Come già sottolineato lo scorso mese, i siti e le corrispondenti app che offrono musica in streaming permettono ai fruitori di poter avere a portata di click o touch la musica preferita in qualsiasi luogo, in modo molto più semplice e diretto che in passato. Poiché tutto può migliorare, anche in questo caso non mancano lamentele su alcuni difetti. Nel caso di Spotify, per esempio, si criticano le pubblicità, l’impossibilità di passare liberamente da una canzone a un’altra di un disco o una playlist scelta e, per chi ha un orecchio sopraffino, la qualità degli audio.
Il rimedio a tutto ciò è a portata di portafogli virtuale: quanto appena riportato può diventare un lontano ricordo a patto che si sia disposti a sottoscrivere un abbonamento mensile, al costo di 10 € al mese, o annuale. Essendo Spotify alla soglia del suo 10 compleanno, c’è stato tutto il tempo necessario per mettere in circolazione app che permettessero di aggirare il sistema a pagamento e garantire gli stessi agi degli abbonati pur non essendolo. Il risultato è stato che fino a pochi giorni fa su 159 milioni, 88 utilizzavano il servizio gratuito, buona parte di loro tramite app che riuscivano a crackare Spotify non facendoli risultare come abbonati ma garantendo comunque le stesse loro possibilità. Alla vigilia dell’entrata in borsa della azienda svedese, tutti coloro che hanno optato per la strada a costo zero si sono visti bloccare l’accesso alla app. Il breve messaggio di accompagnamento ha informato i destinatari del fatto che la condizione rimarrà tale fin quando la app di simulazione di abbonamento premium non sarà disinstallata. Oltre alla solita ira di chi era in difetto, l’episodio ha fatto sì che da un lato ci sia stato un momento di riflessione circa l’utilità di piattaforme di streaming musicale e della giustizia del costo delle stesse da un lato e di divulgazione di mezzi alternativi e realmente gratuiti dall’altro. Come sottolineato da A. Coclite su Rolling Stones, servizi come Spotify sono quelli che garantiscono ancora l’esistenza di un mercato musicale altrimenti in crisi. Inoltre, sebbene 10 € possano sembrare una cifra alta l’abbonamento a una app, bisogna ammettere che se si preferisce crackare Spotify anziché ripiegare su molte altre analoghe e gratuite è perché si reputa quella svedese superiore. Per coloro che sono ancora in dubbio su che posizione prendere sulla faccenda: SoundCloud, Bandcamp, Jamendo, MusicUp, YouTube e la valanga di web radio sono certamente meno rapidi ma ancora gratis. Ambra Benvenuto
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a Valeria Cimò di Roberto Zanata WORMHOLES
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