see no evil mostra il versante più aspro del suono della band e le potenzialità (non tecniche, ma espressive) della voce sgraziata e aliena di Verlaine, Venus e Prove it lasciano trasparire un’indole più dolce e malinconica che sublima, in ambedue i casi, in un solo di chitarra da lacrime. In Elevation la sei corde cede momentaneamente lo scettro alle pulsazioni solenni del basso di Fred Smith (mai così drammatico e teso all’interno dell’album), salvo poi riprenderselo quando, coadiuvata dalla splendida batteria di Ficca, frammenta il ritornello con quella scala ascendente che è, alla fine, il tratto distintivo del brano. Il solismo liquido di Tom Verlaine e Richard Lloyd (eccellente secondo chitarrista, che in pochi ma significativi casi sveste i panni di spalla per indossare l’abito da protagonista) è forse ancora più in evidenza all’interno di altri due brani: lo sghembo ma accattivante blues Friction e la ballata - appena un pelo melensa, ma comunque emozionante - Guiding Light sembrano quasi essere standard adattati allo stile del gruppo durante i quali far cantare la chitarra, ora con note martoriate e dissonanti prolungate fino allo spasimo (Friction), ora con frasi epiche quasi gilmouriane (Guiding Light) Capolavoro nel capolavoro è la title-track, Marquee Moon, un flusso di dieci minuti in cui le due chitarre in controtempo, la semplicissima linea di basso e la voce monotona di Verlaine creano una trance dalla quale neanche lo struggente ritornello riesce a distogliere. Ci si rende conto di cosa si sta ascoltando soltanto quando la Fender comincia a gorgogliare, a piangere, a lamentarsi, a salire e a scendere in un vortice ipnotico e stupendo. Non a torto Patti Smith, ex compagna di Verlaine, ha paragonato il suono della sua chitarra all’urlo di mille uccelli: mai nessuno aveva suonato il suo strumento in maniera così “organica”. Con Torn Curtain, brano dalle tinte fosche e drammatiche, cala il sipario: il gruppo, stavolta sugli scudi nel suo complesso, sfodera un arrangiamento da brividi (compaiono per la prima volta anche le tastiere), a tratti commovente nell’accompagnare il lamento di Verlaine e l’agonia della sua chitarra. Nel 1978 i Television registreranno Adventure, album molto valido dall’umore malinconico e autunnale, per poi chiudere quattordici anni dopo la loro poco quantitativamente prolifica carriera con Television. Marquee Moon resterà il loro capolavoro e influenzerà parecchia musica a venire (si provi ad ascoltare anche di sfuggita un qualsiasi brano degli Strokes, ad esempio). Poter ascoltarne un’esecuzione per intero dal vivo nel luglio del 2016, nella suggestiva cornice del teatro romano di Fiesole, da una band di ormai anziani signori dall’immutata grinta e capacità evocativa, è stato per il sottoscritto e per tutti presenti un raro privilegio. Manlio Palmieri
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