Poco più di un secolo fa un poeta scrittore, Filippo Tommaso Marinetti, dichiarava nel suo Manifesto del Futurismo: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”.
Le discutibili affermazioni ivi contenute riflettono una realtà oggettiva: qualcosa nella vita degli uomini è cambiato; tutto volge verso una crescente rapidità nell’ottenere un qualsiasi risultato, la febbre dell’immediatezza si diffonde come un’epidemia, risparmiando pochi individui. Anche l’arte, in tutte le sue forme, riflette questa realtà, contraddicendo il più delle volte secoli di tradizione, confondendo le aspettative di chi non è pronto a recepire moduli espressivi estranei alla propria comunità linguistica. L’arte nel XX secolo è caratterizzata dalla convivenza e insieme dalla frattura tra la rappresentazione nostalgica del Bello, secondo stilemi continuativi della tradizione, e la rappresentazione del reale, nella fedele o immaginifica riproduzione di ciò che è diventato. Questa frattura riflette scelte estreme da parte dei fruitori, schierati da una parte o dall’altra, relativamente alla propria sensibilità, al bagaglio culturale, e alla volontà di esporsi a un’estensione della propria conoscenza. Espressionismo, cubismo, surrealismo, teatro dell’assurdo, serialismo integrale, musica concreta, stocastica, elettronica, nella loro astrazione o divagazione dal reale hanno costantemente trovato un poderoso scudo d’incomprensione. Lentamente oggi, in alcuni casi e in alcune forme, l’arte tende a rincontrare la gente, ad avvertire la necessità di coinvolgerla, di comunicare con essa, ma alla luce di tutto quanto è finora avvenuto; attraverso un elemento comune: l’immediatezza. Affacciatosi di recente sulla scena della ricerca musicale Antonio Mastrogiacomo propone il suo ultimo lavoro Suonerie, 26 tracce di suono fissato, un documento della realtà sonora che oggi viviamo. La consueta facile obiezione da parte della stragrande maggioranza di ascoltatori “ma questa non è musica!” trova nel suo lavoro una risposta estremamente naturale: non è musica. È finalmente evidente che l’ascolto di questa ricerca non può presumere l’approccio a un’opera musicale tradizionale, con l’implicita domanda a se stessi: “Sarò in grado di capirla?”. La sua immediatezza non ha bisogno di background culturali, - anche se gli studiosi e gli “addetti ai lavori” li troveranno – perché riflette ciò che ognuno di noi vive, oggi. La meticolosa ricerca di Mastrogiacomo racchiude in questo CD 726 suonerie, da lui modificate e riassemblate. Suoni fissati in tracce audio, ventisei, come le lettere dell’alfabeto da cui ricavare parole, come fotogrammi in un video da poter tagliare e ricomporre liberamente, come fotografie da disporre a piacimento in un album, secondo un ordine non necessariamente cronologico…; secondo le poche ma utili indicazioni fornite dallo stesso Mastrogiacomo in copertina: “un’opera aperta, in quanto ogni materiale può essere da un lato ridisposto in maniera diversa, dall’altro non esaurisce la collezione di suonerie esistenti.” (Nonostante lo sconvolgente numero di suonerie collezionate da Mastrogiacomo, basterà ricordare che quella che manca e che desideravamo è quella che cerchiamo nell’ultimo cellulare che abbiamo acquistato…n.d.r.) La tentazione che coglie oggi ascoltatori di ogni levatura culturale e di ogni età, quella di andare oltre nel corso dell’ascolto, di saltare secondi, minuti perché c’è qualcosa di troppo prevedibile che sottrae tempo alla nostra attenzione avida di varietà, qui è abilmente impedita: tutto è vario, conseguenziale nella sua assenza di linearità temporale. Jingle, sigle radiotelevisive o cinematografiche, beep, tormentoni di ogni genere, risponditori robotici, demenzialità musicali, vagiti, sospiri, versi animali, rombi, crepitii (…tutto il repertorio di Luigi Russolo) si susseguono nelle 26 tracce all’insegna dell’imprevedibilità. Spesso si è tentati di strappare il CD dal lettore per la loro ossessività: è il caso delle tracce 9, 13, 16, 22, 24, dove una sequenza di suoni o rumori si sussegue con minime differenze dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità rinchiudendoci in una prigione sonora. Terribilmente attuale. O la beffarda traccia 23, citazione cageana. Uno sconsiderato abuso di effetto party fa sì che ognuno di noi sia oggi bersaglio di sonorità che penetrano i nostri recettori uditivi, aggirando la nostra attenzione e la conseguente volontà di escluderli. È solo il primo stadio attraverso cui costruire nella nostra mente, e poi sedimentare nel nostro subconscio modelli che annientino la nostra fantasia, la nostra capacità di pensare. Un’ennesima surrettizia maniera di massificare gli uomini e di esercitare potere su di essi, privandoli inconsapevolmente della libertà. Il richiamo a Steve Reich nell’immaginare Antonio Mastrogiacomo in giro con il suo magnetofono a catturare esperienze sonore e poi in studio a riascoltarle e a rielaborarle è immediato; come a Varése e al suo Poéme electronique, per l’assenza di un itinerario temporale…Ma nel riconoscere il lavoro di Mastrogiacomo come arte, preferisco pensare al teatro di Eschilo, alla pittura di Hieronymus Bosch, alla loro truce rappresentazione dell’uomo, impegnato nei delitti più efferati, reali o intenzionali che siano. Perché la rappresentazione di queste realtà, sedimentate nell’animo di ognuno di noi, possa portare in superficie e con estrema evidenza ciò che siamo (diventati), allo scopo di indicarci un percorso migliore, orientato sempre al recupero della libertà. Bruno Benvenuto
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