Gabriella Putignano ci racconta Cantautorato & Filosofia – Un (In)Canto possibile, un libro edito da Petite Plaisance da lei curato, in cui il cantautorato – da Guccini e Lolli a Fiumani e i Baustelle - diventa un possibile inizio per avvicinarsi alla filosofia.
AB: Parliamo dei brani scelti come punto di partenza per fare filosofia: è stata scelta prima la tematica da trattare e poi una canzone adatta o sono stati i brani a dare il la per riflettere sulle problematiche analizzate nel testo? GP: Posso rispondere relativamente al cantautore da me analizzato: Claudio Lolli. Agli altri relatori ho concesso - com’è nel mio stile - totale libertà e non so se loro abbiano scelto prima i brani e poi il tema o viceversa. Per quanto mi riguarda, ho scelto prima l’artista su cui soffermarmi: non solo per una mera preferenza personale, ma anche e soprattutto perché trovo le canzoni di Lolli del tutto stimolanti per riflettere su certi temi cari alla filosofia: il senso o il non-senso dell’esistere, l’alienazione, il desiderio umano di felicità. In particolare, ho lavorato sull’ultimo album di Lolli, “Il grande freddo” - premiato quest’anno con la Targa Tenco quale miglior disco in assoluto del 2017 - e l’ho fatto ancor prima della pubblicazione sulla base dell’anteprima e di alcune dichiarazione rilasciate da Claudio. Ritengo che “il grande freddo” cantato da Lolli sia estremamente interessante per comprendere - sia pure da un piano artistico - l’odierna anestesia del cuore, da me poi approfondita teoreticamente attraverso autori come Cristopher Lasch, Eva Illouz, Franco Berardi. Posso aggiungere, per ritornare alla tua domanda, che - durante la mia attività di insegnamento - scatta il meccanismo inverso: sono le tematiche da trattare o i filosofi da studiare a darmi il la per un fecondo intreccio con alcuni brani musicali. AB: Spesso si parla del cantautorato di oggi, come fosse di serie B rispetto ai grandi nomi del passato. Quali sono le differenze rilevate maggiormente alla luce della considerazione dei brani del passato e attuali da un punto di vista filosofico? GP: Premetto una questione, probabilmente un mio limite: non sono molto brava nel porre gerarchie, nello specifico fra cantautorato di “serie A” e cantautorato di “serie B”. Senza dubbio oggi abbiamo una evidente diffusione di una certa musica di consumo, che è solo rumore stordente, per dirla con Rachel Bespaloff, diversione funzionale a un processo di umiliazione delle intelligenze. Eppure, io credo che questo non debba farci eludere una parte di musica che è, invece, assai significativa. Penso ad artisti italiani come Niccolò Fabi o Brunori Sas, in grado di cantare in modo splendido l’incalcolabilità dell’esistenza e la malafede, in senso sartriano, che troppo spesso ci riguarda. Una differenza fra questi cantautori e quelli del passato è che i primi non possono più essere “etichettati” rigidamente in una sfera politica - o meglio, partitica. Ho, inoltre, riscontrato - avendo a che fare con loro - che è molto ascoltata dagli adolescenti di oggi la musica rap, una musica per lo più decostruttiva, di denuncia, nella quale i ragazzi trovano espressi i loro bisogni e le loro paure. A differenza del passato, questa musica (ma è un problema chiaramente dei nostri tempi, che trascende l’orizzonte musicale) si arresta alla sola pars destruens e sembra incapace di tracciare un’estetica collettiva, di trapassare dal lamento - anche un po’ autoreferenziale - alla “locomotiva” di un sogno condiviso. AB: I paper che costituiscono il testo sono il risultato di contributi svolti oralmente: quali sono stati i feedback dei destinatari dell’operazione proposta dai contribuenti al testo? E quali quelli dei docenti di generazioni precedenti? GP: I feedback sono stati, senz’altro, positivi. Mi ha reso felice, durante gli incontri, l’entusiasmo di alcuni giovani studenti del corso di laurea in Filosofia di Bari: le loro domande e il loro autentico interesse sono aspetti, per me, indimenticabili e fonte di soddisfazione. Non abbiamo avuto una grande presenza di docenti delle generazioni precedenti, forse perché in città - a differenza dei piccoli centri - è più difficile diffondere iniziative fra le svariate che ce ne sono o farsi notare. Bari, comunque, è una città che può vantare la presenza di diversi docenti della generazione passata aperti alle innovazioni, veri maestri nella didattica della filosofia. Ambra Benvenuto
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a Valeria Cimò di Roberto Zanata WORMHOLES
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